tag:blogger.com,1999:blog-73039652288831926032024-03-23T22:58:24.197+01:00PommeCannelle L'arte rende tangibile la materia di cui sono fatti i sogni (anonimo)Unknownnoreply@blogger.comBlogger21125tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-23393501283618202882024-03-14T15:36:00.006+01:002024-03-15T11:43:04.195+01:00Moroni (1521-1580). Il ritratto del suo tempo<p><span style="font-family: verdana; text-align: justify;">Una qualsiasi mostra allestita alle
Gallerie d’Italia a Milano in piazza della Scala sicuramente incanta lo
spettatore che entra e si trova circondato da un ambiente molto suggestivo. Ci
troviamo all’interno di Palazzo Beltrami, ex sede della Banca Commerciale
Italiana, costruito con eleganza e impiego di materiali di pregio
dall’architetto Beltrami a inizio ‘900. Si rimane affascinati dalla bellezza
del salone di ingresso in cui ci si muove su un pavimento prezioso illuminato
dall’alto da un lucernario con un gioco sapiente di alternanza tra luci e ombre.
Entrate nel tardo pomeriggio verso il tramonto.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">L’effetto magico è ancora
maggiore se la mostra non è una ‘qualsiasi mostra’, ma un’esposizione
imperdibile come quella attualmente in corso che ha per protagonista <b>Giovanni
Battista Moroni</b> (1521 ca, 1580), uno dei più fini ritrattisti del
Cinquecento. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEil8BlzKQJ9NGiHQnsyUEZyCeJ9gWY7HRDPxu69_e7nVCPJiBtEGny3psIdmS0l-SZVJGIStby2K3R0aEQjHhH8H6XfNsPJnOVuaZm-nvNzTUktn5JvW1sAow1wTdZaDOpNbgiazoFBWlO-CM4fP_aw4ahruEfFWlc2K-va9Y8vJoe1n5iq09nJ5SsSc4BU/s799/Moroni%20Ritrattodi%20podesta.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="799" data-original-width="643" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEil8BlzKQJ9NGiHQnsyUEZyCeJ9gWY7HRDPxu69_e7nVCPJiBtEGny3psIdmS0l-SZVJGIStby2K3R0aEQjHhH8H6XfNsPJnOVuaZm-nvNzTUktn5JvW1sAow1wTdZaDOpNbgiazoFBWlO-CM4fP_aw4ahruEfFWlc2K-va9Y8vJoe1n5iq09nJ5SsSc4BU/w516-h640/Moroni%20Ritrattodi%20podesta.jpg" width="516" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Giovanni Battista Moroni - Ritratto di podestà (1558-1562 Bergamo Accademia Carrara)</td></tr></tbody></table><br /><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Giovanni Battista Moroni nacque
ad Albino in provincia di Bergamo poco dopo il 1521 in quello che era il
dominio di terra della Serenissima Repubblica di Venezia, al confine con lo
stato di Milano, all’epoca governata dagli Spagnoli. Questa vicinanza anche
culturale di Bergamo a Milano fa si che Moroni, veneto per nascita, si
inserisca in quella tradizione figurativa tipica del territorio lombardo che
Roberto Longhi definiva ‘pittura della realtà’ - ovvero “<i>la pittura come
registrazione del visibile</i>” nelle parole di Longhi– che inizia con Foppa e
attraverso, tra gli altri, Moretto, Savoldo, Moroni arriva fino a Caravaggio. La
tesi longhiana (Moroni tra i precedenti di Caravaggio) sembra ribadita anche
dai curatori, due veri specialisti del pittore di Albino: Simone Facchinetti e Arturo
Galansino. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">La mostra rende conto di tutta
l’attività di Moroni che non fu solo ritrattista ma anche pittore di pale
d’altare e dipinti a tema religioso. Non una monografica in senso stretto però:
le opere di Moroni sono messe a confronto con quelle di artisti a lui
contemporanei per inquadrare il contesto in cui il pittore operava e consentire
utili raffronti.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Il percorso espositivo si apre
con grandi pale d’altare sistemate in modo scenografico nel salone d’ingresso
in cui l’attenzione viene catturata per la verità non da un’opera di Moroni, ma
del suo maestro, il bresciano <b>Alessandro Bonvicino </b>detto<b> il Moretto</b>
(presso la cui bottega Moroni è documentato nei primi anni 40; in mostra è
presente un taccuino di appunti raccolti da Moroni negli anni di apprendistato):
la grandiosa <i>Madonna con il Bambino in trono tra i santi Eusebia, Andrea,
Domneone e Domno</i>. </span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3HqJH1rko3bnGX7iyEksOfJzQ4pCTeRkju6FqB5MeSVEYnOiiFWfF3p6-q5kKz-fb-LDa3LUqafEU_SRyCi70h9CUpdgzt_lH0vAICSjMlLhgL7cx-ViNukBn3p-GMZGQySNCq9iUG1laKYJZP4cXBCDMd9mmhTzLozY0D86P8SBEq48SgKntvIb4wmJp/s832/MORETTO%20-%20Madonna%20con%20il%20Bambino%20in%20trono%20tra%20i%20santi%20Eusebia,%20Andrea,%20Domneone%20e%20Domno.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="832" data-original-width="643" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3HqJH1rko3bnGX7iyEksOfJzQ4pCTeRkju6FqB5MeSVEYnOiiFWfF3p6-q5kKz-fb-LDa3LUqafEU_SRyCi70h9CUpdgzt_lH0vAICSjMlLhgL7cx-ViNukBn3p-GMZGQySNCq9iUG1laKYJZP4cXBCDMd9mmhTzLozY0D86P8SBEq48SgKntvIb4wmJp/w494-h640/MORETTO%20-%20Madonna%20con%20il%20Bambino%20in%20trono%20tra%20i%20santi%20Eusebia,%20Andrea,%20Domneone%20e%20Domno.jpg" width="494" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Alessandro Bonvicino detto il Moretto - Madonna con il Bambino in trono tra i Santi Eusebia, Andrea, Domneone e Domno (1536-1537, Bergamo Chiesa di Sant'Andrea Apostolo)</td></tr></tbody></table><span style="font-family: verdana;"><br /></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Il dettaglio del vassoio di peltro da cui è scivolato via
un frutto e gli abiti dei protagonisti – quello di velluto rosa e raso color
oro di Santa Eusebia - hanno una presenza coinvolgente; notate anche i due
santi sulla destra: si tengono familiarmente sottobraccio, un dettaglio
amabilissimo. E sempre Longhi vedeva nel vassoio ricolmo di frutta un indubbio precedente
per la nascita del genere della natura morta (che ancora una volta porta al
nome di Caravaggio e alla sua Canestra dell’Ambrosiana).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">E’ impossibile raccontare il
fascino di questa mostra in poche righe, mi limito qui a qualche nota e pochi suggerimenti
per poterla apprezzare come merita. Le opere sono moltissime e coprono più di
30 anni di attività del pittore.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Sulle pareti si alternano decine
di ritratti, solo visi colti in un attimo, mezze figure o grandi e spettacolari
ritratti a figura intera. E se per le opere religiose il Moretto fu il maestro
reale e l’ispiratore per tutta la carriera di Moroni, Lorenzo Lotto fu l’ideale
punto di riferimento per i ritratti. Il <i>Ritratto di Giovane</i> di <b>Lorenzo
Lotto</b> proveniente dalle Gallerie dell’Accademia ha lo sguardo insondabile e
profondo che si ritrova in alcuni dipinti di Moroni, anche se ambientato in una
‘scena’ molto più mossa e variata di quelle che saranno tipiche del pittore di
Albino (delicatissimi i petali di rosa, la leggerezza della camicia bianca
sotto l’abito nero, le pagine del libro arricciate che sembrano crepitare). <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZta1JMhAk1O7phjCuOAVG44cksALqLBCJYeD8l2j7wp0s7whz8kjWkVgWsthweurfkmblAsXesTgU2U5hyn2vZ9X7OJcaFb0aTxwrVUH57FhwsQr0jpZ6dLIu4ACWgRcxC3BnMqs1As1crZw2aB9LAhyphenhyphenm6X_cgc3adwngv79mtx6J51z2RIsmOH5vFuU7/s910/LORENZO%20LOTTO%20-%20Ritratto%20di%20Giovane%20gentiluomo.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="910" height="562" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZta1JMhAk1O7phjCuOAVG44cksALqLBCJYeD8l2j7wp0s7whz8kjWkVgWsthweurfkmblAsXesTgU2U5hyn2vZ9X7OJcaFb0aTxwrVUH57FhwsQr0jpZ6dLIu4ACWgRcxC3BnMqs1As1crZw2aB9LAhyphenhyphenm6X_cgc3adwngv79mtx6J51z2RIsmOH5vFuU7/w640-h562/LORENZO%20LOTTO%20-%20Ritratto%20di%20Giovane%20gentiluomo.jpg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Lorenzo Lotto - Ritratto di giovane Gentiluomo (1530 ca., Venezia, Gallerie dell'Accademia)</td></tr></tbody></table><br /><span style="font-family: verdana;"><br /></span><p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Moroni ritrae i suoi modelli
senza disegno preparatorio, stendendo direttamente i colori sulla tela e a
questo si deve in parte la fresca immediatezza dei suoi ritratti che sono
presenze tangibili. Osservateli tutti da vicino, nessuno è uguale all’altro,
anche se la struttura compositiva delle opere è simile: uno sfondo in colore neutro
per i formati più piccoli, muri sbrecciati e colonne diroccate a ricordare la
caducità della vita per i dipinti più imponenti, ma il tono di fondo è sempre
tenue in modo da far risaltare la figura del personaggio ritratto, come se intorno
al modello circolasse davvero l’aria.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Pochi ritratti sono decisamente
frontali, spesso il busto del modello è disposto in diagonale, la testa rivolta
verso di noi, una luce radente ad illuminare i tratti del viso. E anche su
questa luce ci sarebbe molto da raccontare: non il lume diffuso dei dipinti del
rinascimento ‘toscano-centrico’, ma una luce indirizzata, mirata a dare
tridimensionalità e risalto al modello. Tutti in qualche modo ci guardano,
cercano il nostro sguardo, la nostra attenzione e questo rende anche i ritratti
‘ufficiali’ più accostanti. Confrontate un qualsiasi ritratto di Moroni con il <i>Ritratto
del procuratore Jacopo Soranzo</i> di <b>Tintoretto (Jacopo Robusti)</b> sempre
in mostra, l’uomo ha lo sguardo rivolto verso un lontanissimo altrove, ci oltrepassa
e non intrattiene alcun rapporto con noi, è distante. Un ritratto ufficiale in
cui l’importanza del modello è evidenziata anche dall’essere così inafferrabile.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">I ritratti di Moroni sono
‘ritratti al naturale’, non idealizzati, non aggiungono niente alle fattezze
reali del modello che risultava perfettamente riconoscibile, dipinto così come
era, senza i filtri dell’immaginazione, senza mascherare i difetti o una
fisionomia poco aggraziata. Tutti inconfondibili: seri, pensierosi, energici, vagamente
malinconici a volte elegantissimi, giovani e più anziani, mai distanti. Paradossale
che di queste donne e uomini che ci sfilano davanti e che ci sembra di
riconoscere tanto sono ‘presenti’ conosciamo pochissimo. Solo in pochi casi la
loro storia è giunta fino a noi. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Prendetevi il tempo per visitare
questa mostra, senza fretta. Soffermatevi sui particolari, osservate i
dettagli, i gioielli delle dame.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj1Ia6uVyy2ZQI74Vi8H-lZs-A1ncyo3sfUALJOtkSdenDlZBz0HMQYuZ0-h1sZnh684_LgpsRpCqEfSjnIcW08r_XEMT42bWxLfRB4i15_z5XSexgskg6PUwm1ZfkrxT8Sxr97eiwZVVeMHsqdIvYec2lz_pp-ZKxX7CZFp7M0rNrduddQE0c1clMX8V29/s808/1000009880-COLLAGE.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="808" data-original-width="808" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj1Ia6uVyy2ZQI74Vi8H-lZs-A1ncyo3sfUALJOtkSdenDlZBz0HMQYuZ0-h1sZnh684_LgpsRpCqEfSjnIcW08r_XEMT42bWxLfRB4i15_z5XSexgskg6PUwm1ZfkrxT8Sxr97eiwZVVeMHsqdIvYec2lz_pp-ZKxX7CZFp7M0rNrduddQE0c1clMX8V29/w640-h640/1000009880-COLLAGE.jpg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">le foto dei dettagli sono mie</td></tr></tbody></table><br /><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">La donna del <i>Ritratto di donna con
ventaglio</i> proveniente da Amsterdam indossa una straordinaria collana di
piccole perle intrecciate, un ricco medaglione, il suo abito damascato rosso
corallo ha un disegno sontuoso, riprodotto con estrema abilità.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMse86Rh-i4KnUL7pidd19Vwd3yL3uUxNpGJ9SKuk-zUUKofqHJaZYrGc2HHcObaZx9ksdpqlWU4yrErdW2BmnFOYkhv0ZUHOtk1j1C9Jb1N0i-DnErVFgkKkwGSeni4p5UGTLy2_sEwgjkUkZyAM4_AKZLT2mzUBF1HG9V5bPcN4GJSv_p4n6A-T3UB8i/s542/MORONI%20%20-%20Ritratto%20di%20dama%20con%20ventaglio.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="542" data-original-width="482" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMse86Rh-i4KnUL7pidd19Vwd3yL3uUxNpGJ9SKuk-zUUKofqHJaZYrGc2HHcObaZx9ksdpqlWU4yrErdW2BmnFOYkhv0ZUHOtk1j1C9Jb1N0i-DnErVFgkKkwGSeni4p5UGTLy2_sEwgjkUkZyAM4_AKZLT2mzUBF1HG9V5bPcN4GJSv_p4n6A-T3UB8i/w570-h640/MORONI%20%20-%20Ritratto%20di%20dama%20con%20ventaglio.jpg" width="570" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Giovanni Battista Moroni - Ritratto di Donna con Ventaglio (1576-1579 ca., Amsterdam, Rijksmuseum) ©AmsterdamRijksmuseum</td></tr></tbody></table><br /><span style="font-family: verdana;"><br /></span><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Il ventaglio di
piume bianche e rosa di Isotta Brembati ha la sofficità di un lussuoso piumino
da cipria – Moroni pittore della realtà anche per questa abilità nel riprodurre
il valore tattile dei materiali. Come non lasciarsi affascinare dall’abito rosa
trapuntato d’argento nel <i>Ritratto di Gian Gerolamo Grumelli</i> (noto anche
come <i>Il Cavaliere in rosa</i>) con le scarpette di velluto finemente
lavorate e quei fiocchi rosa e argento che trattengono le calze e sembrano
appena annodati.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDVa0OXYxwpgcB5aJGrtiHM4VWjWbQNCdeaPX6JHRP0ANQnFXD7KuIWRSpcCF32q0IHcr1pw-h3Zwy472P5xpRer_DuPYb7Rv9ergcy8Ce8HkKwmK6XbqqdZRnYwvVybJylT0nO_9GOCkcY9pbW8W97RYbOdpP6wdrX7_lYI_G3KmEIysJqS110oJtjm8M/s2047/MORONI%20-%20Il%20Cavaliere%20in%20rosa-%20Ritratto%20di%20Gian%20Gerolamo%20Grumelli.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2047" data-original-width="1151" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiDVa0OXYxwpgcB5aJGrtiHM4VWjWbQNCdeaPX6JHRP0ANQnFXD7KuIWRSpcCF32q0IHcr1pw-h3Zwy472P5xpRer_DuPYb7Rv9ergcy8Ce8HkKwmK6XbqqdZRnYwvVybJylT0nO_9GOCkcY9pbW8W97RYbOdpP6wdrX7_lYI_G3KmEIysJqS110oJtjm8M/w360-h640/MORONI%20-%20Il%20Cavaliere%20in%20rosa-%20Ritratto%20di%20Gian%20Gerolamo%20Grumelli.jpg" width="360" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Giovanni Battista Moroni - Ritratto di Gian Girolamo Grumelli (1560, Bergamo, Palazzo Moroni, courtesy Lucrezia Moroni)</td></tr></tbody></table><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">E poi una profusione di abiti neri, il nero introdotto da
Carlo V alla corte di Spagna aveva raggiunto una diffusione molto ampia al
tempo di Filippo II, colore sobrio, elegante ma anche segno di ricchezza perché
era complesso e costoso tingere i panni di nero. I neri di Moroni sono lucidi
come la seta, morbidi come il velluto, pesanti quando rappresentano stoffe damascate,
ricchi di riflessi e toni cangianti. Osservateli tutti. E quanti libri sono
presenti in questi ritratti, disinvoltamente aperti tra le mani e allora si
intravedono righe fitte di scrittura, appoggiati sui parapetti o impilati sullo
sfondo, le pagine nascoste da semplici rilegature tenute strette da strisce di
tessuto.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0rPb1veIjwVu0_o3sZ-N15zzW9H5SDxPTK2Qb2pJtnU51D4EvqpYCmKgVJ5LGye3u30Is_msUxPAqqQxZXzgR1Sob02A3fJaDeqy1BVwPWhHJ43EerO8lsbDjtpne9LR_p3CCB0JQnIVtQrh0iA8_dPcDMjO4z8aCP7QCKwX4zXoFODV6LptPxcVTNMjo/s1117/1000009852-COLLAGE-COLLAGE.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="838" data-original-width="1117" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0rPb1veIjwVu0_o3sZ-N15zzW9H5SDxPTK2Qb2pJtnU51D4EvqpYCmKgVJ5LGye3u30Is_msUxPAqqQxZXzgR1Sob02A3fJaDeqy1BVwPWhHJ43EerO8lsbDjtpne9LR_p3CCB0JQnIVtQrh0iA8_dPcDMjO4z8aCP7QCKwX4zXoFODV6LptPxcVTNMjo/w640-h480/1000009852-COLLAGE-COLLAGE.jpg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br /></td></tr></tbody></table><br /><span style="font-family: verdana;"><br /> <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"></p><div><span style="font-family: verdana; text-align: justify;">Una parola sui dipinti a tema
religioso: pale d’altare e devoti che pregano non riescono ad affascinarci
tanto quanto i ritratti, siamo in piena Controriforma, le opere si fanno più
convenzionali, regole precise imbrigliano la fantasia degli artisti e certo non
rappresentano la parte più suggestiva dell’opera di Moroni. Ancora una volta
sono i dettagli a catturare lo sguardo: i colori spesso giocati su tonalità
fredde, l’abilità con cui Moroni giovanissimo nella </span><i style="font-family: verdana; text-align: justify;">Madonna con il Bambino
in gloria e Santi</i><span style="font-family: verdana; text-align: justify;"> proveniente dalla Cattedrale di Trento rappresenta i
guanti di San Gerolamo che sembrano di morbidissima nappa, alcuni ritratti nei dipinti di devozione privata che raffigurano le cosiddette ‘orazioni
mentali’.</span></div><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><span style="text-align: left;">E da ultimo, a chiudere il
percorso, </span><i style="text-align: left;">Il sarto</i><span style="text-align: left;">, forse il dipinto più celebre di Moroni, atterrato
dalla National Gallery di Londra e qui i curatori meritano un grazie speciale
per aver fatto arrivare questa opera incantevole. </span></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtPo_hoy3HSokN2pF9PYCou_B0axr8892cOC-Wdhy6Wlq4QICRpzHXiNTO3hKSHNSZ1tBuAi4v7omQzQKXlqswXaFu0FC91sdcpmW9uTWSddzeUgnWhYQ3fyCXA4RWAoZOon0a4MMVH0Obj-dbdc1cSSjzE-RsZN1t1GeCDcNVGVWVrLJVFQiyJJOsvpwU/s844/MORONI%20-%20Il%20sarto.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="844" data-original-width="643" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtPo_hoy3HSokN2pF9PYCou_B0axr8892cOC-Wdhy6Wlq4QICRpzHXiNTO3hKSHNSZ1tBuAi4v7omQzQKXlqswXaFu0FC91sdcpmW9uTWSddzeUgnWhYQ3fyCXA4RWAoZOon0a4MMVH0Obj-dbdc1cSSjzE-RsZN1t1GeCDcNVGVWVrLJVFQiyJJOsvpwU/w488-h640/MORONI%20-%20Il%20sarto.jpg" width="488" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Giovanni Battista Moroni - Il Sarto (1572-1575 ca., Londra The National Gallery)</td></tr></tbody></table><p></p><span style="font-family: verdana;"><br />Elegantissimo con una giubba
color crema chiusa da una fila di piccoli bottoni e pantaloni a sbuffo
rossi, la barba curata, gli occhi grigi è in piedi di fronte al suo tavolo da
lavoro. Si volge verso di noi che lo abbiamo interrotto mentre tagliava un
panno nero – si vedono i segni del gesso con il quale ha tracciato il modello
sulla stoffa – con uno sguardo non infastidito per essere stato interrotto, attento
e insieme inafferrabile, come se ci ascoltasse o aspettasse da noi una parola. Perché
noi siamo lì di fronte a lui, accanto al pittore che lo sta ritraendo, fissando
sulla tela proprio quell’istante. Non sappiamo nemmeno il suo nome ‘Il sarto’,
tutto qui, eppure guardatelo e vi sembrerà di conoscerlo da sempre.</span><div><span style="font-family: verdana;"><br /></span></div><div><span style="font-family: verdana;"><span face="Verdana, Geneva, sans-serif" style="background-color: white; font-size: 13.2px;">La mostra è a Milano alle Gallerie d'Italia fino all'1 Aprile 2024.</span></span></div><div><span style="font-family: verdana;"><span face="Verdana, Geneva, sans-serif" style="background-color: white; font-size: 13.2px;"><br /></span></span></div><div><span style="font-family: verdana;"><span face="Verdana, Geneva, sans-serif" style="background-color: white; font-size: 13.2px;"><a href="https://gallerieditalia.com/it/milano/mostre-e-iniziative/mostre/2023/12/moroni-1521-1580-il-ritratto-del-suo-tempo/" target="_blank">Il sito ufficiale della mostra</a>.</span></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /><br /></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /></div><br /><br />Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-3965495681108912362023-04-28T16:15:00.002+02:002023-04-28T16:15:46.430+02:00ATTIMI - Gli acquerelli di Manet - lettera a Isabelle Lemonnier<blockquote style="border: none; margin: 0 0 0 40px; padding: 0px;">Inauguro oggi una nuova rubrica, ATTIMI. Fino all’ultimo sono stata in dubbio sul nome, ATTIMI oppure FLASH. Entrambi evocano immediatezza, brevità: ho scelto ATTIMI. FLASH è effimero, immediato ma evanescente, mentre ATTIMI mi sembra conservi un che di duraturo nel ricordo. Non scompare, è breve nella durata, ma non sparisce mai del tutto. Un attimo può restare per sempre e lascia qualcosa sulla quale si può continuare a pensare a lungo.
Dunque, ATTIMI. Parlerò di opere meno note di artisti celeberrimi (ed inizio proprio così oggi, con gli acquerelli con i quali Manet ha decorato alcune delle sue lettere nel 1880), di dettagli che possono sfuggire quando si visita una collezione d’arte, un grande museo, un palazzo affrescato dove gli oggetti che chiedono la nostra attenzione sono così tanti che qualcosa necessariamente si trascura. Di particolari che a mio parere sono imperdibili e che meritano di essere sottolineati. Brevemente, come ATTIMI richiede.
</blockquote><p> </p><blockquote style="border: none; margin: 0 0 0 40px; padding: 0px;">
Tra l’estate e l’autunno del 1880 <b>Eduard Manet</b> (Parigi, 1832 – 1883) era a Bellevue, piccola cittadina termale dove tentava di curare una salute ormai molto minata dalla malattia. Si annoiava, terribilmente, senza il movimento e la compagnia della grande città, senza le attrazioni dei caffè, delle amicizie e della mondanità di Parigi e dei luoghi di villeggiatura più stimolanti – come le località balneari della costa normanna.
Trascorreva i suoi pomeriggi in giardino e scriveva lettere, una dopo l’altra, alle amicizie lontane, raccontando piccole cose e chiedendo novità, domande curiose e richieste di compagnia a distanza.
Il testo delle lettere si dispone attorno a piccoli disegni ad acquerello, deliziosi, freschissimi e colorati: profili di eleganti parigine, tralci di fiori, minuscoli paesaggi, immagini di pesche, susine mature, il gatto Zizi e queste incantevoli lanterne di carta, dai colori delicatissimi.</blockquote><blockquote style="border: none; margin: 0 0 0 40px; padding: 0px;">Gli acquerelli che punteggiano le lettere sono privi di disegno, tutti, dalle immagini più semplici alle più articolate e complesse. Tutti tracciati con pennellate di colore liquido, come queste reficolone, lanterne di carta crespa definite da tratti di lilla, indaco, azzurro e tocchi di beige e luminoso giallo. E’ impossibile non trovarle bellissime. Parlano di una serata estiva in uno dei giardini di Parigi, dove le immagino intrecciate tra gli alberi ad illuminare i tavolini di un caffè all’aperto. E accompagnano deliziosamente il testo della lettera – che riporto sotto – che accenna ad un’occasione di festa.
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0M6-0fPF55mVHDKxMtFP0rid072t3PnYQuXigW5WuOj_6P1YanV2KmMbzpiP_tgTxB_Uc4VvVPjm5QsSH9sb5tkMgUo66W11f6UUChAOsvgRPH_y2AzsywbXpxHRMVAgpKZ8r2ck-BwPPfNd0g6ne0oj8v1G-pxf0iq6BY3lK9_0VXNABbrDpPEqrMQ/s768/AGO023364-000_PE.jpg" style="display: block; margin-left: auto; margin-right: auto; padding: 1em 0px; text-align: center;"><img alt="" border="0" data-original-height="768" data-original-width="512" height="600" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0M6-0fPF55mVHDKxMtFP0rid072t3PnYQuXigW5WuOj_6P1YanV2KmMbzpiP_tgTxB_Uc4VvVPjm5QsSH9sb5tkMgUo66W11f6UUChAOsvgRPH_y2AzsywbXpxHRMVAgpKZ8r2ck-BwPPfNd0g6ne0oj8v1G-pxf0iq6BY3lK9_0VXNABbrDpPEqrMQ/s600/AGO023364-000_PE.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Eduard Manet, Bellevue, à Isabelle Lemonnier, 1880, Parigi - Fonds des dessins et miniatures, collection du musée d'Orsay<br /><br /></td></tr></tbody></table>
Gli acquerelli sono una dimostrazione di abilità, di capacità di improvvisazione con i quali Manet omaggia i suoi corrispondenti (soprattutto donne); schizzi e scarabocchi giocosi che cercano di catturare l’attenzione di chi legge, più e oltre le poche parole che li accompagnano. Sembrano inframezzati al testo quasi per caso, un piccolo vezzo, un omaggio divertito e improvvisato a chi legge. </blockquote><blockquote style="border: none; margin: 0 0 0 40px; padding: 0px;">Ma non è tutto come sembra. Uno studio molto interessante di Emily A. Beeny pubblicato sul Burlington Magazine nel 2019 (<b>NOTA1</b>), ci dice qualcosa di diverso: che questi acquerelli sono frutto di una straordinaria abilità disegnativa, certo, ma forse l’improvvisazione spesso non c’è. La freschezza e l’immediatezza di questi disegni è il risultato di un piccolo trucco ben studiato: la carta molto sottile e trasparente che Manet usava per la sua corrispondenza si prestava molto bene ad operazioni di ricalco. Dal confronto tra gli album di disegni e di schizzi con alcuni dei soggetti degli acquerelli si nota che in alcuni casi disegno ed acquerello sono perfettamente sovrapponibili. Manet traccia sulla carta ricalcandolo il profilo del disegno e lo riempie di colore steso con rapide pennellate, così da lasciare in chi guarda l’impressione di un pensiero fissato velocemente con tocchi di colore improvvisati e disinvolti. </blockquote><blockquote style="border: none; margin: 0 0 0 40px; padding: 0px;">“<i>Capire il ruolo del ‘ricalco’ nelle lettere illustrate ci permette di raccontare una storia più umana su questo periodo della vita del pittore e di apprezzare ancora di più la commovente eleganza dei suoi ultimi disegni. I suoi contemporanei confermano che Manet considerava l’esecuzione agile e spontanea come una componente fondamentale della sua identità di artista e così, anche se la sua salute malferma […] rendeva per lui sempre più difficile essere pittore, spargere qua e là nelle sue lettere agli amici disegni ad acquerello gli consentiva di mantenere viva l’immagine di un artista con una straordinaria capacità di improvvisazione [..]</i>” <b style="text-align: justify;">(Nota1)</b><span style="text-align: justify;">. </span></blockquote><p> </p><div style="text-align: justify;"> Tra le lettere illustrate da Manet, oggi in gran parte in deposito presso il Museo del Louvre (<a href="https://collections.louvre.fr/en/" target="_blank">si possono consultare qui</a>) ho scelto questa con il disegno delle lanterne di carta, indirizzata a Isabelle Lemonnier. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il testo che accompagna questo piccolo capolavoro è questo (la traduzione è mia):</div><div style="text-align: justify;">“<i>Bellevue.
Aspetto, cara Signorina, un vostro racconto della festa. Vi hanno vista a passeggio la sera, con chi? Nei giornali si è detto dei vostri fuochi d’artificio e dell’illuminazione del vostro giardino. Aggiornatemi un po’ su questo segreto e su cosa avete fatto. Non capisco affatto il vostro silenzio. Cordialità EM</i>”. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>NOTA1</b>. La citazione è tratta da <b>Emily A. Beeny</b>: ‘Evidence of tracing in Manet’s
late watercolours’, THE BURLINGTON MAGAZINE 161 (December 2019). La traduzione è mia.
</div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-25820576086265809512023-01-22T17:58:00.006+01:002023-01-23T17:31:03.209+01:00Peter Paul Rubens - Adorazione dei pastori - Pinacoteca civica, Fermo<p><span style="text-align: justify;">Se qualcuno descrivendo una
grande pittura su tavola vi raccontasse che rappresenta l’Adorazione dei
pastori, che la Madonna ha il volto di una dea di marmo, uno dei pastori una
sontuosa tunica rosso ciliegia e il volto e la posa di una statua classica, che
su Gesù bambino si dirige in picchiata una schiera di angeli ‘alla Tintoretto’,
che uno di questi hai i riccioli di Correggio e che tutto il dipinto è
attraversato da contrasti luce ombra profondissimi come quelli di
Caravaggio…beh pensereste forse ad un erudito ‘pastiche’ privo di anima e di
bellezza.</span></p><p><span style="text-align: justify;"><br /></span></p><p><br /></p><div style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbpCUM_CgsK1EWEpjTB-Xe7YbqkYzh-yvpMPicoRFxdGjla0y2eP-wUDOu2DFqjmwHfnyyiPdfAGOTqxo7J8ay4qnJLy8irgv2tm-vs2NTCuoTQFVLK9S9LJ_zMtGX0V9JSgAzvFs9R2omzGCbNPyeioMIdd5AJJxqQY9ObSCW3XszYiTmcZPr3uElHQ/s917/Rubens%20adorazione.jpg" imageanchor="1"><img border="0" data-original-height="917" data-original-width="558" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbpCUM_CgsK1EWEpjTB-Xe7YbqkYzh-yvpMPicoRFxdGjla0y2eP-wUDOu2DFqjmwHfnyyiPdfAGOTqxo7J8ay4qnJLy8irgv2tm-vs2NTCuoTQFVLK9S9LJ_zMtGX0V9JSgAzvFs9R2omzGCbNPyeioMIdd5AJJxqQY9ObSCW3XszYiTmcZPr3uElHQ/w390-h640/Rubens%20adorazione.jpg" width="390" /></a></div><p></p><div style="text-align: justify;"><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 10.56px; text-align: center;"> <span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span><span> </span> Peter Paul Rubens, Adorazione dei pastori, 1608, Fermo - Pinacoteca Civica</span></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><div style="text-align: justify;"><br style="background-color: white; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 13.2px;" /></div></td></tr></tbody></table><p><span style="text-align: justify;">E invece. Invece se l’autore è un
giovane</span><b style="text-align: justify;"> Peter Paul Rubens</b><span style="text-align: justify;"> (Siegen 1577 – Anversa 1640), si rimane stregati
dalla magia di questo dipinto. E’ a Fermo, nella pinacoteca locale, in una
specie di mezzanino che dà accesso alle collezioni del piano superiore – almeno
era così quando l’ho visto io qualche anno fa. Appeso da solo su una parete
bianca avvolge totalmente chi guarda, incantato prima di tutto dal bagliore
dorato che si sprigiona dal piccolo Gesù, qui veramente Luce del mondo. E’ lui
che attira irrimediabilmente il nostro sguardo, un bimbo paffuto, addormentato,
appena accennato con pennellate rapide e pochi dettagli, al contrario delle
figure che lo circondano dotate di fisionomie molto più definite. Eppure è
quella luce dorata che è il centro del quadro e dalla quale è difficile
allontanarsi.</span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Rubens dipinse l’Adorazione dei
Pastori a Roma nel 1608 quando volgeva ormai al termine il suo soggiorno
italiano, durato otto anni – era arrivato nel 1600 - durante i quali aveva
viaggiato, visto e imparato moltissimo: aveva visto statue di marmo recuperate
in quei tempi dagli scavi che si andavano intensificando a Roma, la pittura di Tintoretto,
Tiziano e Caravaggio (che muore nel 1610 e le cui invenzioni ardite erano
una strabiliante novità nel panorama artistico romano). Era stato a Venezia, Firenze,
Mantova e a Genova e aveva certo visto la ‘Notte’ di Correggio, che tutti
riconoscono come illustre precedente di questa Adorazione. Il dipinto di Correggio
ha un’impostazione simile, lucenti bagliori luminosi, ma tutt’altra dolcezza e
uniformità di toni. Non ci sono contrasti in Correggio, ma solo una soffice
armonia di tinte e di tonalità, l’atmosfera è leggiadra e serena totalmente
priva dei toni concitati e contrastati di Rubens.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsVR9Mo54NJi6zgqLuxcyVdme_mSQOeR2TbIrn_kQNUzE6PeKKYZhAn02MsAfP_xcaYuVsz-sASFG9_R0pD6XFj6O1_GQu0OidKohraVWWDfBJuKJoS1DCHF-_c-TNx1r5JkLPZi1HuPqaDougm6RJUZ530p3GY_H7PL59fZ0O0ASv0-R9sU2r4P4rbg/s800/Correggio%20Adorazione-dei-pastori-detta-La-Notte.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="578" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsVR9Mo54NJi6zgqLuxcyVdme_mSQOeR2TbIrn_kQNUzE6PeKKYZhAn02MsAfP_xcaYuVsz-sASFG9_R0pD6XFj6O1_GQu0OidKohraVWWDfBJuKJoS1DCHF-_c-TNx1r5JkLPZi1HuPqaDougm6RJUZ530p3GY_H7PL59fZ0O0ASv0-R9sU2r4P4rbg/w462-h640/Correggio%20Adorazione-dei-pastori-detta-La-Notte.jpg" width="462" /></a></td></tr></tbody></table></p><div style="text-align: justify;"><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 10.56px; text-align: center;"> Antonio Allegri il Correggio, Adorazione dei pastori (La notte), 1525-1530 ca, Dresda, Gemaldegalerie </span></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><div style="text-align: justify;"><br /></div></td></tr></tbody></table></td></tr></tbody></table><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Tutto ciò che Rubens aveva
studiato e fissato nella mente è rielaborato in maniera così personale da
risultare totalmente nuovo: si avverte un’eco di classicità, un amore profondo
per la cultura del Rinascimento italiano, ma nessuna imitazione né citazione
esplicita. Rubens è Rubens. Del resto Bellori – citato da Anna Lo Bianco –
nella biografia di Rubens scrive che “<i>Benchè egli stimasse sommamente
Raffaele e l’antico, li alterava tanto con la sua maniera che non lasciava in
esse forma o vestigio per riconoscerle</i>”.</p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Al centro del dipinto, il piccolo
Gesù giace come vuole la tradizione sulla mangiatoia, su un povero lettino di
paglia che i bagliori di luce sontuosamente dipinti fanno apparire giallo oro. Dorme
beato, ha le guance piene e rosate, le manine chiuse a pugno appena definite e
le gambine cicciotte. E’ avvolto in un pannicello che ha la morbida fragranza
del lino e la trasparenza di un velo. Maria lo solleva con un gesto
aggraziatissimo delle mani che si incrociano con gentilezza. Indossa un manto
che è una magia di colori che si fondono uno nell’altro, porpora, rosso vivo,
tracce di azzurro e blu profondo. Il suo viso più degli altri è investito dalla
luce del piccolo Gesù e ci appare chiarissimo, le gote lievemente rosate, un
profilo pieno e nitido, nel quale si è pensato di riconoscere (Anna Lo Bianco)
una Niobe ritrovata a Roma nel 1583. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqNNaXjIyz9ZMKNBHbFJnCxLnw9RMK-u6Y4WbbMGSp3FwjtzKY5S3MNV1Q1pwPfGxk7tldD9nlFRjyLb9aKfw83Z20NUZQ7bGGiB6nmet7mQbKnb0gevDljoDfOrw5BkRG-E8S6W90mR_b8UBRNxNmr32LK_VArVN8-3FHJQkJ5y8WhAWBKuyCdSbMWg/s761/Rubens%20adorazione%201.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="761" data-original-width="672" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqNNaXjIyz9ZMKNBHbFJnCxLnw9RMK-u6Y4WbbMGSp3FwjtzKY5S3MNV1Q1pwPfGxk7tldD9nlFRjyLb9aKfw83Z20NUZQ7bGGiB6nmet7mQbKnb0gevDljoDfOrw5BkRG-E8S6W90mR_b8UBRNxNmr32LK_VArVN8-3FHJQkJ5y8WhAWBKuyCdSbMWg/w566-h640/Rubens%20adorazione%201.jpg" width="566" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;"> Peter Paul Rubens, Adorazione dei pastori, -particolare Bibmo Gesù 1608, Fermo - Pinacoteca Civica</span></td></tr></tbody></table><br /><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Anche il pastore in primo piano sembra
provenire dall’antica Roma: la sua veste sontuosamente rossa è quasi una toga,
ha una struttura fisica potente e un bellissimo viso incorniciato dalla barba -
come un imperatore romano. Dietro di lui un’anziana donna con un volto quasi
caravaggesco segnato da rughe profonde e il capo coperto da una cuffia bianca
che invece ci riporta nell’area fiamminga da cui Rubens proveniva. Ognuna delle
figure intorno a Gesù ha un diverso atteggiamento, reagisce in modo differente
alla visione nel bambino e contribuisce a dare dinamismo e varietà alla
composizione (ci sarebbe da chiedersi se Rubens nel dipingere i suoi pastori
così diversamente reattivi non abbia meditato a lungo sull’Ultima Cena di
Leonardo nella quale appunto ciascuno dei dodici apostoli reagisce e sobbalza
in modo personalissimo all’annuncio di Gesù ‘qualcuno di voi mi tradirà’). In
alto volteggia un giro di Angeli che sembrano quasi planare sul piccolo Gesù,
avvolti da panni che svolazzano e si arricciano in mille pieghe, in un gioco
continuo di luce e ombre profonde. Arrivano da una notte molto buia ed è la
luce del Bambino che a tratti li illumina e mette in risalto l’oro dei
riccioli. All’esterno della capanna il buio è totale, una notte scurissima e
nera, un po’ inquietante. Anche il profilo di San Giuseppe si perde
nell’oscurità e la sua figura quasi una grisaille si scorge appena alle spalle
della Madonna. Eppure ne avvertiamo lo sguardo assorto e concentrato sul volo
di angeli su in alto: un altro brano eccelso di pittura, che non passa
inosservato nonostante l’assenza di colore. La sua figura e quella del pastore
in piedi dal lato opposto che si porta una mano al viso per proteggersi dalla
luce non sono intere, sono ‘tagliate’ dalla cornice del quadro, a suggerire che
abitano in parte lo spazio dove siamo noi, gli spettatori al di là del quadro.
Un espediente che diventerà tipico del barocco: coinvolgere chi guarda fino a
sentirsi parte della scena che si prolunga nello spazio che noi abitiamo.<o:p></o:p></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjFbwNQx7GQOSaoM4pO8u_X2SIN4wEYlIfnlllEtpu1qZbPkbI1nwlx1IxO8u5-vnFAw26i3sV1WL6TuTvYSx2-DkjWDkOAVwbQLdpKx0xVYR3pqoHX9esbdaxdepjE7ybpG5-fwu9kOuq0NkWTONt3DuW4i4-fkobr8NjI56s2N1f_NESIzjl4FbLgmw/s722/Rubens%20adorazione%202.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="538" data-original-width="722" height="476" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjFbwNQx7GQOSaoM4pO8u_X2SIN4wEYlIfnlllEtpu1qZbPkbI1nwlx1IxO8u5-vnFAw26i3sV1WL6TuTvYSx2-DkjWDkOAVwbQLdpKx0xVYR3pqoHX9esbdaxdepjE7ybpG5-fwu9kOuq0NkWTONt3DuW4i4-fkobr8NjI56s2N1f_NESIzjl4FbLgmw/w640-h476/Rubens%20adorazione%202.jpg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;"> Peter Paul Rubens, Adorazione dei pastori - dettaglio del pastore - 1608, Fermo - Pinacoteca Civica</span></td></tr></tbody></table><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Siamo nel 1608, Rubens è
all’inizio della sua carriera. Non è ancora il pittore delle favole mitologiche,
teatrali vortici di dee piene e carnose, di divinità muscolari dipinte con
colori prima sontuosi e pieni, poi sempre più liquidi, dei ritratti regali o
dei drammatici dipinti a tema religioso, capisaldi della storia della pittura
ma decisamente eccessivi. Qui Rubens è più misurato, in qualche modo più
classico, ma la maniera di concepire lo spazio, l’attenzione per i bagliori
improvvisi di luce e la qualità altissima del colore che lo fanno ritenere il
padre della pittura Barocca ci sono già tutti.</p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Il dipinto fu commissionato dai
padri Oratoriani per la chiesa di San Filippo Neri a Fermo dove fu collocato
nel giugno del 1608 e rimase quasi dimenticato fino al 1927, quando Roberto
Longhi passando da Fermo lo scoprì con grande emozione. Possiamo immaginarlo.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><o:p><a href="https://www.marsilioeditori.it/libri/scheda-libro/3172395/rubens-adorazione-dei-pastori" target="_blank"><br /></a></o:p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><a href="https://www.marsilioeditori.it/libri/scheda-libro/3172395/rubens-adorazione-dei-pastori" target="_blank"><o:p></o:p></a></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><o:p><a href="https://www.marsilioeditori.it/libri/scheda-libro/3172395/rubens-adorazione-dei-pastori" target="_blank">Anna Lo Bianco (a cura di),
Rubens, Adorazione dei pastori, catalogo della mostra, tenutasi a Milano a Palazzo Marino nel 2015, edito da Marsilio</a> </o:p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><o:p><br /></o:p></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-92084654150636015842022-08-02T18:04:00.001+02:002022-08-02T18:04:33.355+02:00Silvestro Lega - Un dopo pranzo (il Pergolato) - Pinacoteca di Brera, Milano<div style="text-align: justify;">Questa straordinaria tela di <b>Silvestro Lega </b>(Modigliana 1826 - Firenze 1895)<b> </b>è nota con due diversi titoli ‘Un
dopo pranzo’ oppure ‘Il pergolato’. Guardatela bene sono davvero perfetti
entrambi. Nelle giornate troppo calde di questa strana estate è un’immagine alla
quale penso spessissimo: la terrazza di una casa affacciata sulla magnifica
campagna toscana, all’ombra di un fresco pergolato che ripara dalla luce
meridiana. Siamo a Piagentina, alla periferia di Firenze, verso la campagna (una
campagna che oggi non esiste più, inghiottita dalla espansione della città),
nella casa della famiglia Batelli dove Lega visse i pochi anni davvero sereni
della sua complicata vita, legato a Virginia, la figlia di Spirito Batelli che
morirà giovanissima di tisi. In un caldo pomeriggio d’estate tre donne e una
bambina siedono all’ombra di un pergolato, in attesa del caffè del dopo pranzo
che sta per essere servito nelle tazzine già pronte sul vassoio appoggiato sul
tavolino di pietra.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg8ElVg48bIxzALxFcsQ9En1XUX0uBkzukqwK4UtD3gNzjW2BSYMVc_ZTaDmLuIOTUGd1LMkOmAPJrfMrH6t3lozB8ZMUwtB5j7EhXDGI7IhHXJmTbgUceUMP_-Yn65iS5x6UAxYATkdAioek7Vb3nlQ_qR2Gw46SqXy4If1K3nTs5h0eB6ILPUC9YKfg/s1024/Lega-pergolato.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="810" data-original-width="1024" height="506" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg8ElVg48bIxzALxFcsQ9En1XUX0uBkzukqwK4UtD3gNzjW2BSYMVc_ZTaDmLuIOTUGd1LMkOmAPJrfMrH6t3lozB8ZMUwtB5j7EhXDGI7IhHXJmTbgUceUMP_-Yn65iS5x6UAxYATkdAioek7Vb3nlQ_qR2Gw46SqXy4If1K3nTs5h0eB6ILPUC9YKfg/w640-h506/Lega-pergolato.jpg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;">Silvestro Lega, Un dopo pranzo (Il Pergolato) , 1868, Milano - Pinacoteca di Brera </span></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La campagna circostante, nella quale sembra di sentire il
canto delle cicale è abbagliata dal sole, la luce intensa rende quasi bianco il
cielo e avvolge gli alberi in lontananza in una nebulosa calura estiva, la
cameriera arriva lenta con la caffettiera che vorremmo immaginare d’argento. Le
ombre si allungano sul pavimento lastricato del cortile color ocra del quale
Lega dipinge mirabilmente la struttura vagamente sconnessa, l’irregolarità delle
singole mattonelle consumate dal tempo.</div><div style="text-align: justify;">E’ una di quelle opere in cui ci si può
perdere, inseguendo il filo di un racconto immaginario, tanta è la potenza
evocativa di questo quadro. Si sente il canto delle cicale, appunto, si avverte
il conforto offerto dall’ombra creata dai rami di vite del pergolato, il fresco
del muretto sul quale siedono le signore, si tenta di immaginare le chiacchiere
del dopopranzo che si sono prolungate al punto che le ombre sono già lunghe,
l’attesa rilassata di un pigro pomeriggio estivo. E’ una scena di vita
quotidiana, alla quale Lega regala un’atmosfera lirica e quasi senza tempo, se
non fosse per gli abiti indossati dalle donne che la ancorano ad un preciso
momento storico. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRvKSl4sEYvhLtjzExefvAisHhC-l88HY8NBWVNMNJKo4iOm0yvXPWIcqrKnFh0vRxRvXa1G5jGiuAFnwYGEVjU1HEYXIwbXsoG9XflpIZNc6dfTOTSSC4k4rjAWJX1jPYTlU8UTZGF0yZjR5JosGatJ1YUev35diF7iE4OX4fM8Dk4ZAgPdLEv915OA/s595/Lega-pergolato%20particolare%20ragazze.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="595" data-original-width="552" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRvKSl4sEYvhLtjzExefvAisHhC-l88HY8NBWVNMNJKo4iOm0yvXPWIcqrKnFh0vRxRvXa1G5jGiuAFnwYGEVjU1HEYXIwbXsoG9XflpIZNc6dfTOTSSC4k4rjAWJX1jPYTlU8UTZGF0yZjR5JosGatJ1YUev35diF7iE4OX4fM8Dk4ZAgPdLEv915OA/w594-h640/Lega-pergolato%20particolare%20ragazze.jpg" width="594" /></a></div><div style="text-align: justify;"><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 10.56px; text-align: center;">Silvestro Lega, Un dopo pranzo (Il Pergolato) - dettaglio abiti, 1868, Milano - Pinacoteca di Brera</span></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La tela è dominata dai colori caldi, tonalità ocra, beige,
giallo chiaro che si illuminano di bagliori bianchi, il grembiale della
cameriera, i boccioli dei fiori nei vasi di coccio e poi il rosa leggerissimo e
quasi trasparente dell’abito della bambina. Il racconto di un attimo di vita,
reso con una pittura lieve, con tocchi di pennello che evocano – non
rappresentano, evocano - le foglie, i piccoli fiori nei vasi, le tazzine, le
pieghe e la consistenza frusciante degli abiti, i ciuffi di erba che crescono
ribelli tra le mattonelline del pavimento. E’ la pittura di macchia nel suo
momento di massimo splendore, chiazze di colore giustapposte e forti contrasti
luce e ombra. Una leggerezza che non ha niente dell’impermanenza e della
mobilità della pittura degli impressionisti. Il dipinto di Lega vibra di luce,
ma non è definito dalla luce. Ha una struttura prospettica e geometrica
solidissima, anche se ben dissimulata: il reticolo di tronchi sottili che
struttura il pergolato, le rigide orizzontali del muretto accanto al quale sfila
lenta la cameriera e del piccolo tavolo in pietra sullo sfondo, la tessitura di
ombre che si allungano sulla terrazza e ne scandiscono la profondità. Come molti
storici dell’arte hanno evidenziato (Carlo Sisi tra tutti) si avverte un
riferimento forte alla pittura del Quattrocento toscano: il rigoroso impianto
prospettico, appunto, la cameriera che incede lenta con il suo piccolo vassoio e
l’abito rosa antico, un tronco di cono scanalato da pieghe profonde, è quasi una
dama Pierfrancescana avvolta in un silenzio solenne. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9lWfsjhy9sjN7RSXD1UXQVhhqZoB_p9k5EQ97tpe7iXSfqvzaeZEmBpsEvlA82QGCMFYKdjMDNRdGKgI0rsi63IHgs6PweTK9dgtC0sGXWGhkTJZ8VROpRwgOWcaLCzsC_v3qhJ4s7xdo8_BQAm1AgbNFH6o-_j1oNakzZcuTBvoL0eY7cIZT1pmZYA/s805/Lega-pergolato%20particolare%20cameriera.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="805" data-original-width="483" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9lWfsjhy9sjN7RSXD1UXQVhhqZoB_p9k5EQ97tpe7iXSfqvzaeZEmBpsEvlA82QGCMFYKdjMDNRdGKgI0rsi63IHgs6PweTK9dgtC0sGXWGhkTJZ8VROpRwgOWcaLCzsC_v3qhJ4s7xdo8_BQAm1AgbNFH6o-_j1oNakzZcuTBvoL0eY7cIZT1pmZYA/w384-h640/Lega-pergolato%20particolare%20cameriera.jpg" width="384" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;">Silvestro Lega, Un dopo pranzo (Il Pergolato) - dettaglio cameriera, 1868, Milano - Pinacoteca di Brera</span></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E poi ci sono i
particolari: i vasi di coccio colorati di boccioli bianchi e rossi posti sopra
il muretto sono un tema ricorrente della decorazione di giardini e muri di cinta
nella pittura toscana, li troviamo alla Cappella Brancacci dipinta da Masaccio e
poi da Filippino Lippi, nei dipinti di Beato Angelico e in Benozzo Gozzoli solo
per fare qualche nome. E c’è chi ha osservato che anche l’attenzione per gli
oggetti della vita quotidiana, le tazzine, la caffettiera ricorda la precisione
descrittiva degli interni – molto domestici - nei quali hanno preso vita
innumerevoli Annunciazioni, nascite di Maria e mille episodi delle vite dei
Santi della pittura del Quattrocento. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E poi. E poi Piagentina era un rifugio
dalle delusioni, era un modo di sfuggire ai tanti sogni ormai infranti. Lega
aveva partecipato come volontario alle guerre di indipendenza nel 1848 e nel '59 ed era
stato un fervente mazziniano. L’unità d’Italia sotto i Savoia e il trasferimento
della capitale a Firenze erano cocenti delusioni. Nel 1867 sotto la direzione di
Giovanni Poggi - che aveva il compito di trasformare Firenze in una moderna
capitale - erano state abbattute le mura medioevali che ancora si trovavano in
città. Nella terrazza di Piagentina si aspetta con calma il caffè, ma fuori c’è
un mondo che sta correndo verso nuove direzioni. Firenze stava rapidamente
perdendo la sua identità di gioiello medioevale e rinascimentale per
trasformarsi in una sorta di piccola Parigi nella quale grandi viali e piazze
spaziose scimmiottavano l’aspetto che Haussmann stava dando alla capitale
francese. Il recupero della pittura del Quattrocento è quindi anche una
questione ideologica, non solo formale, è il modo per rivendicare l’appartenenza
ad una matrice culturale diversa. E Piagentina diventa un’oasi di pace, di
silenzio e di ritmi lenti ancora lontana dalla euforia inutile della città che
diventava metropoli. E trovo attualissima questa esigenza di Lega: affrontare la
difficoltà del vivere cercando un centro tranquillo al quale ancorare la propria
vita. Troverei perfetto poter stare adesso al fresco del pergolato, in un
pomeriggio d’estate.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><a href="https://pinacotecabrera.org/collezione-online/opere/un-dopo-pranzo-pergolato/" target="_blank">Un dopo pranzo alla Pinacoteca di Brera</a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-5295971355224022172022-04-22T17:48:00.007+02:002022-04-22T17:56:26.192+02:00Flora di Stabiae - Museo Archeologico Nazionale, Napoli<p><span style="text-align: justify;">E’ arrivata la Primavera, ci
vorrebbe un po’ di leggerezza ma non è affatto il momento giusto.</span></p><p><span style="text-align: justify;">Tanti sono
gli artisti che hanno celebrato l’arrivo di questa stagione con immagini
sontuose di prati fioriti, ragazze a passeggio con delicati ombrellini
parasole, feste pagane di dei circondati da ghirlande di fiori e amorini
dispettosi. Una per tutte: la straordinaria Flora di Sandro Botticelli,
biondissima, con un sorriso dolce ed un elegante abito di tulle cosparso di
fiori che hanno i colori dei confetti. Entra nel mondo con passo lieve e lo
inonda di fiori e petali leggeri. </span></p><p><span style="text-align: justify;">Questa primavera 2022 però non invita a
pensieri lievi, ho preferito l’immagine di questa ragazza di quasi 2000 anni
fa. </span></p><p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgILQsQB1Xd7xRlHqjktBwUfXuE29buO3J40-Nen0DJUvTr5fUWwe9LpGqM26pgfuzZIRqn2VeWYZgF2T7ujUtaA9Yo_8r0qSNj56AuaMNYWl_wc4_ZWE0PRwMbOsiqkLweXYZu_18pQP_kgSU8dDDzSSQGnIKokNFV8rHKnYyLTv1YOZy9jXYLz2LNQg/s1200/Flora%20da%20Stabiae%20villa%20di%20Arianna%20inv.8834.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="875" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgILQsQB1Xd7xRlHqjktBwUfXuE29buO3J40-Nen0DJUvTr5fUWwe9LpGqM26pgfuzZIRqn2VeWYZgF2T7ujUtaA9Yo_8r0qSNj56AuaMNYWl_wc4_ZWE0PRwMbOsiqkLweXYZu_18pQP_kgSU8dDDzSSQGnIKokNFV8rHKnYyLTv1YOZy9jXYLz2LNQg/w466-h640/Flora%20da%20Stabiae%20villa%20di%20Arianna%20inv.8834.jpg" title="Flora da Stabiae, prima metà I secolo d.C. - Napoli - Museo Archeologico Nazionale inv. 8834" width="466" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Flora da Stabiae, prima metà I secolo d.C. - Napoli - Museo Archeologico Nazionale inv. 8834</td></tr></tbody></table><br /><span style="text-align: justify;"><br /></span></p><p><span style="text-align: justify;">Sebbene ci appaia modernissima con i capelli annodati in uno chignon improvvisato,
come se li avesse appuntati di fretta, si tratta di un affresco che
proviene da una villa romana di Stabia, la città che con Pompei e Ercolano fu
distrutta dalla eruzione del Vesuvio del 79 d.C.. Sullo sfondo di un luminoso
color verde la vediamo di spalle, con il viso appena rivolto di profilo,
intenta a cogliere i fiori con un gesto elegante, da ragazza copertina. Fiori
che poi sistema in una sorta di cesto di vimini intrecciato (che i greci
chiamavano </span><i style="text-align: justify;">kalathos</i><span style="text-align: justify;">) che tiene appoggiato con disinvoltura sul braccio.
Non c’è alcun riferimento spaziale, eppure lei non fluttua nel vuoto, vediamo
che poggia solida con un piede su un’immaginaria linea di posa, mentre con l’altro,
piegato, accenna un passo e procede con leggerezza all’interno di un giardino
che pensiamo infinitamente grande. Indossa un chitone giallo e una spallina le
scivola mollemente sul braccio, sopra il chitone una tunica leggera, quasi un
velo nei toni dell’azzurro e del bianco che si scompiglia leggero seguendo il
ritmo del suo passo. Ha un bracciale importante, un’armilla e un piccolo
diadema dorato forse guarnito di fiori intrecciato tra i capelli. </span></p><p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgB_xIgQcKXkXoPnHYtUroTItnYoRFGcj5g5k8p_JM9M1bL05WbktWDQpyDuM6jYICCgPTJ5KgcibUQg8TAG1Q39GGcWWCLSUuC9XNMS3ogzu48hE8WurfEJUI_Eaz0A-88xe8NFPDwx8_xK8As3VYSEIeYnE0C7eTYs3enz4idqXhpAx16c1mqHkEf9Q/s990/primavera%20particolare_villa_arianna.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="542" data-original-width="990" height="350" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgB_xIgQcKXkXoPnHYtUroTItnYoRFGcj5g5k8p_JM9M1bL05WbktWDQpyDuM6jYICCgPTJ5KgcibUQg8TAG1Q39GGcWWCLSUuC9XNMS3ogzu48hE8WurfEJUI_Eaz0A-88xe8NFPDwx8_xK8As3VYSEIeYnE0C7eTYs3enz4idqXhpAx16c1mqHkEf9Q/w640-h350/primavera%20particolare_villa_arianna.jpg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Flora da Stabiae, prima metà I secolo d.C. - Napoli - Museo Archeologico Nazionale inv. 8834 - particolare<span> </span></td></tr></tbody></table><br /><span style="text-align: justify;"><br /></span></p><p><span style="text-align: justify;">Straordinaria
la tecnica di questo artista sconosciuto che ha realizzato con pochi colori
un’immagine così elegante, quasi diafana, indimenticabile: il giallo oro del
chitone, la trasparenza del velo, i delicati petali dei fiori – appena
accennati con tocchi di pennello, eppure sembra di avvertirne la freschezza e
il profumo – i riccioli scomposti dello chignon sono solo alcuni dei molti
dettagli incantevoli di questa immagine.</span></p><p><span style="text-align: justify;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">L’affresco, che oggi si trova al
Museo Archeologico Nazionale di Napoli, fu rinvenuto nel 1759 in un cubicolo,
un piccolo ambiente, della cosiddetta Villa di Arianna a Stabia. E’ datato
intorno alla prima metà del I secolo d.C. nel periodo del ‘terzo stile
pompeiano’, nel quale gli effetti prospettici e le architetture dipinte che avevano
caratterizzato lo stile precedente lasciano spazio ad ampie campiture di colore
luminoso, prive di effetti illusionistici nelle quali trovano spazio paesaggi,
storie del mito o figure eleganti come questa. E’ nota con il nome di ‘Primavera’
o ‘Flora’, ma di fatto non sappiamo di preciso chi rappresenti, non ha
attributi iconografici chiari, niente che ne consenta un’identificazione esatta:
immagine idealizzata della Primavera, Flora oppure una Kore o ancora una delle Ore che attraversa lieve questo immenso prato, inesorabile come il trascorrere del tempo; comunque una dea simbolo
di eleganza e femminilità. Perfetta per segnare l’inizio di questa stagione, tanto
più adesso: perché ci volge le spalle, come se si rifiutasse di guardare il
mondo. E non si può che darle ragione. <o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><o:p><a href="https://mann-napoli.it/affreschi/" target="_blank"> Gli affreschi al Museo Archelogico Nazione di Napoli</a></o:p></p>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-55450681337345135632021-04-04T22:26:00.003+02:002021-04-09T22:46:24.290+02:00Piero della Francesca - La Resurrezione - Museo Civico, Sansepolcro (Arezzo)<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Non c’è in tutta la storia della
pittura occidentale un’immagine che più di questa evochi la forza di un Uomo,
di un Re, di un Pensiero. Un Vincitore. Nessun ‘potente della terra’ è mai
stato protagonista di un dipinto che come questo attragga magneticamente. Il
Gesù Risorto di <b>Piero della Francesca</b> (Borgo San Sepolcro 1420 ca. – 1492) non ha
bisogno di scettri, di mantelli trapunti di oro né di corazze lucenti per
convincere chi guarda del fatto che si tratta di un Vincitore. Il suo corpo
scolpito di muscoli elegante come quello di un atleta classico è appena offeso
dalle ferite della Crocifissione, ricoperto da una tunica rosa pallido che la
sua mano sinistra trattiene con energia formando una cascata di pieghe dense di
colore. La mano destra sorregge un vessillo semplicissimo, una croce rossa in
campo bianco, sulla sua testa poggia una sottile aureola dorata ma non è certo
questa che crea l’aurea di regale potenza di Gesù. E’ la sua presenza fisica e
trascendente al tempo stesso, la forza vitale con la quale il piede sinistro
appoggia sul sarcofago, saldissimo, facendoci sentire la presenza qui e ora di
Cristo mentre il suo sguardo ci oltrepassa e va in un oltre che non possiamo
immaginare. Uno sguardo intenso, concentrato, fermo, severo e rassicurante al
tempo stesso, quello di un Dio che può proteggerci da tutto, di un filosofo di
infinita saggezza. Ai suoi piedi, addormentati davanti al sarcofago, quattro
soldati ricoperti di pesanti armature sembrano niente a confronto dell’Uomo
bellissimo e grande che li sovrasta. Quattro figurine prive di forza nonostante
le armi e le corazze.<o:p></o:p></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-MQoc7CIkHNo/YHC5YoN3EVI/AAAAAAAABwg/ktLb34OXFnEaU2jL5QTtyRvK8lyR3GQtwCLcBGAsYHQ/s805/resurrezione_piero_della_francesca_post_restauro.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="805" data-original-width="767" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-MQoc7CIkHNo/YHC5YoN3EVI/AAAAAAAABwg/ktLb34OXFnEaU2jL5QTtyRvK8lyR3GQtwCLcBGAsYHQ/w610-h640/resurrezione_piero_della_francesca_post_restauro.jpg" width="610" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Piero della Francesca , La Resurrezione, 1467 (?), Sansepolcro - Museo Civico </td></tr></tbody></table><br /><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Alle spalle di Gesù si distende
quello che si intuisce essere un magnifico paesaggio collineare – purtroppo in
condizioni non ottimali, nonostante il restauro del 2018 – il cielo terso illuminato
dalla luce quasi argentea del primo mattino, il digradare dolce delle colline
punteggiate di verdi cespugli, la torre svettante di un piccolo borgo. Alla
destra di Cristo gli alberi sono ancora spogli e scheletriti dall’inverno, alla
sua sinistra la natura è rinata. E’ la valle del Tevere, lungo la quale sorge
Borgo San Sepolcro (oggi semplicemente Sansepolcro) paese natale di Piero della
Francesca al confine tra Umbria e Toscana. La leggenda vuole che la sua
fondazione sia legata al culto delle reliquie del Santo Sepolcro riportate
dalla Terra Santa da due pellegrini, Egidio e Arcano. E infatti questo
straordinario affresco non è stato dipinto per essere collocato in un luogo
sacro ma per un edificio di uso civile a celebrazione del Borgo San Sepolcro
che aveva in Gesù risorto il suo invincibile protettore.</p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">La costruzione del dipinto, come
sempre in Piero, è raffinatissima. I colori sono intrisi di luce, poche tinte
alternate tra loro con un ritmo quasi matematico – le armature dei soldati sono
combinazioni diverse di verde viola marrone e rosso – la composizione è una
piramide che ha Gesù al vertice e alla base i soldati, ognuno dei quali ha una
diversa collocazione nello spazio e contribuisce a definirne la profondità. I
soldati sprofondati nel sonno sono disposti su due piani diversi, le loro
figure si aprono a ventaglio lasciando intuire a chi guarda la fisicità dello
spazio che occupano.</p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-ufEuPiHwoDQ/YHC6kQ6pLYI/AAAAAAAABww/QpTE5997whMkCVKpEhqr0kJqWYLeD9MBQCLcBGAsYHQ/s700/soldati.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="393" data-original-width="700" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-ufEuPiHwoDQ/YHC6kQ6pLYI/AAAAAAAABww/QpTE5997whMkCVKpEhqr0kJqWYLeD9MBQCLcBGAsYHQ/w640-h360/soldati.jpg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Piero della Francesca , La Resurrezione, 1467 (?), Sansepolcro - Museo Civico - particolare dei soldati<br /><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p></td></tr></tbody></table><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Piero della Francesca non fu solo pittore ma anche grande
matematico e studioso di geometria (ci ha lasciato due trattati sulla teoria
della prospettiva <i>De Prospectiva Pingendi</i> e il<i> Libellus de quinque
corporibus regolaribus</i>) e gli studi matematici restano a fondamento di
tutta la sua arte pittorica. Parlare di ‘astrazione’ per la pittura di Piero mi
sembra fortemente anacronistico anche se la sua essenzialità piacque molto agli
astrattisti del primo Novecento. C’è piuttosto in Piero un amore per la
semplificazione delle forme, per la ricerca della geometria nella natura: è la
sua inclinazione da matematico che lo porta a tracciare forme pure, tutto nella
sua pittura è monumentale e sembra come sospeso nel tempo e per questo immobile
ed eterno.</p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">E’ uno dei pittori più
affascinanti – e complessi – del Rinascimento italiano e forse di tutta la
storia della pittura, paragonabile per certi aspetti a Vermeer, ugualmente
essenziale, monumentale anche nei quadri di dimensioni piccolissime, eterno.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Poche sono le notizie certe sulla
sua vita, scarsissimi anche i dati sulla sua formazione anche se tutti gli
studiosi concordano su un periodo di apprendistato con Domenico Veneziano.<o:p></o:p></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-gQSWN_96YoM/YHC7dDdztpI/AAAAAAAABxA/NwZ5QpL36fYZuIKx-BckS_bLDGInbv3hgCLcBGAsYHQ/s800/Piero.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="800" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-gQSWN_96YoM/YHC7dDdztpI/AAAAAAAABxA/NwZ5QpL36fYZuIKx-BckS_bLDGInbv3hgCLcBGAsYHQ/w640-h640/Piero.jpg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Piero della Francesca , La Resurrezione, 1467 (?), Sansepolcro - Museo Civico - particolare <br /><br /><br /><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">La tradizione vuole che il
soldato con i capelli scuri e ricci e la testa appoggiata al sarcofago sia un
autoritratto di Piero.</p></td></tr></tbody></table><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><o:p></o:p></p><p><span style="text-align: justify;">Da ultimo: auguri di cuore per
una Buona Pasqua, nonostante i mesi difficili che stiamo vivendo.</span> </p>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-16342613893683125852021-01-17T19:43:00.004+01:002021-01-17T19:54:07.147+01:00Jean Auguste Dominique INGRES - Ritratto della Contessa d'Haussonville - The Frick Collection, New York<p><span style="text-align: justify;">Ho scelto questo quadro di <b>Jean Auguste Dominique Ingres</b> (Montauban 1780 - Parigi 1867) perché Madame è appena rientrata da teatro. Distrattamente appoggiati sulla
consolle dietro di lei ci sono il piccolo binocolo e una borsetta da sera, di
raso azzurro ricamato, piccolissima come quelle che ci piacciono oggi e nelle
quali niente si può inserire, tranne qualcosa di realmente minuscolo e spesso
inutile. Lo scialle di seta gialla dorata è sulla poltrona, appena abbandonato,
non stupirebbe immaginare la Viscomtesse scalza, dopo aver lasciato da qualche
parte sul pavimento anche le scarpine certo graziosissime ma molto scomode. E
si è ferm</span><span style="text-align: justify;">ata un attimo, rivolta ad ascoltare il suo interlocutore, che forse
commenta lo spettacolo finito da poco.</span></p><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="text-align: justify;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-O00ynZMOEu8/YASA9-uwPPI/AAAAAAAABvI/9xtI49hjNycICnQybVXneYpNVM7mtCuBACLcBGAsYHQ/s1024/Jean-Auguste-Dominique-Ingres-Contessa-dHaussonville-1845-Frick-Collection.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="729" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-O00ynZMOEu8/YASA9-uwPPI/AAAAAAAABvI/9xtI49hjNycICnQybVXneYpNVM7mtCuBACLcBGAsYHQ/w456-h640/Jean-Auguste-Dominique-Ingres-Contessa-dHaussonville-1845-Frick-Collection.jpg" width="456" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Jean Auguste Dominique Ingres , Ritratto della Contessa d'Haussonville - 1845 New York, The Frick Collection©</td></tr></tbody></table><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Trovo questo ritratto
straordinario, ma questo non è il solo motivo per cui l’ho scelto: è particolarmente
evocativo in un momento come questo in cui manca a tutti la possibilità di
sedersi sulla poltrona di un teatro, di un cinema, o sostare davanti a un
quadro vero in un museo, senza doversi accontentare di una riproduzione
digitale.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Tutto in questo dipinto è
affascinante, lei è bellissima (e lo era davvero, non è un ‘trucco da pittore’)
con pallidi occhi grigio azzurri, capelli lisci castano dorati che immaginiamo
lunghissimi, acconciati in trecce e legati in uno chignon che vediamo riflesso
nello specchio e che si sta un po’ disfacendo. Era nipote di madame de Stael,
scrittrice lei stessa, prendeva lezioni di pianoforte da Chopin.</p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-EsV5GflNQBc/YASB-WjA5VI/AAAAAAAABvQ/wVkA6y5EpF87x4OxULpGCmOvNkOo4NajACLcBGAsYHQ/s646/Jean-Auguste-Dominique-Ingres-Contessa-dHaussonville-1845-Frick-Collection%2Bparticolare%2Britratto.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="646" data-original-width="646" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-EsV5GflNQBc/YASB-WjA5VI/AAAAAAAABvQ/wVkA6y5EpF87x4OxULpGCmOvNkOo4NajACLcBGAsYHQ/w640-h640/Jean-Auguste-Dominique-Ingres-Contessa-dHaussonville-1845-Frick-Collection%2Bparticolare%2Britratto.jpg" width="640" /></a></td></tr></tbody></table><p></p><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Jean Auguste Dominique Ingres , Ritratto della Contessa d'Haussonville - 1845 New York, The Frick Collection© particolare</td></tr></tbody></table><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">E il pennello
di Ingres – che in questo dipinto è quasi magico – ci restituisce tutto questo,
una giovane donna perfettamente a proprio agio, confidente della propria
intelligenza e bellezza, senza ostentazione ma con una elegante sicurezza di
sé, solo i grandi ritrattisti riescono a trasmettere sensazioni così definite.
Ingres avrebbe voluto essere un grande pittore di storia e faceva ritratti solo
perché gli garantivano un guadagno sicuro. Ma quello che di lui ammiriamo oggi
sono soprattutto i ritratti, tutti o quasi ricchi di grandissimo fascino,
immagine di un’epoca e di una società, mentre i suoi quadri di storia così
accademici e freddi, mancano, almeno ai miei occhi, di quel tocco magico e
vitale che hanno opere come questa.</p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Ci sono due modi per guardare questo dipinto. Subito si rimane conquistati dalla bellezza di Louise-Albertine
d’Haussonville, dalla lucentezza setosa del suo abito di raso azzurro,
dall’armonia dei colori che scalano dall’azzurro pallido dell’abito, al blu
intenso del velluto che ricopre la mensola, fino al grigio azzurro delle
pareti. Tutto questo azzurro-blu è illuminato da bagliori giallo dorati – la
cornice dello specchio, lo scialle, l’ottone con il quale sono rifiniti gli
eleganti vasi di porcellana blu-, dal rosso del nastro nei capelli di Madame e
da tocchi di rosa nei fiori dietro di lei. Tutto è talmente armonico e
aggraziato da non farci notare che l’anatomia della Viscomtesse – come spesso
in Ingres – è totalmente irrealistica, dato che il braccio destro che tiene
appoggiato davanti a sé non ha nessun senso (in che posizione è la spalla e
quanto è sproporzionatamente lungo rispetto all’altro?). L’abilità di Ingres
nella resa dei diversi materiali è stupefacente, sembra di sentir frusciare la
seta, il velluto blu è ricco e pesante, i fiori nel piccolo vaso sono
fragilissimi. </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-hTQKDoxaAKg/YASCsEZ8mCI/AAAAAAAABvc/8dPrrE90SOMxqzxe_U-arR-eyIjnKN0DgCLcBGAsYHQ/s466/Jean-Auguste-Dominique-Ingres-Contessa-dHaussonville-1845-Frick-Collection%2Bdettaglio%2Bvaso%2Bdi%2Bfiori.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="466" data-original-width="229" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-hTQKDoxaAKg/YASCsEZ8mCI/AAAAAAAABvc/8dPrrE90SOMxqzxe_U-arR-eyIjnKN0DgCLcBGAsYHQ/w314-h640/Jean-Auguste-Dominique-Ingres-Contessa-dHaussonville-1845-Frick-Collection%2Bdettaglio%2Bvaso%2Bdi%2Bfiori.jpg" width="314" /></a></div><div style="text-align: left;"><span style="text-align: center;">Jean Auguste Dominique Ingres , Ritratto della Contessa d'Haussonville 1845 - New York, The Frick Collection© particolare</span></div><br /><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Dalla visione di insieme si passa
ad ammirare i singoli dettagli che aprono un mondo: i gioielli – anello e
bracciale – con la piccola pietra di turchese, il cachepot nel quale è
sistemata una composizione di piccole rose – forse – e tulipani, i biglietti da
visita appoggiati sulla mensola, con il bordo piegato a formare un piccolo
angolo a segnalare che il visitatore è passato quando la Viscomtesse non era in
casa. La nappa del cordone di seta intrecciata che corre lungo lo specchio
mollemente appoggiata sul velluto. Le trine raffinatissime e diafane che ornano
le maniche dell’abito e la scollatura – la vediamo riflessa nello specchio.
Sembra la riproduzione di un attimo, ma Ingres eseguì decine di disegni
preparatori e impiegò tre anni a portare a termine il dipinto – iniziato nel
1842 è firmato 1845 sulla poltrona a destra della Viscomtesse.</p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Infine: la quantità di dettagli,
di particolari che sembrano ancorare questo ritratto ad un attimo preciso, ad
una stanza precisa della casa di Louise-Albertine non devono far dimenticare
che anche in questo caso Ingres mette in scena un suo mondo ideale,
quell’ideale di armonica bellezza che perseguiva stregato dalla pittura di
Raffaello. La calma serenità della Viscomtesse, la sua posa salda e aggraziata,
il viso ovale, l’arco perfetto delle sopracciglia, i capelli liscissimi e
spartiti in due da una geometrica scriminatura sono l’immagine di bellezza che
Ingres perseguiva. Niente era lasciato al caso. Eppure questa e molte altre
donne – e uomini – di Ingres non sono dee irraggiungibili e totalmente irreali,
hanno una forza di realtà e una presenza che percepiamo fortissime anche oggi.<o:p></o:p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><a href="https://www.frick.org/" target="_blank">Il sito della Frick Collection a New York (ricchissimo di contenuti e suggestioni).</a></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-8990582598821965982020-08-03T12:14:00.001+02:002020-08-03T12:15:45.130+02:00Diego VELAZQUEZ - Ritratto di Camillo Massimo - Kingston Lacy, Dorset England<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Ci sono due elementi spiazzanti
in questo ritratto così intensamente blu. Uno: è il ritratto di un ecclesiastico
- Camillo Massimo - ed è assai inconsueto vedere un uomo di chiesa abbigliato
con un blu così profondo. Sembra che Camillo Massimo potesse sfoggiare questo
sontuoso blu in quanto cameriere segreto del papa. Due: l’autore di questo
straordinario ritratto è <b style="background-color: white; font-family: verdana, geneva, sans-serif; font-size: 13.2px;">Diego de Silva Velazquez</b><span style="background-color: white; font-family: verdana, geneva, sans-serif; font-size: 13.2px;"> (Siviglia 1599 – Madrid 1660)</span> che, nelle parole di Van Gogh, è il pittore
del nero, del bianco, del grigio e del rosa – così lo descrive in una lettera
al fratello. Non rammento un’altra opera di Velazquez con un blu così vellutato
e diffuso, così ricco, le cui sfumature ci fanno percepire la preziosità della
stoffa, la presenza di un minuscolo bottoncino che si intravede tra le pieghe,
il taglio delle maniche.<o:p></o:p></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-in1AmWLR3zM/Xyff6G9lyVI/AAAAAAAABtI/knzrQvaN65sijorSWKT_0U5P4BepXXQZACLcBGAsYHQ/s800/Camillo_Massimo_by_Diego_Vel%25C3%25A1zquez.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="679" height="800" src="https://1.bp.blogspot.com/-in1AmWLR3zM/Xyff6G9lyVI/AAAAAAAABtI/knzrQvaN65sijorSWKT_0U5P4BepXXQZACLcBGAsYHQ/w679-h800/Camillo_Massimo_by_Diego_Vel%25C3%25A1zquez.jpg" width="679" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption"><span style="background-color: white; font-family: verdana, geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;">Diego de Silva Velazquez , Ritratto di Camillo Massimo - 1650 Kingston Lacy, The Bankes Collection, National Trust </span>© <span style="background-color: white; font-family: verdana, geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;">National Trust Images</span></td></tr></tbody></table><br /><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Il viso di Camillo si stacca
sopra un collettone bianco e si rivolge a noi. Con uno sguardo in cui leggiamo
una sorta di bonaria condiscendenza. Un viso grassoccio, baffi e pizzetto
perfettamente in ordine, si avvertono sotto la berretta i riccioli curati di
questo aristocratico. Che era uomo profondamente colto, amico di artisti, uno
degli intellettuali più in vista della Roma del suo tempo. La pittura è
sfumata, quasi vaga, Camillo Massimo è una presenza viva costruita di solo
colore, la materia pittorica è totalmente disfatta, con un termine anacronistico per la poca la si potrebbe definire impressionistica.
Ombreggiature marroni definiscono lo sfondo, intuiamo la spalliera di velluto
color mattone della sedia e le lumeggiature dorate delle piccole frange che la
ornano. La luce gioca sulla stoffa della mozzetta che scala dal blu profondo a sprazzi
di azzurro, il colore è fluido e incantevole. Del viso dell’uomo vediamo tutto:
le guance rosate, il volto pingue, il naso pronunciato e le labbra carnose.
Senza una traccia di disegno, solo con l’uso magistrale del colore, quel modo
di utilizzare tavolozza e pennelli che incanterà Manet. Velazquez è uno dei più
grandi ritrattisti di tutti i tempi.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Mi è piaciuta molto l’idea di
Tomaso Montanari – nel libro <i>Velazquez e il ritratto barocco</i> - di
affiancare questo ritratto di Velazquez al busto di Scipione Borghese scolpito
da Gian Lorenzo Bernini – Bernini e Velazquez sono contemporanei, coetanei
direi, nati a sei mesi di distanza l’uno dall’altro anche se non abbiamo
notizia se si siano mai incontrati / conosciuti. </p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-cHrAddzehSI/Xyfg7ZPJo4I/AAAAAAAABtQ/Ev_86sqYSpcUL_GY5kqBY_J9dY0RzlPRACLcBGAsYHQ/s1200/BERNINI%2BBUSTO_DI_SCIPIONE_BORGHESE.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="800" height="800" src="https://1.bp.blogspot.com/-cHrAddzehSI/Xyfg7ZPJo4I/AAAAAAAABtQ/Ev_86sqYSpcUL_GY5kqBY_J9dY0RzlPRACLcBGAsYHQ/w534-h800/BERNINI%2BBUSTO_DI_SCIPIONE_BORGHESE.jpg" width="534" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; font-family: verdana, geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;">Gian Lorenzo Bernini , Busto di Scipione Borghese - 1632 Galleria Borghese Roma (marmo) </span></td></tr></tbody></table><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><br /></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">A parte una vaga somiglianza
fisica (almeno ai miei occhi) tra i due protagonisti, nei due ritratti si
percepisce lo stesso ‘mood’: la simpatia dell’artista nei confronti del suo
‘soggetto’, due uomini di chiesa rappresentati in un modo che non intende certo
evidenziare la loro – probabilmente scarsa – spiritualità, ma la loro umanità.
Nel senso di essere uomini del loro tempo, sicuramente più vivace e brillante
Borghese, vorrei dire più sanguigno, più sottilmente intellettuale ma non meno
laico Camillo Massimo. In entrambi i casi quello che sorprende è la capacità di
Velazquez e di Bernini di farci sentire il carattere, l’intelligenza e la
personalità di questi due uomini. Di Scipione ci sembra di sentire la voce
profonda rispondere con arguzia a qualche sollecitazione, di Camillo avvertiamo
il silenzio pensoso e un poco condiscendente con cui sembra ascoltarci. Il
colore di Velazquez, steso con incredibile maestria esprime la presenza nello
spazio di Camillo Massimo; la sostanza è tutta nel colore, Velazquez non ha
bisogno di sottili giochi prospettici per farci sentire la tangibilità di
questa figura. Nel campo opposto, il busto di marmo così solido e perfettamente
bianco di Bernini ha la mobilità e la fuggevole impressione del colore, nelle
parole di Montanari sembra ‘<i>restituire proprio il colore e la luce della
carne e della stoffa</i>’.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><o:p> </o:p></p>
<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;">Il libro di Tomaso Montanari ‘Velazquez
e il ritratto barocco’ è edito da Einaudi.<o:p></o:p></p><br />Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-20413503800659637962020-05-28T15:13:00.001+02:002020-05-28T15:13:34.144+02:00Jean Siméon Chardin - Il barattolo di albicocche - Art Gallery of Ontario Toronto<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Un barattolo di albicocche
sciroppate pieno solo per metà, con il tappo avvolto da un foglio di carta
tenuto stretto da un filo di spago, tre calici di vetro, due focacce croccanti
e un frutto. E poi ancora due tazze che si immaginano di fine porcellana con un
decoro floreale, simbolo di un certo benessere perché all’epoca tè, caffè e
cioccolato non erano bevande per tutti, ma solo per chi poteva permetterselo.<o:p></o:p></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-AS1r2ZMr8Eg/Xs-0fKURn0I/AAAAAAAABsE/DHJUZUHncVMzgKq8-bxMU28FPze5v0uSgCLcBGAsYHQ/s1600/chardine%2Bbarattolo%2Bdi%2Balbicocche.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="897" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-AS1r2ZMr8Eg/Xs-0fKURn0I/AAAAAAAABsE/DHJUZUHncVMzgKq8-bxMU28FPze5v0uSgCLcBGAsYHQ/s640/chardine%2Bbarattolo%2Bdi%2Balbicocche.jpg" width="572" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption">Jean Siméon Chardin, Il barattolo di albicocche - 1758. Art Gallery of Ontario, Toronto (olio su tela ovale) © Art Gallery of Ontario</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ma quale epoca? Sebbene questo
dipinto sembri modernissimo – diciamo che dimostra almeno 100 anni di meno –
siamo alla metà del 1700, nel 1758 per l’esattezza e l’autore è <b>Jean Siméon
Chardin</b> (Parigi 1699, 1779). Un pittore al quale ho pensato moltissimo in
queste settimane di silenzio e di vita forzatamente casalinga. Chi ha avuto la
fortuna di poter stare chiuso in casa (grazie ai molti che hanno lavorato,
comunque, per noi) ha riscoperto in queste settimane il silenzio e il piacere
di dedicarsi a piccole cose, ma anche l’importanza di cose che avevamo dato
molto per scontate. Questo fa Chardin. In un’epoca in cui chi voleva emergere
dipingeva ‘la storia’ – che fosse reale o mitologica ma una narrazione doveva
esserci – lui sceglie il silenzio, la poesia di piccole cose quotidiane; questo
non gli impedisce di raggiungere un buon successo e nel 1728 è ammesso all’Accademia
Reale di Pittura e Scultura, in seguito espone con regolarità al Salon del
Louvre dove ottiene l’apprezzamento del pubblico e la ammirazione sconfinata di
Denis Diderot.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Chardin mette al centro dei suoi
dipinti oggetti qualunque: terrecotte, frutta, barattoli e piccole tazze,
brioches e qualche fiore, ninnoli di porcellana decorata. E quando
sceglie di dedicarsi alla figura umana (negli anni ’30 e ‘40), nei dipinti
troviamo una, due persone, mai di più. Ragazzi che giocano con il volano o le
bolle di sapone, garzoni e cameriere persi nelle occupazioni di ogni giorno.
Gente qualsiasi, così come gli oggetti sono quelli di ogni giorno. Non ci sono
storie da raccontare, ma attimi da conservare.<o:p></o:p></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-AxglnwFNylo/Xs-1kdHEZmI/AAAAAAAABsM/Po0Fri_dFSIYzcKfXteg7jjr8akTmw3ggCLcBGAsYHQ/s1600/dettaglio%2Bbarattolo%2Bdi%2Balbicocche.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="694" data-original-width="413" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-AxglnwFNylo/Xs-1kdHEZmI/AAAAAAAABsM/Po0Fri_dFSIYzcKfXteg7jjr8akTmw3ggCLcBGAsYHQ/s640/dettaglio%2Bbarattolo%2Bdi%2Balbicocche.jpg" width="380" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption">Jean Siméon Chardin, particolare da <br />Il barattolo di albicocche - 1758. Art Gallery of Ontario, Toronto (olio su tela ovale) © Art Gallery of Ontario</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E se, quando guardiamo una storia,
possiamo immaginare poco perché molto è già detto, dipinti come questo aprono
un mondo: sono gli avanzi di una colazione appena fatta, o invece qualcuno sta
preparando uno spuntino pomeridiano, cosa nascondono quei pacchi alla destra
del dipinto, zucchero forse? Oppure cosa? Immaginiamo un’ampia cucina
esattamente qui dove siamo noi oppure, forse, questi oggetti sono appoggiati
alla madia di una sala, semplice certo, con le pareti dipinte di ocra; e quel
manico del coltello che sporge verso di noi, oltre a dare il senso di
profondità dell’immagine sembra invitarci ad entrare. Ci affascina il gioco dei
riflessi, sul barattolo di vetro - di un verde intenso come quelli delle
dispense delle nostre nonne – e sui calici trasparenti, illuminati da bagliori appena
colorati che li legano in una poetica armonia cromatica agli altri oggetti sulla
tavola.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Un pittore straordinario Chardin,
forse oggi meno conosciuto di quanto dovrebbe. Il disegno è quasi del tutto
assente, sono i colori che fanno l’immagine e l’atmosfera silenziosa e
atemporale di questa composizione: beige marrone crema ocra con qualche tocco
di azzurro e la piccola nota rossa del decoro delle tazze. Indispensabile
soffermarsi a guardare, i colori ci appaiono quasi vellutati, i riflessi e gli
effetti di luce incantevoli. Una tecnica eccezionale ci fa percepire la
diversità dei materiali: lo sciroppo denso che avvolge le albicocche, il vetro
dei bicchieri, la sottile porcellana delle tazzine e perfino la crosta
croccante delle focacce che hanno lasciato qualche briciola vicino al coltello.
E poi la carta che avvolge i pacchi, ruvida e una nuvola di vapore appena
percepibile che sale dalla tazza in primo piano. Chardin fa tutto questo con il
colore steso in pennellate che si sovrappongono, che sfumano definendo le ombre
e la sostanza di questi oggetti che all’improvviso ci sembrano bellissimi e
importanti, tutt’altro che semplici e banali, sottratti all’anonimato della
quotidianità.<o:p></o:p></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-LG5x6q8z33s/Xs-2Bb64VPI/AAAAAAAABsU/WF6dzJpPW4ciRfox9y3a11S1ID7D4Kd5QCLcBGAsYHQ/s1600/dettaglio%2B2%2Bbarattolo%2Bdi%2Balbicocche.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="660" data-original-width="500" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-LG5x6q8z33s/Xs-2Bb64VPI/AAAAAAAABsU/WF6dzJpPW4ciRfox9y3a11S1ID7D4Kd5QCLcBGAsYHQ/s640/dettaglio%2B2%2Bbarattolo%2Bdi%2Balbicocche.jpg" width="484" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption">Jean Siméon Chardin, particolare da Il barattolo di albicocche - 1758. Art Gallery of Ontario, Toronto (olio su tela ovale) © Art Gallery of Ontario</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
A dispetto dell’apparente
facilità di questa immagine Chardin resta un pittore inafferrabile: questo
barattolo di albicocche riesce a fermare per sempre un attimo di vita e al
tempo stesso sembra un’apparizione fugace, i contorni poco definiti, i colori
sfumati lasciano la sensazione dell’impermanenza. Un messaggio - a mio parere -
resta per sempre, imparare a guardare le cose anche le più semplici, perché
hanno una magia che non ti aspetti.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Charles-Nicolas Cochin amico e
primo biografo di Chardin racconta che il pittore dicesse: “..<i> ma chi vi ha
detto che si dipinge con i colori! … ci si serve dei colori, ma si dipinge con il
sentimento</i>.”. Non è necessario aggiungere altro.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<a href="https://www.jean-baptiste-simeon-chardin.org/" target="_blank">Da vedere e rivedere: tutte le opere di Chardin</a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-8932127253814460692020-05-13T16:31:00.001+02:002020-05-14T16:39:24.860+02:00Il 2020? E' anche l'anno di Modigliani - Ritratto di Lunia Czechowska <div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
“<i>Nel giugno del 1916 Zbo mi
aveva portato ad un’esposizione di Modigliani .. uscendo eravamo andati alla
terrazza della Rotonde con degli amici pittori. Rivedo ancora un ragazzo
bellissimo che attraversava il boulevard Montparnasse. Portava un cappello di
feltro nero, un abito di velluto, una sciarpa rossa. Dalle sue tasche
spuntavano delle matite e teneva sottobraccio un’enorme cartella di disegni;
era Modigliani. Venne a sedersi accanto a me. Fui colpita dalla sua eleganza,
dal fascino e dalla bellezza dei suoi occhi. Era al tempo stesso semplice e
nobile…</i>”. Così Lunia Czechowska qui ritratta da <b>Amedeo Modigliani</b> (Livorno 1884 - Parigi 1920) nel 1919
descrive il suo primo incontro con il pittore. Era la moglie di uno degli amici
di Zborowski (lo Zbo della citazione) poeta polacco che fu uno dei mercanti di
Modigliani. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il 2020 non è solo l’anno di
Raffaello ma anche l’anno di Modigliani, scomparso a Parigi nel gennaio del
1920 a soli 36 anni, ucciso da una salute cagionevole che lo tormentava fin da
ragazzo e da una vita sregolata – anche se non così estrema come è stata poi
descritta da un’inutile mitografia fiorita intorno a questo artista. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Si può amare leggere e rileggere
un libro perchè ha una trama avvincente, dei personaggi indimenticabili oppure
perché, anche se la narrazione è semplice, è capace di creare un’atmosfera che
ci affascina e quello che ci interessa non è il racconto in sé ma il sogno che
lo scrittore sa creare in noi. Bene, sono convinta che se i dipinti di
Modigliani fossero un libro apparterrebbero a questa seconda categoria. Le opere
di Modigliani non hanno la complessa e suggestiva tessitura cromatica dei Monet
di quegli anni (Claude Monet muore 6 anni dopo, nel 1926 e in quegli anni stava
realizzando le straordinarie ninfee de L’orangerie), né la potente carica
creativa di Picasso o la forza espressionistica di Van Gogh ma con una
tavolozza limitata a pochi colori e una linea elegante e sinuosa i ritratti di
Modigliani - solo apparentemente facili - hanno un fascino senza tempo e ci
restituiscono l’immagine di un’epoca. Sono ritratti di musicisti, pittori,
mercanti d’arte, poeti e poetesse, amici e conoscenti che animavano
Montparnasse, il nuovo centro della bohème parigina che all’inizio del ‘900
aveva sostituito Montmartre. I ritratti di Modigliani sono accomunati dal suo
stile essenziale e da un velo sottile di malinconia ma tutti percettibilmente
diversi uno dall’altro, ne avvertiamo le diverse personalità, li guardiamo e sembra
di sentire l’eco di animate discussioni sul futuro dell’arte e il destino della
pittura. E sono allo stesso tempo attualissimi.<o:p></o:p></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-HWjvgWSySHY/XrwBOMZWJcI/AAAAAAAABrc/pkZHnVu0kGEj81GFX41SqkH6mxAc6VAfgCLcBGAsYHQ/s1600/Lunia%2BCzechowska%2Bin%2Bprofilo%2B1919.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1168" data-original-width="800" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-HWjvgWSySHY/XrwBOMZWJcI/AAAAAAAABrc/pkZHnVu0kGEj81GFX41SqkH6mxAc6VAfgCLcBGAsYHQ/s640/Lunia%2BCzechowska%2Bin%2Bprofilo%2B1919.jpg" width="438" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; font-family: "verdana" , "geneva" , sans-serif; font-size: 10.56px;">Amedeo Modigliani, Ritratto di Lunia Czechowska di profilo - 1919. Collezione privata (olio su tela)</span></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il profilo di Lunia è definito da
una linea sottile e morbida, emerge sullo sfondo fatto di rapide pennellate
grige e verde chiarissimo. Pochi tratti e una zona piatta di colore bruno bastano
a suggerire i capelli raccolti in uno chignon semplice ma curato che lascia
scoperto il collo lungo e flessuoso. La bocca è sottile e gli occhi sono
identificati da chiazze di colore azzurro pallido dalle quali sembra provenire
una tenue luce che le illumina il viso. Le palpebre sembrano vagamente colorate
da un trucco discreto e la camicia bianca scivola sulle strette spalle della
donna e termina in una profonda scollatura. Chi direbbe che è il ritratto di
una donna di cento anni fa? Lunia in una parola sola è <i>moderna</i>. Non sono
d’accordo con chi sostiene che i ritratti di Modigliani siano solo
‘superficie’, che non ci sia alcuna profondità psicologica e che a lui
interessasse solo il tratto grafico in sé e per sé: Lunia ha un viso
straordinariamente elegante, un’espressione silenziosa ma decisa, una presenza
impossibile da ignorare.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Modigliani, dopo un decennio di ricerche, segue senza più incertezze un percorso artistico del tutto personale che non consente di inquadrarlo in nessuna delle avanguardie artistiche del suo tempo. Era un uomo colto, appassionato di filosofia, musica e poesia, dipinse quasi esclusivamente ritratti, forme essenziali caratterizzate da linee morbide e allungate, un amalgama complesso di suggestioni tanto diverse: l’eleganza lineare della pittura senese del Trecento, la pura essenzialità dell’arte primitiva – egizia in particolare, in questa Lunia sembra di rivedere una moderna Nefertiti<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: 11pt;">. </span>E, ancora, si percepisce la sintesi operata da Cezanne, l’influenza della sua infaticabile ricerca dell’essenza delle cose. La pittura di Modigliani però è meno concentrata sul volume e più sull’armonia, sulla bellezza e sull’equilibrio. E’ un ritmo sottile che alterna linee ondulate e linee allungate, lo spazio occupato dalla figura e quello dello sfondo, colori chiari e tinte meno luminose. L’effetto è quello di una bellezza senza tempo.</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-34623626326030046042020-04-20T17:42:00.001+02:002020-04-20T17:42:26.847+02:00Eduard Manet - Sur la Plage - Musée d'Orsay Parigi<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Da sempre sono innamorata della
pittura perché sono convinta che la pittura - o forse <i>certa</i> pittura, se
non tutta – consenta di ampliare i nostri orizzonti e di vedere il mondo in un
modo diverso da quello frettoloso e superficiale con il quale lo guardiamo di
solito. Certo ‘frettoloso’ non è una parola adatta a questo nostro tempo di
forzata assenza di movimento, chissà se e quanto cambieremo quando potremo di
nuovo uscire e guardarlo questo nostro mondo. Di sicuro adesso si sente il
bisogno di guardare fuori, di sognare quello che ora è impossibile, una
passeggiata in montagna, una corsa in un prato, un pomeriggio sulla spiaggia.
Qui oggi è una giornata grigia e ventosa, ma è comunque pesante stare chiusi in
casa, bello sarebbe respirare l’aria frizzante del vento sul mare. Per questo
mi è venuto in mente questo dipinto di <b>Eduard Manet</b> (Parigi 1832, 1885),
perché a me il mare piace soprattutto fuori stagione, quando il sole non è
accecante, la spiaggia è quasi deserta esattamente come in questa immagine. </div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-St8s67QfIr0/Xp3Am1ZPFnI/AAAAAAAABqs/C-oG_7AQ6swE8X1gx-M1CnGB7yh0axtJQCLcBGAsYHQ/s1600/manet%2Ba%2Bla%2Bplage.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="882" data-original-width="1080" height="522" src="https://1.bp.blogspot.com/-St8s67QfIr0/Xp3Am1ZPFnI/AAAAAAAABqs/C-oG_7AQ6swE8X1gx-M1CnGB7yh0axtJQCLcBGAsYHQ/s640/manet%2Ba%2Bla%2Bplage.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;"><span style="font-family: verdana, geneva, sans-serif;"><span style="font-size: 10.56px;">Eduard Manet, Sur la plage - 1873. Musée d'Orsay, Parigi (olio su tela)</span></span></span><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 12.8px;"> </span></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La
luce è quella fredda del nord, il vento sospinge le vele delle barche in
lontananza, Madame Manet legge al riparo di una veletta di mussola leggera. Manet
dipinse questo quadro nel 1873 a Berck-sur-Mer nel Nord della Francia. Non è un
paesaggio, Manet non era un paesaggista, ma questo è uno dei momenti in cui la sua
pittura si avvicina di più alla pennellata rapida e vivace degli impressionisti.
Anche se molti studi dimostrano che Manet non improvvisava quasi mai,
correggeva e ricorreggeva tornando molte volte sulle proprie opere, ma con una
tecnica straordinaria che non ci fa scoprire ad occhio nudo il lavoro di estrema
rifinitura, sembra anzi convincerci del contrario, di pennellate vivaci, frutto
di una felice improvvisazione.<o:p></o:p></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-soR-zN8OfR4/Xp3BC1V1z_I/AAAAAAAABq0/_5L-YQZ9gDowt0Ggps3HlYXKsuzzAYLvwCLcBGAsYHQ/s1600/Edouard_Manet_Sulla_spiaggia%2Bvele.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="326" data-original-width="840" height="248" src="https://1.bp.blogspot.com/-soR-zN8OfR4/Xp3BC1V1z_I/AAAAAAAABq0/_5L-YQZ9gDowt0Ggps3HlYXKsuzzAYLvwCLcBGAsYHQ/s640/Edouard_Manet_Sulla_spiaggia%2Bvele.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;"><span style="font-family: verdana, geneva, sans-serif;"><span style="font-size: 10.56px;">Eduard Manet, particolare da Sur la plage - 1873. Musée d'Orsay, Parigi (olio su tela)</span></span></span><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 12.8px;"> </span></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La linea dell’orizzonte in questo
quadro è altissima e quattro diverse zone di colore ci fanno percepire la
spiaggia, il mare color smeraldo con spruzzi di schiuma bianca vicino alla riva
e profondamente blu in lontananza, infine il cielo. Non c’è profondità, manca
la terza dimensione come nelle stampe giapponesi – così di moda nella Parigi di
fine Ottocento- ma il colore è utilizzato in modo così sorprendente che percepiamo
il lieve inclinarsi della spiaggia verso il mare, le onde che si sollevano
mosse dal vento, il cielo che scompare dietro l’orizzonte. Qualcuno ritiene che
il quadro trasmetta malinconia e solitudine perché i due protagonisti sembrano
non comunicare, chiusi nel loro mondo. Non sono d’accordo, a me sembra un
momento di pace assoluta, lei assorta nel suo libro lui (il fratello di Manet)
disteso a guardare il mare.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-gUl060oGABs/Xp3BMk3EiMI/AAAAAAAABq4/-jj-1B7DTQsINwSfh9ivpBfYu6AEBzsxQCLcBGAsYHQ/s1600/Edouard_Manet_Sulla_spiaggia%2Bfratello%2BManet.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1181" data-original-width="674" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-gUl060oGABs/Xp3BMk3EiMI/AAAAAAAABq4/-jj-1B7DTQsINwSfh9ivpBfYu6AEBzsxQCLcBGAsYHQ/s640/Edouard_Manet_Sulla_spiaggia%2Bfratello%2BManet.jpg" width="364" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;"><span style="font-family: verdana, geneva, sans-serif;"><span style="font-size: 10.56px;">Eduard Manet, particilare da Sur la plage - 1873. Musée d'Orsay, Parigi (olio su tela)</span></span></span><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 12.8px;"> </span></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Quello che incanta è la qualità
della pittura, non c’è disegno, la mano di Madame Monet è una chiazza gialla e
il libro è ottenuto con qualche pennellata di colore bianco .. eppure.. eppure
ci sembra tutto perfetto e così chiaramente percepibile. E poi ci sono i
particolari: la cuffietta vezzosa di madame Monet, la veletta leggera che lascia
intravedere il suo profilo, il nastro nero che ci sembra frusciare nel vento e
la pantofola ricamata bianco e arancio che spunta da sotto l’abito che ripara
Madame dal sole e dal vento. Una facilità e felicità di dipingere, una qualità di pittura
straordinaria che ci rammenta quanto Manet amasse Velazquez.<o:p></o:p></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-oyOYQ9LEIWY/Xp3BWl-SwMI/AAAAAAAABrA/JDl9HJlWDNAnec5idtjK88yzZefhuL02gCLcBGAsYHQ/s1600/Edouard_Manet_Sulla_spiaggia%2Bparticolare.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="628" data-original-width="665" height="604" src="https://1.bp.blogspot.com/-oyOYQ9LEIWY/Xp3BWl-SwMI/AAAAAAAABrA/JDl9HJlWDNAnec5idtjK88yzZefhuL02gCLcBGAsYHQ/s640/Edouard_Manet_Sulla_spiaggia%2Bparticolare.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;"><span style="font-family: verdana, geneva, sans-serif;"><span style="font-size: 10.56px;">Eduard Manet, particolare da Sur la plage - 1873. Musée d'Orsay, Parigi (olio su tela)</span></span></span><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 12.8px;"> </span></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Manet non era un impressionista
non dipingeva gli effetti mutevoli della luce e raramente lavorava <i>en plein
air</i>. In questo caso però alcuni granelli di sabbia rimasti intrappolati nel
colore ci dicono che il quadro è stato dipinto sulla spiaggia, possiamo
immaginare il cavalletto di Manet piantato nella sabbia e farci trasportare con
la fantasia di fronte a quel mare verde azzurro, sulla costa del Nord della
Francia, non lontana dalla Normandia. E sappiamo dalle lettere e dai ricordi
degli artisti che quei luoghi erano celebri non solo per la bellezza dei
paesaggio, il colore cangiante del mare e il vento che sferzava le scogliere ma
anche perché erano animati da locande in cui il cibo era semplice ma ottimo,
come alla Ferme de Saint-Siméon – frequentata da Boudin, Monet, Jongkind .. - che
fino agli anni '60 dell’Ottocento era stata gestita da mère Toutain: lì gli
artisti si riposavano gustando sidro di mele e gamberetti freschi. Ecco che un
dipinto come questo sa raccontare molte storie, se lo si guarda con occhi
attenti: un pomeriggio di libertà sulla spiaggia, le barche che si rincorrono, un
pittore alle prese con il vento che schizza granelli di sabba sulla sua tela,
una <i>boule</i> di sidro frizzante e fresco al tramonto. Ci fa sognare tutta
la libertà che vorremmo adesso e sperare che arrivino presto tempi migliori.<o:p></o:p></div>
<br />Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-51466899652003397792020-04-05T11:48:00.000+02:002020-04-05T11:48:01.422+02:00Nell'anno di Raffaello - Raffaello SANZIO - La Madonna Sistina - Gemäldegalerie Dresda<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Un pesante tendaggio verde si
apre e un soffio di vento spinge avanti la Madonna con il Bimbo in braccio. Lei
appoggia i piedi nudi su un tappeto di soffici nuvole, il Bimbo Gesù intimidito
ha i capelli scompigliati dal vento leggero – che muove anche il manto e
l’abito di Maria- e un po’ impacciato si stringe una gamba con la manina. Ci
guardano fissi negli occhi, la tenda non è ancora completamente aperta, tra un
momento forse si aprirà del tutto e la Madonna farà un altro lieve passo verso
di noi. O forse no. Si fermerà continuando a guardarci, rendendo impossibile
per noi distogliere lo sguardo da questa incredibile apparizione. Maria è molto
giovane, ha grandi occhi bruni e il viso regolare e bellissimo di tutte le
donne di <b>Raffaello</b> (Raffaello Sanzio, Urbino 1483 - Roma 1520) divine e non; misteriosa e leggiadra ha la testa circondata
da un’aureola quasi invisibile. Ha una spiritualità intensa nei suoi occhi
tristi che non trovo in altri dipinti di Raffaello, nessun’altra delle sue
Madonne è come questa un’immagine della Divinità. Molte sono bellissime,
materne, questa è diversa. Viva e spirituale al tempo stesso. Anche il Bimbo
Gesù ha un’espressione nuova, è timido e sgomento, ci fissa con i suoi occhi
grandi e spauriti, è paffuto, come i due angioletti appoggiati sulla balaustra,
ma ha una natura diversa da loro che assomigliano molto più a bimbi veri di
questo piccolo Gesù così divino.<o:p></o:p></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-3Rcpi5xc_L8/XomkmcIFxEI/AAAAAAAABqE/R0_uYKkokG4-WQguy6odYGKp5cp7RR1zgCLcBGAsYHQ/s1600/Raffaello%2Bmadonna%2Bsistina.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1184" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-3Rcpi5xc_L8/XomkmcIFxEI/AAAAAAAABqE/R0_uYKkokG4-WQguy6odYGKp5cp7RR1zgCLcBGAsYHQ/s640/Raffaello%2Bmadonna%2Bsistina.jpg" width="472" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white;"><span style="font-family: verdana, geneva, sans-serif;"><span style="font-size: 10.56px;">Raffaello Sanzio, Madonna Sisitina - 1512 - 1513 ca. Gemäldegalerie, Dresda (olio su tela)</span></span></span><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 12.8px;"> </span></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ai lati della Madonna due Santi:
Sisto e Barbara. Sisto che ha forse le fattezze del papa Giulio II della Rovere
– il committente di quest’opera- ha tolto la tiara in segno di rispetto per
Maria e l’ha appoggiata sulla balaustra, una sorta di parapetto che separa il
nostro spazio terreno e concreto da questa straordinaria apparizione.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Sisto ha lo sguardo rivolto alla
Madonna e con un gesto della mano indica fuori dal quadro, verso di noi, forse
sta invitando Maria a guardare proprio noi. Dall’altra parte Santa Barbara
avvolta in un sontuoso abito dai colori raffinatissimi: arancio verde azzurro grigio, ha una acconciatura elegante, è inginocchiata con grazia ed ha lo
sguardo rivolto verso il basso – ma dove? Verso i due angioletti o ancora fuori
del quadro verso qualcosa che era al di sotto di questa incantevole pala
d’altare? <o:p></o:p></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-L0Yg0o_aO9Y/XomlImdmpBI/AAAAAAAABqM/xJRKcip4F_4_DLTr5riut1cm63U4IMnQACLcBGAsYHQ/s1600/santa%2Bbarbara%2Braffaello.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1185" data-original-width="728" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-L0Yg0o_aO9Y/XomlImdmpBI/AAAAAAAABqM/xJRKcip4F_4_DLTr5riut1cm63U4IMnQACLcBGAsYHQ/s640/santa%2Bbarbara%2Braffaello.jpg" width="392" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Raffaello Sanzio, Santa Barbara - particolare da Madonna Sisitina - 1512 - 1513 ca. <span style="background-color: white; font-family: verdana, geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;">Gemäldegalerie</span><span style="background-color: white; font-family: verdana, geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;">, Dresda (olio su tela)</span><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 13.2px; text-align: start;"> </span></td></tr>
</tbody></table>
<br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E poi ci sono i due angioletti,
talmente celebri e riprodotti ovunque – su scatole di cioccolatini, ombrelli, quaderni,
tappetini per il mouse… - da essere diventati, ahimè, un’immagine a se stante, completamente
slegata dal contesto al quale appartengono e che molti non riconducono più
nemmeno a Raffaello e ad un dipinto che ha più di 500 anni. Sono affacciati con
aria disinvolta al parapetto al fondo della tela, l’uno a braccia conserte,
l’altro si appoggia curioso su un gomito, entrambi hanno lo sguardo rivolto
verso l’alto, i capelli spettinati e me li immagino in punta dei piedi che
tentano di arrivare alla balaustra per vedere cosa sta succedendo là in alto; quasi
che qualcuno avesse chiesto loro di affacciarsi da quel parapetto e restare
fermi lì fin tanto che la tenda verde resta aperta per noi. E loro aspettano,
un po’ curiosi un po’ annoiati, molto più ‘bambini veri’ che angeli. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-spacerun: yes;"><br /></span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-0ivB9FxGi2E/Xomli8AsVMI/AAAAAAAABqU/-frUDWGpxU0-3_GSrvTT7r87FfKb5S0ZQCLcBGAsYHQ/s1600/Due-angeli-Madonna-Sistina-Raffaello-Sanzio.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="427" data-original-width="1014" height="268" src="https://1.bp.blogspot.com/-0ivB9FxGi2E/Xomli8AsVMI/AAAAAAAABqU/-frUDWGpxU0-3_GSrvTT7r87FfKb5S0ZQCLcBGAsYHQ/s640/Due-angeli-Madonna-Sistina-Raffaello-Sanzio.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12.8px;">Raffaello Sanzio, Due Angeli - particolare da Madonna Sisitina - 1512 - 1513 ca. </span><span style="background-color: white; font-family: verdana, geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;">Gemäldegalerie</span><span style="background-color: white; font-family: verdana, geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;">, Dresda (olio su tela)</span></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-spacerun: yes;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E dunque cosa rappresenta questa
tela?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Descritta così sembrerebbe una
classica ‘sacra conversazione’. La Madonna con il Bambino accompagnata da Santi
in contemplazione della coppia Divina. Di ‘classico’, però c’è davvero poco.
Raffaello il più classico dei pittori ha dato vita ad un’immagine
straordinariamente innovativa. Non c’è da stupirsi: Raffaello è uno dei vertici
di un mondo estremamente colto, raffinato; a Roma, alla corte papale di Giulio
II, intreccia relazioni ad altissimo livello con i poeti i letterati e i
filosofi di cui il Papa, guerriero certo, ma anche amante della cultura e del
bello, amava circondarsi.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E’ una ‘sacra conversazione’ che
esclude – o quasi – ogni elemento terreno: non è ambientata all’interno di una
chiesa – come la Pala Montefeltro di Piero della Francesca ad esempio – né in
un giardino fiorito, non ci sono elementi architettonici che consentano di
collocare questa ‘visione’ in un qualche posto di questa Terra. Perché anche la
torre che si intravede dietro Santa Barbara non ha niente di terreno, non è
un’architettura ma solo l’attributo della Santa, esattamente come le chiavi lo
sarebbero di Pietro. Raffaello che in anni recentissimi aveva inventato le
architetture bramantesche e perfettamente misurabili delle stanze vaticane qui
affida la sua Madonna con Bambino interamente al cielo, ad uno spazio
indefinito e totalmente spirituale, che resta però chiaramente percepibile,
profondo, misurabile e concreto anche in assenza di punti di riferimento ‘terrestri’.
Un cielo punteggiato da decine di angeli quasi invisibili, tutto si svolge in
una dimensione celeste e ultraterrena; se fosse stata dipinta 200 anni prima le
figure avrebbero trovato spazio su un sontuoso fondo dorato. L’effetto, solenne
e spirituale è lo stesso.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ma due sottili punti di contatto
con il nostro mondo ci sono. Il tendaggio verde che si apre per mostrare la
Madonna è pesante, ha una sua gravità terrestre tanto da incurvare l’asta che
lo sostiene che cede un po' sotto il suo peso – alla quale è appeso con anelli di ferro che sono uno degli
incantevoli dettagli di questo dipinto. E
poi c’è la balaustra di legno alla quale si appoggiano i due angioletti e sulla
quale è posata anche la tiara di Papa Sisto, sormontata dalla ghianda dei della
Rovere. Quegli angioletti che, anche se non ci guardano, sono affacciati verso
di noi, in qualche modo ci tirano dentro la scena, sono un ponte – è stato
osservato – tra il nostro mondo della Terra e il mondo Divino di Maria e Gesù.
Perché al di là della balaustra ci siamo noi ad ammirare in silenzio questa
visione e Papa Sisto sembra indicare noi alla Madonna e al Bambino che ci
guardano, così da farci sentire coinvolti e partecipi di questa apparizione non
semplici spettatori di una ‘visione’. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E’ il gioco sottile degli sguardi
che rende indimenticabile questo dipinto, lasciandolo per noi un enigma: la
tenda che si apre permette a noi una visione del mondo celeste o consente a
Maria e al Bambino di vedere noi e infondere al nostro mondo coraggio e speranza?
<o:p></o:p></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-raVTCdzFg3A/Xoml_aYiPJI/AAAAAAAABqg/uc7d91h2oAMa7hX4w2Knzch0lGgIAAeowCLcBGAsYHQ/s1600/Raffaello%2Bmadonna%2Bsistina%2Bparticolare.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1499" data-original-width="1600" height="598" src="https://1.bp.blogspot.com/-raVTCdzFg3A/Xoml_aYiPJI/AAAAAAAABqg/uc7d91h2oAMa7hX4w2Knzch0lGgIAAeowCLcBGAsYHQ/s640/Raffaello%2Bmadonna%2Bsistina%2Bparticolare.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12.8px;">Raffaello Sanzio, Madonna con Bambino - particolare da Madonna Sisitina - 1512 - 1513 ca. </span><span style="background-color: white; font-family: verdana, geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;">Gemäldegalerie</span><span style="background-color: white; font-family: verdana, geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;">, Dresda (olio su tela)</span></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E’ un quadro – tra l’altro dipinto
su tela non su tavola – che ha una storia intricata e resta appunto difficile
da comprendere fino in fondo. Dipinto da Raffaello a Roma nel 1512 su
committenza del papa Giulio II della Rovere fu da questi donato alla chiesa di
San Sisto a Piacenza dove rimase quasi sconosciuto – o comunque assai meno noto
delle celeberrime opere del maestro di Urbino – fino al 1754 anno in cui i
monaci benedettini lo vendettero ad Augusto III di Sassonia che lo portò a
Dresda dove adesso si trova. E’ in Germania che l’opera conosce la prima grande
fortuna critica e moltissimi sono i filosofi, gli storici, gli intellettuali
dell’area tedesca e russa – Winckelmann, Goethe, Hegel e Dostoevskij per
citarne solo alcuni – che si sono appassionati e commossi di fronte a questo
dipinto.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E sulla difficoltà di comprendere
fino in fondo il senso di questa ‘visione’ Martin Heidegger ricordava a tutti
che “<i>La [Madonna] Sistina dovrebbe stare in una particolare chiesa di Piacenza
non in senso storico-antiquario ma secondo la sua essenza di immagine. In
conformità a questa, l’immagine sempre esigerà di essere in quel luogo</i>”. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Ovvero: sradicare le opere dal contesto per
cui erano nate ci ha fatto perdere molti punti di riferimento per intenderle
correttamente.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Data la situazione attuale, poter
visitare la mostra organizzata dalle Scuderie del Quirinale per i 500 anni
della morte dell’artista – dove peraltro questo dipinto inamovibile non è
presente – resterà forse un sogno, per me come per molti altri. <o:p></o:p></div>
<br /><br />
<a href="https://www.scuderiequirinale.it/mostra/raffaello-000" target="_blank">Il sito ufficiale della mostra 1520 - 1483 Raffaello alle Scuderie del Quirinale - Roma</a><br />
<a href="https://www.rai.it/ufficiostampa/assets/template/us-articolo.html?ssiPath=/articoli/2020/04/Ritratto-di-Raffaello-c5685e82-1835-437b-9be6-666a469b0eea-ssi.html" target="_blank">Tutti i programmi RAI dedicati al centenario di Raffaello 5 e 6 aprile </a>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-52326670322698232812019-11-10T00:06:00.001+01:002019-11-10T00:06:51.427+01:00Sandro BOTTICELLI - Le figlie di Jetro - Cappella Sistina - Roma Città del Vaticano<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Che "La Recherche" di Marcel Proust sia un
intero mondo di immagini e suggestioni è perfino banale scriverlo. Tutti
conoscono l’ “effetto madeleine” , ormai entrato nell’immaginario collettivo
anche grazie al fatto che parlare di cibo in tutte le sue possibili
declinazioni piace e va di moda. Assaggiare quel piccolo dolcetto con una tazza
di té trasporta Proust in un mondo di ricordi che erano nascosti in un angolo
della sua coscienza. Così come è assai nota, sempre dalla Recherche, la
citazione della <i>‘piccola ala di muro giallo […] simile ad una preziosa opera
d’arte cinese</i>’ a proposito della straordinaria Veduta di Delft di Vermeer.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Forse meno conosciuto è il passo
in cui Proust ricorda il particolare di un affresco dipinto da <b>Sandro
Botticelli</b> (Alessandro Filipepi detto Botticelli, Firenze 1445 ca. – Firenze 1510)
nella Cappella Sistina. Odette ricorda a Swann una delle due figlie di Jetro,
Sefora futura moglie di Mosé: “<i>Lo ricevette in una veste da camera di crespo
cinese color viola, trattenendosi sul petto, come un mantello, una stoffa dai
ricchi ricami. In piedi accanto a lui, lasciando fluire lungo le gote i capelli
che aveva disciolti, piegando una gamba in un'attitudine leggermente danzante
[…] con i suoi grandi occhi così stanchi e imbronciati […] ella colpì Swann per
la sua rassomiglianza con quella figura di Sefora, la figlia di Jetro, che si
vede in un affresco della Cappella Sistina</i>”. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-G5kbPwUGIY8/XcdDvxaK1dI/AAAAAAAABpM/vyBpOyjJHHoheexruY8nK4yfDiq7y-KFQCLcBGAsYHQ/s1600/Sandro_Botticelli_-le%2Bfiglie%2Bdi%2Bjetro.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1074" data-original-width="850" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-G5kbPwUGIY8/XcdDvxaK1dI/AAAAAAAABpM/vyBpOyjJHHoheexruY8nK4yfDiq7y-KFQCLcBGAsYHQ/s640/Sandro_Botticelli_-le%2Bfiglie%2Bdi%2Bjetro.jpg" width="506" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; font-family: verdana, geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;">Sandro Botticelli , Le Figlie di Jetro particolare da Le prove di Mosè - 1481 , 1482 Cappella Sistina, Roma Città del Vaticano (affresco)</span><span style="font-size: 12.8px;"> </span></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Con poche parole Proust ha colto
l’essenza dell’arte di Botticelli, a volte gli scrittori e i poeti riescono a
farlo meglio di chi studia arte da sempre. Grazia nelle pose e nei lineamenti,
abiti di velo leggero, attenzione ai giochi calligrafici riprodotti sulle
stoffe, occhi grandi spesso velati di malinconia. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Botticelli è un pittore complesso:
inizia a dipingere nel circolo di umanisti neoplatonici che circondano la
famiglia Medici – la Primavera non ha ancora trovato un’interpretazione
definitiva, tanto sottili ed eruditi sono i richiami alla mitologia e alla
filosofia – poi dopo il 1490 il suo stile progressivamente cambia, resta il
fascino etereo delle sue figure ma si accentua la tendenza espressionistica,
una nuova tensione spirituale percorre i suoi dipinti. La critica spiega questo
mutamento con l’influenza che la predicazione di Savonarola ebbe sull’indole
meditativa di Botticelli. Non sapremo mai se il pittore divenne un seguace del
frate, ma certo avvertì profondamente il suo rigore riformatore.<o:p></o:p></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="-webkit-text-stroke-width: 0px; font-family: "Times New Roman"; letter-spacing: normal; margin-bottom: 0.5em; margin-left: auto; margin-right: auto; orphans: 2; padding: 6px; text-align: center; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; widows: 2; word-spacing: 0px;"></table>
<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-c3dn6G-82w8/XcdC5JV61jI/AAAAAAAABpE/MM4BKGpmgO046PnqADN_Su1cpORs8_L1ACLcBGAsYHQ/s1600/Sandro_Botticelli_035.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1218" data-original-width="1600" height="486" src="https://1.bp.blogspot.com/-c3dn6G-82w8/XcdC5JV61jI/AAAAAAAABpE/MM4BKGpmgO046PnqADN_Su1cpORs8_L1ACLcBGAsYHQ/s640/Sandro_Botticelli_035.jpg" width="640" /></a><br /><span style="background-color: white; font-family: verdana, geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;">Sandro Botticelli , Le Figlie di Jetro particolare da Le prove di Mosè - 1481 , 1482 Cappella Sistina, Roma Città del Vaticano (affresco)</span> <table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"></table>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ho scelto di presentare qui le
figlie di Jetro perché questa è una delle mie immagini preferite di tutta la
storia della pittura. Le trovo incantevoli. Le due figure sono tratte dall’affresco
con le Prove di Mosè dipinto da Botticelli sulle pareti della Cappella Sistina tra il 1481 e il 1482.
Migliaia di visitatori ogni anno accedono a questo santuario della pittura, mi
chiedo quanti si soffermino su queste due straordinarie figure. Troppo presi da
Michelangelo – forse – oppure talmente abbagliati dallo splendore della
Cappella che nel desiderio di vedere tutto ci si dimentica di guardare i
particolari. E allora penso sia importante metterli in evidenza questi
particolari.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Le due sorelle sono di una grazia
sublime, Sefora quella che vediamo di fronte ha gli occhi grandi e tristi, il
sorriso dolce, i capelli fluenti ornati da bacche vermiglie, un ampio scialle
ricamato sopra la veste che sembra fatta di tulle bianco. L’altra la vediamo di
spalle, possiamo ammirare la complicata pettinatura con trecce ornate di perle
rosse, ha indosso un mantello di pelo di capra e come la sorella si muove con
passo leggero. Non la vediamo in viso ma capiamo che è la più volitiva, sembra
essersi voltata di colpo ad indicare qualcosa a Sefora e la sorella si ferma
pensosa con i suoi grandi occhi grigi che fissano un punto che a noi sfugge.
Non è vuota bellezza quella di Botticelli è un’arte sottile di cui a prima
vista si coglie solo la bellezza formale ma che merita di essere studiata in
profondità perché anche in questo affresco che è ‘solo’ l’illustrazione di un
racconto biblico circola un sentimento che va oltre l’apparenza visibile.<o:p></o:p></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-_aTDH2-pZRs/XcdEF3Z3lNI/AAAAAAAABpU/rK-l8PKht1sQOQhEEPXwRxxZznS_G_nWwCLcBGAsYHQ/s1600/Sandro%2BBotticelli%2Ble%2Bprove%2Bdi%2BMos%25C3%25A8.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="751" data-original-width="1200" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-_aTDH2-pZRs/XcdEF3Z3lNI/AAAAAAAABpU/rK-l8PKht1sQOQhEEPXwRxxZznS_G_nWwCLcBGAsYHQ/s640/Sandro%2BBotticelli%2Ble%2Bprove%2Bdi%2BMos%25C3%25A8.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; font-family: verdana, geneva, sans-serif; font-size: 10.56px;">Sandro Botticelli , Le prove di Mosè - 1481 , 1482 Cappella Sistina, Roma Città del Vaticano (affresco)</span><span style="font-size: 12.8px;"> </span></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Se Raffaello è celebrato per il
binomio ‘bellezza e armonia’, Botticelli deve essere ricordato per ‘bellezza e
grazia’ incomparabili. Le sue figure hanno un fascino distante, sono
elegantissime e preziose anche quando vestono pelli di capra. Hanno tutte
un’aria pensosa quando non decisamente malinconica. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La pittura fiorentina del
Quattrocento vede il primato del disegno sul colore, è la linea che definisce e
struttura le figure e Botticelli è un disegnatore sublime, il colore riempie
come smalto spazi già definiti dalla linea di contorno che è agile, aggraziata,
altre volte più tesa e nervosa. Azzurro e oro – chissà come luccicava quest’oro
alla luce delle candele che illuminavano la Cappella - grigio e bianco e
qualche sprazzo di rosso vermiglio sono i colori che Botticelli ha scelto per
le figlie di Jetro che sono inserite di fronte ad un piccolo boschetto, ma a Botticelli
non interessava il paesaggio, né gli sfondi architettonici in prospettiva, il
centro del suo mondo pittorico è la figura umana.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-55821526492572990542019-10-13T00:13:00.000+02:002019-10-13T14:00:04.841+02:00Lorenzo LOTTO - Madonna con Bambino tra i Santi Bernardino Giuseppe Giovanni Battista Antonio Abate - Chiesa di San Bernardino in Pignolo Bergamo<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Sono decine gli aggettivi con i
quali la critica del Novecento ha cercato di dipingere la personalità di
<b>Lorenzo Lotto </b>(Venezia 1480 ca - Loreto 1556): uomo schivo, solitario, malinconico, inquieto, visionario,
inafferrabile e mai compreso fino in fondo dai suoi contemporanei. Lo
dimenticheranno presto infatti e per più di 300 anni Lotto sarà davvero poco
conosciuto, fino a quando la monografia di Bernard Berenson nel 1895 lo riporta
all’attenzione degli studiosi e degli appassionati di arte. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il suo essere ‘homo poco
avventurato’<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>- è lui stesso che si
definisce così – lo fa facilmente soccombere sotto la personalità titanica del
suo ingombrante contemporaneo, Tiziano Vecellio. Tanto che a Venezia di Lotto –
che a Venezia era nato intorno al 1480 – si conservano pochissime opere. Poco
si sa della sua formazione, si ipotizza un contatto con la bottega di Giovanni
Bellini, forse, o con Alvise Vivarini, di certo è tutta veneziana la sua
straordinaria abilità nell’uso del colore. Sceglie però di lavorare in
provincia, dove i ‘suoi gesti senza retorica, morbidi, confidenziali e
domestici’ – le parole sono di Anna Banti - incontrano più facilmente i gusti
della committenza. E si fa portavoce di un altro Rinascimento, più intimo e
raccolto, lontano dal tono aulico e maestoso di Tiziano e dal classicismo di
Raffaello.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Fu appunto un uomo inquieto,
impossibile seguire tutti i suoi cambi di abitazione, di città, quel suo andare
e venire, Treviso, Bergamo, le Marche, un anno a Roma – che non era per lui,
esattamente come non lo era Venezia – poi ancora Venezia e di nuovo altre
partenze ed altre case. Non ebbe mai una famiglia sua e finì i suoi giorni, amareggiato
e povero a Loreto, dove si era fatto oblato nella Santa Casa.<o:p></o:p></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-1kHMju0dNec/XaJNIOC3X8I/AAAAAAAABoE/RfMwUdUBK00jg3uU3dezHIgfTtwd1C0GACLcBGAsYHQ/s1600/Lorenzo_Lotto_060-660x762.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="762" data-original-width="660" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-1kHMju0dNec/XaJNIOC3X8I/AAAAAAAABoE/RfMwUdUBK00jg3uU3dezHIgfTtwd1C0GACLcBGAsYHQ/s640/Lorenzo_Lotto_060-660x762.jpg" width="554" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; font-family: "verdana" , "geneva" , sans-serif; font-size: 10.56px;">Lorenzo Lotto , Madonna con Bambino e santi - 1521 Chiesa di San Bernardino in Pignolo, Bergamo (olio su tela) </span></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Di Lorenzo Lotto, che è stato uno
dei più grandi ritrattisti del Cinquecento ho scelto non un ritratto, ma
quest’opera che si trova nella chiesa di San Bernardino in Pignolo a Bergamo,
una classica Sacra Conversazione, con la Madonna e il Bambino al centro accompagnati
da Santi, perché trovo che sia indimenticabile la figura dell’Angelo scrivano.
E’ come ci immaginiamo gli Angeli, con la faccia di bambino, i riccioli biondi,
un filo sottile d’oro a formare una stellina sulla testa, un corpo che fa ombra
e quindi ‘è’ e al tempo stesso ‘non è’, perché l’abito arancio – ora cupo, un
tempo squillante – che lo ricopre sembra vestire il nulla. Magica qui la
pittura di Lotto che gonfia le pieghe intorno alla cintura e al tempo stesso
sembra negare la sostanza di un corpo vero al di sotto di tutta quella stoffa. Una
figura leggerissima quasi inconsistente avvolta in un abito vaporoso. Perché
questo è un Angelo appunto, c’è e non c’è. Un Angelo che ci guarda anche un po’
spazientito ed è anche così che ci immaginiamo gli Angeli, non certo dotati di
pazienza infinita – che è solo dei Santi – ma vagamente dispettosi e
pasticcioni. Come quelli che si arrabattano nel cielo per tenere teso quel
drappo verde che proprio non ci vuole stare in equilibrio e cade da tutte le
parti, la percepiamo benissimo la seta, pesante come il raso, che scivola silenziosa
sul gradino di marmo perfettamente liscio.<o:p></o:p></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-H9XpyvzJSMc/XaJNzlJwlnI/AAAAAAAABoQ/zQsRA1CHORMDO5MEPC4_GSDe5dIAqLxCwCLcBGAsYHQ/s1600/800px-Lorenzo_Lotto_061.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="954" data-original-width="800" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-H9XpyvzJSMc/XaJNzlJwlnI/AAAAAAAABoQ/zQsRA1CHORMDO5MEPC4_GSDe5dIAqLxCwCLcBGAsYHQ/s640/800px-Lorenzo_Lotto_061.jpg" width="536" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; font-family: "verdana" , "geneva" , sans-serif; font-size: 10.56px;">Lorenzo Lotto , Madonna con Bambino e santi - 1521 Chiesa di San Bernardino in Pignolo, Bergamo (olio su tela) Particolare dell'Angelo Scrivano</span></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E’ una Sacra Conversazione, si,
che però ha il ritmo di un racconto e niente di retorico, anzi è ricca di invenzioni sorprendenti. La Madonna è seduta
su un trono a gradini, uno dei quali è la scrivania improvvisata dell’Angelo. Ha
un viso giovane, uno scialle annodato intorno al collo con un lungo strascico,
tenta di richiamare l’attenzione di Gesù Bambino che sembra un po’ distratto e
con un piccolo gesto della mano indica il registro delle preghiere squadernato
di fronte all’Angelo. Gli angioletti lottano con quel baldacchino che non
riesce a stare fermo, l’Angelo ci guarda e sembra interpellare proprio noi, San
Giovanni parla con Sant’Antonio Abate che strizza gli occhi per vedere meglio e
San Giuseppe appare stanco e pensieroso, con i piedi che si appoggiano l’uno
sull’altro. Solo San Bernardino guarda estasiato la Madonna e il piccolo Gesù.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E’ una storia che si svolge sotto
i nostri occhi, un piccolo eterno racconto, destinato ad un pubblico ampio e
semplice (quello che quotidianamente frequentava la piccola Chiesa di San
Bernardino) al quale Lotto sapeva parlare utilizzando un linguaggio facile e
una sottile ironia. Il suo messaggio è semplice, ma le sue invenzioni
iconografiche hanno un fascino senza tempo e la qualità di quest’opera è altissima. I colori innanzi tutto, vivaci, freddi,
quasi trasparenti ed accostati con audaci contrasti: il rosso arancio della
veste di Maria, il suo scialle, forse più strati di un velo leggero, che passa
dal beige all’azzurro chiarissimo, il rosa del manto del Battista un po’
Tiziano un po’ quello che sarà il rosa di Velazquez, il verde cangiante della
seta. E quel bordo di un meraviglioso color prugna che si intravede sotto la
tonaca di Sant’Antonio, chi se non Lotto poteva accostarlo con tanta eleganza
al nero?<o:p></o:p></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-IiRaQm1_Y3s/XaJPLNEn1kI/AAAAAAAABok/3oUd1cBdYOIqLxOHYaZeaWC0Bce1y74WACLcBGAsYHQ/s1600/Lorenzo_Lotto_060-660x762%2Brose.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="181" data-original-width="296" height="244" src="https://1.bp.blogspot.com/-IiRaQm1_Y3s/XaJPLNEn1kI/AAAAAAAABok/3oUd1cBdYOIqLxOHYaZeaWC0Bce1y74WACLcBGAsYHQ/s400/Lorenzo_Lotto_060-660x762%2Brose.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; font-family: "verdana" , "geneva" , sans-serif; font-size: 10.56px;">Lorenzo Lotto , Madonna con Bambino e santi - 1521 Chiesa di San Bernardino in Pignolo, Bergamo (olio su tela) Particolare del gradino del trono</span></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E poi ci sono i particolari,
ciascuno perfetto, ciascuno una piccola storia: i boccioli di rosa e i petali
rimasti sui gradini del trono, la manica scucita e sfilacciata della camicia di
San Giuseppe dalla quale si intravede la fodera e la veste bianca al di sotto,
la luce del tramonto vagamente rosata dietro la sua testa. E da ultimo lo
sguardo interrogativo dell’Angelo che sembra aspettare da noi una parola, una
supplica per completare la frase che sta scrivendo. </div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-sKkISmHKv0Q/XaJPfM8lzcI/AAAAAAAABos/T-Xf_hzYJ_4zLOQ2s9wNuaZ7xd3aUiv_gCLcBGAsYHQ/s1600/manica.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="316" data-original-width="139" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-sKkISmHKv0Q/XaJPfM8lzcI/AAAAAAAABos/T-Xf_hzYJ_4zLOQ2s9wNuaZ7xd3aUiv_gCLcBGAsYHQ/s640/manica.jpg" width="281" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Lorenzo Lotto , Madonna con Bambino e santi - 1521 Chiesa di San Bernardino in Pignolo, Bergamo (olio su tela)- Particolare San Giuseppe</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br />
Ci siamo anche noi in
questa storia, perchè con lo sguardo interrogativo e diretto dell’Angelo Scrivano Lorenzo Lotto ci trasforma da spettatori a personaggi di questo racconto, dando vita ad un modernissimo gioco di inversione, in anticipo su quella che sarà una delle caratteristiche dell'arte del Seicento Barocco.<o:p></o:p></div>
<br />Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-8700186351345446482019-08-20T13:38:00.003+02:002019-08-20T13:38:44.313+02:00Diego VELAZQUEZ - Le Filatrici o La Favola di Aracne (Las Hilanderas) - Museo del Prado Madrid<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Nell’inventario dei suoi beni
redatto dopo la morte di <b>Diego de Silva Velazquez</b> (Siviglia 1599 –
Madrid 1660) sono registrate due copie delle Metamorfosi di Ovidio, una
versione in italiano ed una in castigliano. E nelle Metamorfosi è narrata la
favola di Aracne. La ragazza abilissima tessitrice, orgogliosa delle proprie
capacità si riteneva più abile di Pallade Atena, patrona delle tessitrici.
Atena si traveste da anziana, scende sulla terra e cerca di convincere Aracne
ad essere più modesta, a non sfidare gli dei con i quali lei, mortale, non può
osare competere. Ma Aracne è testarda, assolutamente convinta della propria
superiorità e ad Atena non resta che sfidarla in una gara di abilità. Tessono
arazzi magnifici entrambe, ugualmente belli, sontuosi e perfetti, un pareggio
dunque, ma la fine della storia è scontata: in nessun caso i mortali possono
superare gli dei e Atena indispettita – anche perché la sfrontata Aracne nei
suoi arazzi aveva scelto di rappresentare gli amori illeciti ed eccessivamente
libertini di Giove, padre di Atena e di tutti gli dei – la punisce
trasformandola in ragno, condannata a tessere per l’eternità.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ebbene questa magnifica opera di
Velazquez è la rappresentazione del mito di Aracne.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-86DVW3Y5HGw/XVvaM4tQdiI/AAAAAAAABnY/yxKbLcJ6YeMfegLkBXZTAgKbSe_CpJMCQCLcBGAs/s1600/The%2BSpinners%252C%2Bor%2Bthe%2BFable%2Bof%2BArachne.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1091" data-original-width="1600" height="436" src="https://1.bp.blogspot.com/-86DVW3Y5HGw/XVvaM4tQdiI/AAAAAAAABnY/yxKbLcJ6YeMfegLkBXZTAgKbSe_CpJMCQCLcBGAs/s640/The%2BSpinners%252C%2Bor%2Bthe%2BFable%2Bof%2BArachne.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Diego de Silva Velazquez , Las Hilanderas - 1656 Museo del Prado Madrid (olio su tela) </td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
In realtà il significato di
questo dipinto si era perduto presto, il quadro era noto fino agli inizi del
Novecento semplicemente come <i>Le filatrici</i> (<i>Las Hilanderas</i>): un
attimo di vita – magnificamente riprodotto – nella Manifattura Reale di Santa
Isabel dove si producevano gli arazzi per le residenze del Re. Una sorta di
sontuoso ritorno alle scene di genere che Velazquez dipingeva agli esordi -
l’opera è datata 1656. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Solo agli inizi del Novecento i
critici iniziarono a studiare con attenzione cosa si vede in questo dipinto …
non era affatto una semplice rappresentazione di filatrici al lavoro (in primo
piano) e dame eleganti della corte madrilena che ammirano le tappezzerie (in
secondo piano). I dettagli vennero poco a poco riconosciuti e si intuì il
racconto mitologico – il successivo ritrovamento dell’inventario delle
proprietà di Pedro de Arce, cui apparteneva il quadro, ha confermato che all’epoca
di Velazquez il dipinto era noto come ‘La favola di Aracne’.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La dona anziana in primo piano con
la testa velata sarebbe Atena travestita (dalla veste sporge la gamba tornita e
giovane della dea), la ragazza di schiena con i capelli avvolti in uno chignon
e la camicia bianca inondata di luce, sarebbe Aracne.. e poi ancora in secondo
piano la figura con l’elmo e la lancia un’altra Atena che decreta la punizione
di Aracne, elegantissima al centro della scena, dietro di loro un arazzo con
l’immagine del Ratto di Europa, uno degli amori di Giove tessuti da Aracne. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-cyLOJnEyQFA/XVvaqgiorGI/AAAAAAAABng/8FZnOOTyI3846CmGUukJAQv_0CjzRm3lQCLcBGAs/s1600/The%2BSpinners%252C%2Bor%2Bthe%2BFable%2Bof%2BArachne%2B4.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="554" data-original-width="627" height="564" src="https://1.bp.blogspot.com/-cyLOJnEyQFA/XVvaqgiorGI/AAAAAAAABng/8FZnOOTyI3846CmGUukJAQv_0CjzRm3lQCLcBGAs/s640/The%2BSpinners%252C%2Bor%2Bthe%2BFable%2Bof%2BArachne%2B4.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12.8px;">Diego de Silva Velazquez , Las Hilanderas - 1656 Museo del Prado Madrid (particolare)</span></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ma non è così semplice. Questo
dipinto non ha fino ad ora suscitato l’interesse di tanti filosofi, letterati,
teorici della fotografia e intellettuali come il leggendario Las Meninas, che
ha prodotto decine di interpretazioni e riletture, ma è quasi altrettanto
complesso. Quanti sono i piani della rappresentazione? Se ne possono
individuare quattro: le donne al lavoro in primo piano, poi su una specie di
palcoscenico cui si accede salendo due scalini tre donne in abiti eleganti,
certo non delle filatrici, davanti a loro un terzo ‘strato’ Atena e Aracne che
disputano davanti agli arazzi che hanno tessuto, i quali chiudono (quarto
livello di rappresentazione) la scena.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Cosa vediamo davvero? Cosa ci sta
dicendo Velazquez? Perché Atena e Aracne sono in primo piano e poi anche sullo
sfondo? Perché lo sfondo è più luminoso e brillante del primo piano? Quella che
vediamo sullo sfondo è una rappresentazione teatrale (c’è anche una viola
appoggiata alla parete) alla quale stanno assistendo le tre dame in abiti
contemporanei (una delle quali si rivolge a noi, quasi ad indicarci che è lì
che dobbiamo concentrarci)? E poi la Atena e la Pallade sullo sfondo ci sono
‘davvero’ o sono anche loro arazzo, tappezzeria? E chi sono, se non possono
essere considerate spettatrici le tre dame sullo sfondo? Le tre donne della
Lidia che secondo Ovidio furono le testimoni della gara? Il soggetto del quadro
è ‘solo’ la favola di Aracne, relegata da Velazquez sul fondo del quadro (come
faceva nei dipinti giovanili, in cui metteva in primo piano scene di vita
quotidiana e sul fondo episodi dei Vangeli) e quindi il primo piano rappresenta
davvero solo filatrici?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E ci sono altre complessità:
l’arazzo con il ratto di Europa sullo sfondo riproduce la copia che Rubens
aveva tratto dal <i>Ratto di Europa</i> di Tiziano, dunque per chi sappia
cogliere questa sottile indicazione (da veri esperti!) istituisce – è stato
detto- una linea di discendenza precisa: Tiziano Rubens Velazquez. E’ la storia
del progresso dell’arte, della sua continua evoluzione verso qualcosa di sempre
più perfetto. Questa è una delle letture che è stata data al dipinto. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ce ne sono molte altre: la <i>Favola
di Aracne</i> è stata vista come il manifesto della nobiltà dell’arte, grazie
al lavoro e all’ingegno le semplici informi matasse di lana sparse sul
pavimento in primo piano diventano lo splendido arazzo dello sfondo,
scintillante di colori e di luce. Grazie all’arte gli uomini possono essere
come gli dei. E questo era un tema carissimo a Velzquez che per tutta la vita ha
lottato per ottenere il riconoscimento di un ruolo non subalterno che riteneva
di meritare, pur se privo di titoli ‘veri’ di nobiltà e lignaggio, rivendicando
la dignità elevatissima della pittura, non semplice mestiere artigianale, ma raffinata
attività intellettuale come dimostrano le ultime opere dipinte dal sivigliano,
sofisticate e complesse che intrigano lo spettatore non solo perché ‘pittura
pura’, ne sfidano le capacità di interpretazione.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E’ stato detto che Velazquez in
questo dipinto ci racconta l’intreccio indissolubile tra realtà e finzione: la
vita in primo piano (le filatrici), la finzione teatrale sul palcoscenico e
l’arte rappresentata dagli arazzi. Vita arte finzione, chi riesce a capire cosa
è reale e cosa non lo è? Cosa è arte, finzione, illusione e quale è la realtà?
Dove finisce la favola mitologica e dove inizia la vita vera delle filatrici?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
C’è una tale ricchezza di
suggestioni e di temi da rendere questo dipinto quasi inafferrabile o meglio da
indurci a guardarlo sempre con occhi nuovi, alla ricerca di una nuova lettura.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Forse la più bella
interpretazione è stata data da Karl Justi che nel 1888 ha scritto un testo
capitale su Velazquez e non sapeva ancora che il tema di questo dipinto fosse
la favola di Aracne, riteneva che il vero soggetto fosse la resa della luce,
l’assoluta capacità di Velazquez di rappresentare la luce e scriveva con un
tono poetico che fa amare questo quadro ancora di più: “un raggio allegro, uno
stralcio di giorno estivo madrileno si è perduto nello stretto vano in cui è
esposto l’arazzo… il raggio accende i fili multicolori di lana di seta e d’oro
del tessuto e delle vesti delle dame”.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-fKeP1acMfpk/XVva63OfF7I/AAAAAAAABno/IO9cbJnmi1cGlzA_hkZqFEYo20tKlQswgCLcBGAs/s1600/The%2BSpinners%252C%2Bor%2Bthe%2BFable%2Bof%2BArachne%2B2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="1115" height="458" src="https://1.bp.blogspot.com/-fKeP1acMfpk/XVva63OfF7I/AAAAAAAABno/IO9cbJnmi1cGlzA_hkZqFEYo20tKlQswgCLcBGAs/s640/The%2BSpinners%252C%2Bor%2Bthe%2BFable%2Bof%2BArachne%2B2.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12.8px;">Diego de Silva Velazquez , Las Hilanderas - 1656 Museo del Prado Madrid (particolare)</span></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E infatti uscendo dal labirinto
comunque affascinante di cosa il quadro rappresenta è indispensabile
soffermarsi sul come lo rappresenta, sul fascino di questa pittura senza tempo.
A tratti liquida, compendiaria, filamenti di colore che definiscono le forme –
a mio parere l’abito azzurro di una delle spettatrici sullo sfondo è
indimenticabile e, non so perché, mi ricorda la matassa di fili colorati che
trabocca dal cestino della Merlettaia di Vermeer. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Velazquez ci fa percepire quanto
sono soffici i fiocchi di lana che invadono il pavimento, il pulviscolo che si
solleva e riempie l’aria. Il filo che da gomitolo informe si assottiglia sotto
le mani esperte della filatrice con la camicia bianca, splendida macchia di
luce in primo piano, stoffa che si piega e si arriccia e lascia scoperta una
piccola parte di schiena e la nuca di questa ragazza che immaginiamo
bellissima, perché la sua pelle ha lo stesso colore di quella della celebre <i>Venere
allo specchio</i> della National Gallery di Londra, forse il nudo più
affascinante di tutta la storia dell’arte.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Lo hanno sottolineato tutti e lo
scrivo anche io: la magia della ruota dell’arcolaio in primo piano, Velazquez è
riuscito a dipingere il movimento. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-H_6tqDv7r0s/XVvbFc_YdfI/AAAAAAAABns/P1u7Y3VquVkEuDpxwZBjEOUb7LI8QE3KwCLcBGAs/s1600/The%2BSpinners%252C%2Bor%2Bthe%2BFable%2Bof%2BArachne%2B3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1252" data-original-width="1055" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-H_6tqDv7r0s/XVvbFc_YdfI/AAAAAAAABns/P1u7Y3VquVkEuDpxwZBjEOUb7LI8QE3KwCLcBGAs/s640/The%2BSpinners%252C%2Bor%2Bthe%2BFable%2Bof%2BArachne%2B3.jpg" width="538" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12.8px;">Diego de Silva Velazquez , Las Hilanderas - 1656 Museo del Prado Madrid (particolare)</span></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Davvero il pittore dei pittori come scrisse
Manet. E’ forse questo il tema vero del quadro: la Pittura, pura e assoluta.
Luca Giordano aveva definito <i>Las Meninas</i> la teologia della pittura, <i>Las
Hilanderas</i> non è lontano dall’essere anche lui ‘teologia’.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-8735744560723301002019-08-13T17:55:00.004+02:002019-08-13T17:58:03.132+02:00Preraffaelliti - Amore e Desiderio<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Erano sette, giovanissimi, era il
1848, l’anno dei moti rivoluzionari in tutta Europa, fondarono la Confraternita
dei Preraffaelliti, che all’inizio aveva le caratteristiche di una società
segreta (romantico!) e l’intento subito dichiarato, sin dal nome, di liberare
l’arte dal rigido accademismo in cui – secondo loro - <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>la pittura era caduta dopo Raffaello.
Proponevano anche loro una rivoluzione, tentare di cambiare la vita,
cominciando a cambiare l’arte. Siamo a Londra in epoca vittoriana quando una
rigida morale (spesso puramente di facciata) tentava di imbrigliare ogni
aspetto della vita, esattamente come le regole dell’accademia dettavano i
criteri della ‘vera arte’. E i Preraffaelliti si ribellavano, intendevano rigenerare
l’arte per arrivare a rifondare le regole con le quali condurre la vita, la
loro arte doveva inaugurare un modo nuovo di guardare alla vita.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
L’arte libera e spontanea era
finita con Raffaello e l’algida bellezza delle sue Madonne. Per ritrovare la verità
della pittura si doveva tornare ai primitivi (i pittori del Trecento italiano)
e al primo Quattrocento, senza dimenticare un contatto diretto con la natura,
che porta i Preraffaelliti a dipingere en plein air, anche se con esiti molto
diversi dall’impressionismo (di poco posteriore). </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-sHggqal_pIM/XVLX3B1ZYEI/AAAAAAAABmo/ODH4OQuUCm8nN6IJDsq4_QiPwRXJQE7pACLcBGAs/s1600/Rossetti_N05229.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="624" data-original-width="850" height="468" src="https://1.bp.blogspot.com/-sHggqal_pIM/XVLX3B1ZYEI/AAAAAAAABmo/ODH4OQuUCm8nN6IJDsq4_QiPwRXJQE7pACLcBGAs/s640/Rossetti_N05229.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Dante Gabriel Rossetti - Il sogno di Dante alla morte di Beatrice (1856)</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il loro approccio alla natura
non è puramente ottico come sarà quello degli impressionisti affascinati dalla
luce. I Preraffaelliti erano attratti dalle forme di ogni singolo fiore, dai
dettagli più minuziosi riprodotti con un’attenzione che riproponeva in chiave
moderna quella che era stata la passione tutta gotica per i particolari. Sia
detto per inciso: per quanto i Preraffaelliti ai loro inizi trovassero
ispirazione nell’arte medioevale, proprio nessuna delle loro opere può essere
scambiata per un’opera davvero medioevale – nemmeno quando imitano in maniera
accuratissima le miniature trecentesche come nel<i> Roman de la Rose </i>di
D.G. Rossetti: l’atmosfera che si respira in ogni dipinto è modernissima.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La mostra presenta una raffinata
selezione di opere che raccontano l’avventura di questi giovani e della loro
arte. I tre principali esponenti della Confraternita erano Dante Gabriel
Rossetti (1828-1882), John Everett Millais (1829-1896) e William Holman Hunt (1827-1910):
la confraternita si sciolse dopo soli cinque anni nel 1853, tutti però
continuarono a dipingere e giunsero ad esiti piuttosto diversi dalle premesse
dalle quali erano partiti. All’inizio il pubblico e i critici si mostrarono
assai contrari al loro modo di dipingere - si scandalizzavano della libera
sensualità delle donne che essi rappresentavano, avvolte in chiome lunghissime
e sciolte, dell’ambientazione troppo dimessa e quasi laica delle opere
religiose – ebbero però il sostegno incondizionato di John Ruskin e divennero negli
anni ottanta dell’Ottocento delle celebrità.<span style="font-family: inherit;"> </span><span style="font-size: 14.6667px;">L’esposizione è suddivisa per temi e in tal modo dà conto della molteplicità di interessi di questi artisti, che erano appassionati di poesia (leggevano Chaucer, Dante, Shakespeare, ma anche i poeti romantici e autori moderni come Robert Browning ed erano in alcuni casi poeti e scrittori loro stessi), di leggende medioevali, prendevano ispirazione dalle storie della Bibbia e da temi della loro contemporaneità.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 14.6667px;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E’ indubbio il fascino di questa
pittura tecnicamente molto raffinata, dai colori brillanti e smaltati, quasi da
vetrata medioevale. Molti di loro avevano frequentato scuole d’arte ed erano
abilissimi disegnatori. Forse ai nostri occhi alcune immagini possono sembrare
un po’ ingenue e stereotipate, ma in ogni dipinto esposto vale la pena di
osservare l’armonia dei colori, il fascino di alcuni particolari: i paesaggi
immaginari di cittadine turrite che si intravedono da alcune finestre, i fiori
che si fanno strada tra le pietre di un muro, la morbidezza con cui ricadono i
capelli delle dame, la straordinaria leggerezza della sciarpa violetta di <i>Amore
d’Aprile</i> di Arthur Hughes, alcune minuziose nature morte di tavole
apparecchiate (come ne <i>La proposta</i> di Frederic Georges Stephens), il
racconto di come questi artisti immaginavano il medioevo e l’arte che produsse
e che ‘i confratelli’ <span style="line-height: 107%;">conoscevano
soprattutto grazie alle incisioni che Carlo Lasinio aveva tratto da dipinti
attribuiti a Giotto, a Benozzo Gozzoli e ad altri grandi maestri italiani per
il volume <i>Pitture a fresco del camposanto di Pisa </i>(1832), di cui Millais
possedeva una copia (in mostra è esposta una versione del volume).</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E poi ci sono le icone che fanno
ormai parte dell' immaginario collettivo: i Preraffaelliti sono <i>Ophelia</i>
di Millais e gli straordinari ritratti di donne di Rossetti, forse il più
dotato tra questi artisti. </div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-0J0kABKX5NI/XVLYw5FNbgI/AAAAAAAABmw/ej5C7f66nmwtfcUwy-HIa_Obi6g0emGqgCLcBGAs/s1600/Millais_N01506.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="593" data-original-width="850" height="446" src="https://1.bp.blogspot.com/-0J0kABKX5NI/XVLYw5FNbgI/AAAAAAAABmw/ej5C7f66nmwtfcUwy-HIa_Obi6g0emGqgCLcBGAs/s640/Millais_N01506.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">John Everett Millais - Ophelia (1851-1852)</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Nell’<i>Ophelia</i> (eroina shakespeariana) di
Millais sembra di veder scorrere l’acqua che trascina via lentamente questa
donna bellissima; la modella era Elisabeth Siddal, futura moglie di Rossetti ed
è ormai nella mitologia il racconto di come Elisabeth posò per Millais in abito
da sposa, immersa in una vasca piena d’acqua fredda riscaldata solo da candele,
ammalandosi gravemente. Tutto in questo dipinto è un capolavoro, la sensazione
dell’acqua gelida, il verde smaltato dell’erba, i colori brillanti dei fiori
carnosi e vivi – ognuno ha un particolare significato allegorico - che
contrastano con il pallore mortale di Ophelia, avvolta in un abito che è quasi
una nuvola e la fa apparire senza peso, in balia della corrente. <o:p></o:p></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-KjW3CfpZDh0/XVLZJCjCg8I/AAAAAAAABm8/DTD0-Dvgh2Q2SJkJZfeEAlloIh1_dgFIQCLcBGAs/s1600/N03054.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="850" data-original-width="724" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-KjW3CfpZDh0/XVLZJCjCg8I/AAAAAAAABm8/DTD0-Dvgh2Q2SJkJZfeEAlloIh1_dgFIQCLcBGAs/s640/N03054.jpg" width="544" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Dante Gabriel Rossetti - Monna Vanna (1866)</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E poi le bellezze opulente e
quasi decadenti di Rossetti, una galleria di ritratti femminili di grandissimo
fascino, dipinti a partire dagli anni Sessanta. <i>Monna Vanna</i> immagine
icona della mostra, <i>Monna Pomona</i>, <i>Aurelia</i> …. Opere in cui
l’insieme affascina quanto i singoli dettagli. La collana di corallo di <i>Monna
Vanna</i> sembra crepitare e scrocchiare così attorcigliata intorno alle sue
mani affusolate, il cesto di rose dietro di lei, il blu sontuoso dell’abito di <i>Monna
Pomona</i> e il mazzolino di rose appoggiato sulle pieghe cobalto della
sottana, il suo corsetto di trina, i riccioli ramati di <i>Aurelia</i> e il
delizioso orecchino che le pende da un lobo. Quanta strada ha fatto la pittura
di Rossetti rispetto agli inizi. Qui le pennellate sono libere, corpose, si
sono sostituite al disegno per dare struttura ai corpi, il colore non è più lo
smalto della vetrata medioevale, ma quello ricco e sfumato, quasi atmosferico
della pittura del Cinquecento veneto. Perché è indubbia l’ispirazione
tizianesca di questi busti di donne. Rossetti è partito negando Raffaello e
quanto ne seguiva e si ritrova a dipingere versioni modernissime delle dame del
Cinquecento veneziano.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-B6ZmY-7-TEk/XVLZcf48P3I/AAAAAAAABnE/u-a3lg4XXd8RElSboi2b5-1bUiHey9AXgCLcBGAs/s1600/Rossetti_N02685.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="850" data-original-width="703" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-B6ZmY-7-TEk/XVLZcf48P3I/AAAAAAAABnE/u-a3lg4XXd8RElSboi2b5-1bUiHey9AXgCLcBGAs/s640/Rossetti_N02685.jpg" width="528" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Dante Gabriel Rossetti - Monna Pomona (1864)</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Da ultimo un ‘da non perdere’: la
<i>Veduta di Firenze da Bellosguardo</i> di John Brett. La precisione
lenticolare dell’immagine non toglie niente alla atmosfera incantata della
Firenze di metà Ottocento, attraversata da un Arno davvero d’argento e avvolta
da una luce settembrina che fa capire perché gli inglesi dell’epoca fossero così
innamorati di questa straordinaria città.</div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-iWcjoXoL5i8/XVLZpaaTXTI/AAAAAAAABnI/qXXsgfIYxqkMYS5KGKTwV7b2hTbTwfPoQCEwYBhgL/s1600/Brett_T01560.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="508" data-original-width="850" height="382" src="https://1.bp.blogspot.com/-iWcjoXoL5i8/XVLZpaaTXTI/AAAAAAAABnI/qXXsgfIYxqkMYS5KGKTwV7b2hTbTwfPoQCEwYBhgL/s640/Brett_T01560.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">John Brett - Veduta di Firenze da Bellosguardo (1863)</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-spacerun: yes;">
</span><o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E infine: non so se sia una
coincidenza o il frutto di un piano preciso e molto intelligente ma quest’anno
Milano ha offerto agli appassionati tre mostre complementari, diverse ma
strettamente connesse l’una all'altra, la possibilità di esplorare quanto sia
stato ricco e complesso l’Ottocento della pittura europea: la mostra
Romanticismo alle Gallerie d’Italia, Ingres e il suo tempo a Palazzo Reale e
sempre a Palazzo Reale i Preraffaelliti.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<a href="http://mostrapreraffaelliti.it/" target="_blank">Il sito ufficiale della mostra</a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="background-color: white; font-family: "verdana" , "geneva" , sans-serif; font-size: 13.2px;">La mostra è a Palazzo Reale Milano fino al 6 Ottobre 2019.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-20732485325135666352019-07-08T00:37:00.000+02:002019-07-10T15:37:38.393+02:00GUERCINO - Madonna del Passero - Pinacoteca Nazionale di Bologna Vorrei condividere qui alcune delle mie opere preferite, tentando di raccontarle come le vedo io. Una rubrica che chiamerò Un'opera .. ogni tanto (avevo pensato Un'opera alla settimana, ma è un ritmo impossibile da tenere, temo).<br />
Ecco la prima puntata. Una straordinaria Madonna di Guercino.<br />
<br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Non c’è in tutta la storia dell’arte,
almeno ai miei occhi una Madonna con Bambino più commovente di questa, potrei
guardare questo bimbo paffuto e tenero per ore senza stancarmi mai. E ammiro
moltissimo Sir Denis Mahon, che l’aveva acquistata nel 1946 e lasciata poi in
deposito, alla Pinacoteca Nazionale di Bologna dove tutt’ora si trova, privandosi
di questa dolcissima immagine. Dipinta dal <b>Guercino</b> (soprannome di <b>Giovanni
Francesco Barbieri</b>, <b>Cento 1591</b> – <b>Bologna 1666</b>) tra il 1615 e il 1616 è l’opera
di un pittore poco più che ventenne, che diventerà uno dei grandi della pittura
europea. Tanto che Diego Velzquez nel suo primo viaggio in Italia nel 1629 si
fermò proprio a Cento, minuscolo centro a qualche chilometro da Bologna
probabilmente per conoscere il Guercino. Che però nel frattempo era andato e tornato
da Roma ed era diventato un pittore diverso. I toni bruniti e soffusi di questa
Madonna avevano lasciato il posto a colori più sontuosi e limpidi a forme più
stabili e delineate; questa Madonna invece ha i contorni sfumati e lievi, il disegno
è impercettibile e sono il colore e la luce che definiscono le forme. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-LjTUuca66VE/XSJy2Q70YHI/AAAAAAAABmM/UpS2j_VUN0wp8-da_ejcWP0-xuyOx3R-gCLcBGAs/s1600/guercino%2B%2Bla%2Bmadonna%2Bcon%2Bil%2Bpassero.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="300" data-original-width="221" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-LjTUuca66VE/XSJy2Q70YHI/AAAAAAAABmM/UpS2j_VUN0wp8-da_ejcWP0-xuyOx3R-gCLcBGAs/s640/guercino%2B%2Bla%2Bmadonna%2Bcon%2Bil%2Bpassero.jpg" width="471" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; font-family: "titillium web" , "helvetica neue" , "helvetica" , "arial" , sans-serif; font-size: 13px;">Barbieri Giovan Francesco detto il Guercino, Madonna del Passero - 1615 / 1616 - pinacoteca Nazionale Bologna</span></td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Niente ci dice che si tratti di
una Madonna. Non ci sono aureole, né angeli, né simboli di divinità. Vediamo
solo una giovane donna con i capelli trattenuti da un semplice nastro di stoffa
che tiene in braccio il suo Bambino facendolo giocare con un passerotto. Una mamma
che interrompe le faccende quotidiane e gioca con il suo piccolo splendido
Bambino, che è un capolavoro di tenerezza. Paffuto e morbido ha i piedini grassocci,
il visino bello tondo e un profilo dolcissimo immerso nell’ombra senza che si
perda niente dell’espressione incantata con cui fissa l’uccellino. La mamma lo
cinge con un braccio ma lui per sentirsi più sicuro si aggrappa al vestito di
Maria senza staccare gli occhi dal passerotto, incantato da questo magico gioco.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E’ una scena immobile e
silenziosa, in cui anche la luce si fa strada con cautela, illuminando da
dietro il piccolo Gesù e lasciando nell’ombra i profili di mamma e bambino. Non
succede niente, immaginiamo un gioco senza vederlo realmente eppure è un’immagine
che regala una grande emozione e dimostra come davvero la pittura possa essere
poesia. Tante parole ha speso il Seicento sul tema dell’<i>ut pictura poiesis</i> ma immagini
come questa valgono più di tanti trattati.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il colore è caldo e vibrante,
steso ad ampie campiture spontanee e libere che sfaldano i contorni, lo sfondo
bruno e indistinto, il taglio ravvicinato accentua l'intimità della scena e ci
rende spettatori partecipi. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Guercino era quasi autodidatta,
si era formato in scuole di pittori locali poco conosciuti, studiando con assoluta
devozione le opere di Ludovico Carracci (la cui Sacra Famiglia con San Francesco
era a Cento). In quest’opera le suggestioni sono tante, c’è il vero di natura
che diventa storia sacra – come aveva insegnato Caravaggio - c’è la riscoperta
degli affetti senza affettazione, c’è la capacità, magari ancora inconsapevole, di affascinare lo spettatore e coinvolgerne i sensi e i sentimenti come vorrà
fare la poetica del Barocco.<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-top: 4pt;">
Le Madonne del
Quattrocento e del Cinquecento, di Botticelli o di Raffaello attirano lo
spettatore per la loro bellezza senza tempo, per la perfezione irreale dei
lineamenti, per la capacità di riprodurre l’idea astratta della divinità. Sono
donne che restano lontane dalla esperienza di tutti i giorni, lo spettatore non si
sente ‘nel quadro’, ma lo ammira .. ad una rispettosa distanza. La Madonna di
Guercino ci attira nel quadro, ci rende partecipi della tenerezza che circola
in questo piccolo gruppo familiare, così totalmente umano. Non c’è nessuna
azione, non accade niente, ma chi guarda si sente emotivamente coinvolto, siamo
lì anche noi, silenziosi.<o:p></o:p></div>
Un Guercino totalmente inaspettato per chi abbia
in mente le opere romane o degli anni successivi, più meditate, meno fresche ed
immediate.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Nessuna riproduzione fotografica riesce a trasmettere
pienamente la bellezza di quest’opera, per cui il consiglio è quella di andare
a vederla. Dal vero è indimenticabile.<o:p></o:p></div>
<br />Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-19793994268789634102019-06-19T13:27:00.001+02:002019-06-25T12:39:57.495+02:00 Jean Auguste Dominique Ingres e la vita artistica al tempo di Napoleone<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
C’è sempre almeno un motivo per
visitare le mostre di Palazzo Reale, di solito allestite in modo impeccabile. E
anche questa esposizione non fa eccezione. In una delle ultime sale è esposto
il gigantesco Napoleone di Ingres ('Napoleone sul trono imperiale'), definito dai
curatori ‘icona glaciale, ieratica, simbolica’. Entrare nella sala, avvolta
dalla penombra, con le pareti rivestite di un rosso che si avvicina moltissimo
al porpora dell’immenso velluto che avvolge Napoleone, e trovarsi a tu per tu
con … l’imperatore è una vera emozione. Qualunque cosa pensiate di Ingres, di
questo genere di pittura e di Napoleone stesso, non si può non restare colpiti
da questa immensa tela e dal suo fascino magnetico, vi sarà impossibile,
passarle semplicemente davanti. E così lo sguardo si sofferma sul velluto rosso
e brillante, sui riflessi delle sfere d’avorio del trono, sull’oro delle
decorazioni, sul viso bianchissimo quasi eburneo di Napoleone, dipinto come un
Giove, forse, o come un’icona bizantina – è stato detto: lo sguardo immobile,
fissa lontano e fa sentire a chi guarda tutta la sacralità che l’immagine
doveva ispirare. Non ebbe nell’immediato il successo che Ingres si aspettava. Fu
aspramente criticato perché non somigliava davvero a Napoleone, era troppo
immobile e privo di qualsiasi traccia di vita.<o:p></o:p></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-lpJG9EebOBg/XQoXjx5lJUI/AAAAAAAABlg/DXINRUilX0Q7BbIi7t5-3wdK6KkrAWL3gCEwYBhgL/s1600/Immagine%2Bguida.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1020" data-original-width="640" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-lpJG9EebOBg/XQoXjx5lJUI/AAAAAAAABlg/DXINRUilX0Q7BbIi7t5-3wdK6KkrAWL3gCEwYBhgL/s640/Immagine%2Bguida.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Jean-Auguste-Dominique Ingres - Napoleone sul trono imperiale (1806)</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Non sono riuscita ad afferrare il
filo logico di questa mostra – per altro molto godibile – che intreccia storie
diverse,<span style="mso-bidi-font-family: Arial;"> incentrate sull’arte degli
anni tra la fine del Settecento e i primi venti del 1800, di cui offre un’ampia
rassegna con dipinti, disegni, miniature, statue. L’esposizione inizia dove
anche Jean-Auguste-Dominique Ingres (Montauban 1780, Parigi 1867) aveva
iniziato la sua formazione: nell’atelier parigino di Jacques-Louis David, con
l’esposizione di alcuni nudi maschili, prova obbligatoria per gli studenti
dell’Accademia. Il più emozionante però è quello del maestro, di David, appunto
- pittore geniale che alla fine del Settecento aveva imposto un passo nuovo
alla pittura - il cosiddetto Patroclo: di spalle, seduto su un drappo
sontuosamente rosso, il disegno anatomico – perfetto – è reso meno accademico
da un colore morbido e sfumato.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-bidi-font-family: Arial;">Il racconto della mostra prosegue sottolineando il successo delle donne
pittrici, celeberrima Elisabeth Vigée Le Brun e i suoi ritratti della regina
Maria Antonietta, ma qui mi piace sottolineare la presenza di Marie-Guillemine
Benoist, delizioso il suo autoritratto con i capelli lunghissimi trattenuti da
un nastro e una sorta di peplo greco che le scopre una spalla. Dolcissima e
determinata al tempo stesso: l’energia con cui stringe i pennelli la dice lunga
sulla personalità di questa artista, che aprì per un breve periodo un atelier
al quale potevano iscriversi solo allieve donne.<o:p></o:p></span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-blk9iMBQeUA/XQoYx9GPuEI/AAAAAAAABls/PY6vR-17f2gZmxZ-CiVpbnCiOZ7LNZK5QCLcBGAs/s1600/Marie-Guillemine_Benoist.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="395" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-blk9iMBQeUA/XQoYx9GPuEI/AAAAAAAABls/PY6vR-17f2gZmxZ-CiVpbnCiOZ7LNZK5QCLcBGAs/s640/Marie-Guillemine_Benoist.jpg" width="526" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Marie-Guillemine Benoist - Autoritratto (1790)</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-bidi-font-family: Arial;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-bidi-font-family: Arial;">Poi si entra nel vivo dell’esposizione: Napoleone e la sua famiglia,
fratelli, sorelle e cognati che furono sparpagliati da Bonaparte su tutti i
troni disponibili. Le campagne d’Italia e i rapporti con Milano, in particolare,
dove Napoleone fu incoronato Re d’Italia nel 1805. Arte e politica si
intrecciano per raccontare le vicende di Bonaparte con ritratti, immagini di
propaganda delle sue campagne militari, la riproduzione (opera di Francesco
Rosaspina) del fregio che ornava la sala delle Cariatidi (proprio nel Palazzo
Reale) dipinto da Andrea Appiani con le immagini dei fasti di Napoleone, 39
dipinti monocromatici a tempera che imitavano i bassorilievi antichi. Il fregio
fu distrutto nel 1943 dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Tre
gigantesche teste di marmo di Napoleone, tra queste quella scolpita da Canova,
Napoleone come un imperatore romano, immagine purissima del potere.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-bidi-font-family: Arial;">Una piccola sezione della mostra è per Giovanni Battista Sommariva, uno
dei protagonisti della Milano napoleonica, collezionista e mecenate, qui sono
esposte tra l’altro alcune deliziose miniature che riproducono opere celebri
dell’epoca.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
L’ultima parte del percorso espositivo è interamente dedicata ad Ingres.
Rimarrà un po’ deluso chi cerca i ritratti delle dame francesi e i loro
preziosi abiti alla moda, restituiti da Ingres in tutta la loro frusciante
bellezza oppure le celebri odalische con i turbanti intrecciati di stoffe sontuose, immerse in un’atmosfera di fiaba orientale. In mostra c’è solo la versione in
chiaroscuro (una sorta di monocromo) de ‘La grande odalisca’, alcuni ritratti
maschili, una delle versioni di ‘Raffaello e la Fornarina’ (Ingres aveva una
vera venerazione per Raffaello di cui sognava di poter essere l’erede e dalle
cui opere aveva derivato il culto per la bellezza femminile), il dipinto con Francesco
I che accoglie tra le braccia Leonardo da Vinci morente, in omaggio al
cinquecentenario di Leonardo. Pitture di storia queste ultime, del genere “<i>troubadour</i>”
, che rappresentavano con poca verità e molta fantasia personaggi ed
accadimenti del Medioevo e del Rinascimento.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-bidi-font-family: Arial;"><br /></span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="-webkit-text-stroke-width: 0px; font-family: "Times New Roman"; letter-spacing: normal; margin-bottom: 0.5em; margin-left: auto; margin-right: auto; orphans: 2; padding: 6px; text-align: center; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; widows: 2; word-spacing: 0px;"></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-hkeCaDkU3VM/XQoX9U4ZqDI/AAAAAAAABlk/ynxT0EqGbowkici2plHm9BlHQnV-5eodQCLcBGAs/s1600/18.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="489" data-original-width="640" height="488" src="https://1.bp.blogspot.com/-hkeCaDkU3VM/XQoX9U4ZqDI/AAAAAAAABlk/ynxT0EqGbowkici2plHm9BlHQnV-5eodQCLcBGAs/s640/18.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: small; text-align: start;">Jean-Auguste-Dominique Ingres - Grande Odalisca, versione in chiaroscuro (1830 ca.)<br /></span></td></tr>
</tbody></table>
<br /><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-bidi-font-family: Arial;">E poi ci sono i disegni, nei quali l’abilità di Ingres si dispiega
libera, lontana dalle costrizioni del quadro ufficiale, sono freschi, vivaci e
da ammirare uno per uno: gli schizzi del Duomo di Milano, della chiesa di San
Maurizio, alcuni deliziosi visi di donna. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-bidi-font-family: Arial;">I ritratti, quasi tutti maschili, hanno occhi penetranti fissi in quelli
dello spettatore oppure sguardi malinconici persi altrove, vitalità, linee
morbide e sfondi bruni che si accendono grazie al bianco brillante di un
colletto, al grigio perla del nastro di una cravatta. E’ come se questo artista
avesse due anime o meglio se dipingesse solo con il cuore i ritratti e solo con
la ragione, molta tecnica e poco sentimento il resto della sua produzione.
Molto diversi dai ritratti sono infatti i quadri di storia o a tema religioso: mostrano
panneggi ‘all’antica’ scolpiti in modo tagliente, gesti enfatici e poco naturali,
colori smaltati studiati sul contrapporsi delle tinte complementari (in mostra 'La consegna delle chiavi a San Pietro'). Un’eccezione
è la figura leggera e aggraziata di Stratonice in ‘Antioco e Stratonice’,
avvolta in un abito rosa pallido panneggiato con elegante leggerezza.<o:p></o:p></span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="-webkit-text-stroke-width: 0px; font-family: "Times New Roman"; letter-spacing: normal; margin-bottom: 0.5em; margin-left: auto; margin-right: auto; orphans: 2; padding: 6px; text-align: center; text-decoration-color: initial; text-decoration-style: initial; text-indent: 0px; text-transform: none; widows: 2; word-spacing: 0px;"></table>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-lwAz9r-zBtU/XQoaPx1womI/AAAAAAAABl4/XG1kOqSC5As1Dzm9JuYR6efpv-jREmNywCLcBGAs/s1600/Antiochus_et_stratonice_-_Ingres_-_Mus%25C3%25A9e_Cond%25C3%25A9.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="608" data-original-width="1000" height="388" src="https://1.bp.blogspot.com/-lwAz9r-zBtU/XQoaPx1womI/AAAAAAAABl4/XG1kOqSC5As1Dzm9JuYR6efpv-jREmNywCLcBGAs/s640/Antiochus_et_stratonice_-_Ingres_-_Mus%25C3%25A9e_Cond%25C3%25A9.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: small; text-align: start;">Jean-Auguste-Dominique Ingres - Antioco e Stratonice (1840)<br /></span></td></tr>
</tbody></table>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-bidi-font-family: Arial;">Se uno degli obiettivi della mostra era evidenziare il ruolo di Ingres
come figura chiave di questa epoca di contraddizioni, c’è riuscita
perfettamente. Si evitano i termini ‘neoclassicismo’ e ‘romanticismo’ perché le
etichette rigide non sono più ritenute utili a spiegare le caratteristiche del
gusto e di un’epoca, ma certo la pittura di Ingres ha una sua dualità che è
chiarissima raffrontando due tele giganti in mostra: il Napoleone di cui ho già
detto e l’atmosfera onirica de ‘Il sogno di Ossian’, che doveva decorare la
camera da letto di Napoleone nel palazzo del Quirinale a Roma. Smaltato e
perfettamente nitido Napoleone, immerso in un sogno soffuso Ossian, il colore è
solo nel mondo dei vivi dove Ossian giace appoggiato alla sua lira, il mondo
dei defunti, popolato di fantasmi è avvolto in una fredda tonalità grigia.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-bidi-font-family: Arial;">Ingres muore nel 1867 quando Claude Monet ha 27 anni, Eduard Manet ha
già l’Olympia – per certi aspetti versione rivoluzionaria delle odalische di
Ingres - , sta per nascere l’impressionismo che avrebbe negato ed abolito il
disegno che Ingres amava così tanto. Sarà un altro grandissimo disegnatore,
Pablo Picasso, a riscoprire la modernità di Ingres. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-bidi-font-family: Arial;"><o:p><a href="https://www.mostraingres.it/" target="_blank">Il sito ufficiale della mostra </a></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-bidi-font-family: Arial;"><o:p><br /></o:p></span></div>
La mostra è a Palazzo Reale Milano fino al 23 Giugno 2019.Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-40698060550678465552018-03-03T16:58:00.003+01:002018-03-03T17:18:18.452+01:00Luci del Nord - Impressionismo in Normandia <br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Furono gli artisti inglesi nei
primi anni del XIX secolo a scoprire il fascino della Normandia, attratti
ancora con spirito romantico dalle scogliere ripide a picco sul mare, dal cielo
grigio tempesta, dal vento turbinoso che sollevava le onde e le portava fino al
cielo, una sola macchia indistinta di grigio che fondeva acqua e nuvole. E poi
appena lasciata la costa, verso l’interno, minuscoli villaggi di case di pietra
e frutteti. A questi stessi paesaggi guardarono con occhio diverso i pittori di
una generazione successiva che rifuggivano la visione romantica della natura e
scelsero di riprodurre fedelmente le vibrazioni della luce, il sottile muoversi
delle onde, la trasparenza dell’aria dipingendo <i>en plein air</i>, all’aria aperta,
di fronte ‘al motivo’. Ne è un esempio questa mostra, perfetta, una sequenza di
dipinti che raccontano circa 60 anni di storia della pittura, il lungo e vario
dialogo degli artisti con la natura della Normandia. Ci sono le marine delicate
e preziose di Boudin e quelle di Jonkind pittore di cieli, atmosfere vibranti e
luci, i due maestri che avvicinarono Monet alla pittura di paesaggio. Ci sono
opere di Monet, un (raro) paesaggio di Renoir, Dufy e nomi meno noti che sorprenderanno
il visitatore con la delicatezza delle loro visioni.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-IxBQASCsdoU/WprEN83NBoI/AAAAAAAABis/vEOchk88Nu0NTFEisGZazxhx43Bpj0grwCLcBGAs/s1600/BOUDIN-Trouville-la-jet%2525C3%2525A9e-%2525C3%2525A0-mar%2525C3%2525A9e-haute-v-1888-95..jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1440" data-original-width="1181" height="640" src="https://3.bp.blogspot.com/-IxBQASCsdoU/WprEN83NBoI/AAAAAAAABis/vEOchk88Nu0NTFEisGZazxhx43Bpj0grwCLcBGAs/s640/BOUDIN-Trouville-la-jet%2525C3%2525A9e-%2525C3%2525A0-mar%2525C3%2525A9e-haute-v-1888-95..jpg" width="524" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Eugène Boudin - Trouville la jetée à marée haute (1888-1895 ca)</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Una settantina di opere, poco
viste nei circuiti tradizionali e questo è uno dei meriti dell’esposizione, che
non punta su opere facilmente riconoscibili. Una dopo l’altra raccontano la
Normandia, i suoi porti tranquilli, i cieli grigi, i giardini ombrosi; non la
definirei pittura impressionista, non tutta almeno, l’impressionismo ‘vero’ è
limitato a pochi anni e ad una cerchia ristretta di artisti, ma ‘pittura di
impressione’ si, una pittura apparentemente facile, pennellate libere, giochi
di luce, riflessi sull’acqua, l’assenza totale del disegno e di un impianto
ragionato e accademico della visione. Si sente in molte delle tele esposte la
felicità dell’artista di fronte al motivo, la volontà energica di riprodurre
sulla tela un insieme di luci e di colori che solo ‘per caso’ danno vita a
forme riconoscibili.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il consiglio è quello di
soffermarsi sui particolari, sulle vele delle barche spiegate al vento, sulle
nuvole che sembrano davvero scorrere nel cielo, sui riflessi che fanno brillare
le foglie de ‘<i>La fattoria di Saint-Simeon</i>’ (1873) di Loius-Alexandre Dubourg
che evoca la '<i>Colazione sull’erb</i>a' di Monet dipinta pochi anni prima (l’opera di
Monet fu realizzata tra il 1865 e il 1866). Incantevole ‘<i>Trouville – la jetée à
marée haute</i>’ (ca 1888) di Eugène Boudin, immagine logo della mostra, un quadro
piuttosto piccolo con una straordinaria profondità, lo sguardo si perde all'orizzonte che sembra lontanissimo, immagina il mare aperto al di là del
faro, quasi percepisce il rumore sottile dei remi della barchetta che ci passa
di fronte. Per molti sarà una scoperta Frank Myers Boggs americano trasferitosi
in Francia, presente in mostra con opere molto evocative: ‘<i>Luogotenenza a
Honfleur</i>’ (ca. 1885) è giocato su poche tonalità, grigio, marrone , rosa antico
stese a larghe macchie di colore eppure riconosciamo tutto, gli edifici, gli
alberi delle navi ormeggiate, vediamo la luce del pomeriggio che accarezza gli
edifici e li definisce ai nostri occhi, senza disegno, senza linee di contorno,
colore puro e .. magia della pittura vera. Perché questi pittori non erano solo
‘occhi’ (parafrasando una celebre frase di Cezanne rivolta a Monet) erano anche
cuore e anima e sono riusciti a trasformare un pezzo di tela e una manciata di
colori in tubetto (appena inventati, peraltro, i colori nei tubetti di zinco
avevano reso possibile la pittura fuori dall’atelier) in immagini dal fascino
eterno. Non visioni statiche di un paesaggio studiato al tavolino, ma immagini
di attimi, la sensazione fugace di un riflesso di luce, di un momento di
assoluta bellezza. C’è una grande poesia in tutte queste opere e chi le guarda
anche velocemente non potrà non esserne colpito.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
C’è anche Monet, ovviamente, che
in Normandia era cresciuto. Il suo ‘<i>Pescatori sulla Senna a Rossy</i>’ <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>(1882) è .. un Monet appunto, bellissimo e
poco conosciuto. Solo due tonalità, verde e ocra e pennellate piccole e
indefinite, ma i sette pescatori, magia di Monet, resi con pochi tratti rapidi,
non sono figurine indistinte, tutt’altro, sono uno differente dall’altro,
ciascuno con un atteggiamento suo proprio (vale la pena osservare l’abilità di
questo straordinario artista): c’è quello che aspetta con la pipa in bocca,
quello seduto sul bordo di una piccola barca con la mano in tasca, quello che
ha appena lanciato la sua lenza nell’acqua e quello che aspetta, rassegnato e
paziente, da un po’. </div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-UxKD88Kvecg/WprE0g7DliI/AAAAAAAABi0/C2Clu-mJUSwqbn_Lt1hO8uBjJ-x720TLgCLcBGAs/s1600/Claude_Monet_021.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="373" data-original-width="512" height="466" src="https://1.bp.blogspot.com/-UxKD88Kvecg/WprE0g7DliI/AAAAAAAABi0/C2Clu-mJUSwqbn_Lt1hO8uBjJ-x720TLgCLcBGAs/s640/Claude_Monet_021.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Claude Monet - Pescatori sulla Senna a Rossy (1882)</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Nelle tele di Ludovic Lepic le vele appena accennate
e quasi nere sembrano dipinte a inchiostro ed evocano la sofisticata pittura
giapponese.<br />
Gli anni passano e la pittura va oltre l’impressione, accogliendo
nuove suggestioni. I piccoli tratti rapidi cominciano a sparire, lasciano il
posto a larghi piani di colore piatto. Ne ‘<i>Le pont de pierre a Rouen</i>’ (1881) di
Charles Angrand le silouhettes delle signore avvolte in lunghi cappotti sono macchie
piatte di colore nero nella notte blu ed evocano le geishe nei loro kimoni, con
una sottile allusione alle stampe dell’Ukyo-e.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E infine Raoul Dufy, il suo ‘<i>Le
bassin du Roy au Havre</i>’ del 1907 coloratissimo ha le tinte dense e vivaci dei
<i>fauves</i> e di Matisse, piatte superfici di colore puro, una accanto all’altra a
definire gli edifici affacciati sul porto.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-EAUnUulOguM/WprFFKePpPI/AAAAAAAABi4/8cHudINFBeYmHxIRYWa1A_eI_vstJwfUwCLcBGAs/s1600/RENOIR-Coucher-de-Soleil-vue-de-Guernesey-1893..jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="644" data-original-width="1181" height="348" src="https://1.bp.blogspot.com/-EAUnUulOguM/WprFFKePpPI/AAAAAAAABi4/8cHudINFBeYmHxIRYWa1A_eI_vstJwfUwCLcBGAs/s640/RENOIR-Coucher-de-Soleil-vue-de-Guernesey-1893..jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Auguste Renoir - Coucher de soleil - vue de Guernesay (1893 ca.)</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Volevano oggettività di visione
questi artisti, riprodurre solo ciò che vedevano. Sono riusciti a tramandare a
noi delle immagini così suggestive e ricche di atmosfera che continuano ad
incantare e a far rivivere il fascino di quei luoghi.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<a href="https://www.fortedibard.it/mostre/luci-del-nord-impressionismo-in-normandia/" target="_blank">Il sito ufficiale della mostra.</a><br />
<br />
La mostra è al Forte di Bard a Bard (Aosta) fino al 17 giugno 2018.Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-91482826740190206322016-02-27T22:37:00.000+01:002016-02-27T22:39:38.500+01:00Hayez alle Gallerie d'Italia a Milano<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Tutto Hayez alle Gallerie
d’Italia a Milano. L’esposizione si apre con un gruppo di famiglia nel quale è
stato riconosciuto il primo autoritratto di un giovanissimo – sedicenne – Francesco
Hayez (Venezia, 1791 - Milano, 1882) e
prosegue con quasi cento dipinti disposti in ordine cronologico che ne
illustrano la carriera e in qualche modo anche la vita, dato il numero di
autoritratti presenti, scalati nel succedersi degli anni. Una vita strettamente
intrecciata con le vicende dell’Italia risorgimentale. Hayez è agli esordi
neoclassico, poi pittore di storia, uno dei più celebrati del romanticismo e
sempre, in ogni fase della sua lunga carriera grande ritrattista. Non tutte le
opere in mostra soddisfano il gusto attuale, almeno il mio, ma ci sono due
costanti nell’opera di Hayez che consentono di soffermarsi ammirati davanti ad
ogni suo dipinto: l’uso del colore e la passione. Hayez era nato a Venezia e
sebbene abbia trascorso la maggior parte della vita lontano dalla sua città
natale porterà sempre con sé la sensibilità tutta lagunare per il colore. Si
ritrovano nelle sue opere il rosso di Tiziano, i verdi di Bellini e Veronese
(osservate la calzamaglia del paggio di spalle nella Maria Stuarda, una geniale
invenzione tutta veneziana), le atmosfere cangianti dei cieli veneziani.</div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-W9pLKuFOapU/VtITyXdL-aI/AAAAAAAABNs/NVkMbUOgkb4/s1600/Maris%2BStuarda%2Bnel%2Bmomento%2Bin%2Bcui%2Bsale%2Bal%2Bpatibolo%2B1827.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="456" src="https://1.bp.blogspot.com/-W9pLKuFOapU/VtITyXdL-aI/AAAAAAAABNs/NVkMbUOgkb4/s640/Maris%2BStuarda%2Bnel%2Bmomento%2Bin%2Bcui%2Bsale%2Bal%2Bpatibolo%2B1827.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Maria Stuarda nel momento in cui sale al patibolo - 1827</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E poi
la passione per la bellezza femminile e per la vita che è quello che rende così
affascinanti e coinvolgenti i ritratti – soprattutto quelli femminili – e opere
come il Bacio, presente in mostra con le tre celebri versioni. Il consiglio è
quello di guardarla due volte la mostra: la prima per capire chi era Hayez, la
seconda dimenticando tutto e inseguendo solo il colore, ammirando la resa delle
stoffe, la lucentezza della seta, il nero profondo del velluto, la leggerezza
dei veli e la corposità frusciante dei broccati, soffermandosi sugli sguardi
penetranti dei ritratti, sui colori intensi dei fiori, che hanno petali
vellutati e morbidi.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ma vado per ordine. Hayez
esordisce come pittore neoclassico, i temi sono quelli tipici del genere, il
mito greco e gli eroi della classicità che egli rappresenta guardando alle
statue perfette di Canova, che fu uno dei suoi protettori. Queste ‘nudità
eroiche’ ci sembrano un po’ fredde e lontane, ma l‘elmo di bronzo di Ajace è un
pezzo di bravura. Presto il pittore sceglie altri temi, abbandona il mito per
rivolgersi alla storia medioevale, pretesto per raccontare il disagio tutto
risorgimentale della Milano occupata dagli austriaci, la lotta contro le
oppressioni e la voglia di giustizia e libertà. E’ <i>Pietro Rossi</i> il primo di una serie di dipinti che fa di Hayez uno
dei pittori più ammirati dalla borghesia illuminata e il primo dei romantici.
La freddezza del neoclassico lascia il posto a una pittura più morbida e
sfumata, le composizioni diventano corali, affollate di personaggi nei quali si
riconoscono i ritratti di alcuni dei protagonisti della Milano di quegli anni.
L’attenzione agli abiti e ai particolari è sempre altissima, divertitevi ad
ammirare i dettagli degli abiti femminili, la delicatezza delle capigliature, l’abilità
con cui Hayez ci fa percepire la diversità dei materiali. Ne ‘<i>I due Foscari</i>’ il cielo che si intravede
dalle finestre aperte sulla laguna trascolora dall’azzurro all’oro.</div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-KePtGX7bxX4/VtIUWdhGnII/AAAAAAAABNw/SJjNQeItqu0/s1600/i%2Bdue%2Bfoscari%2B1838%2B40.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="460" src="https://2.bp.blogspot.com/-KePtGX7bxX4/VtIUWdhGnII/AAAAAAAABNw/SJjNQeItqu0/s640/i%2Bdue%2Bfoscari%2B1838%2B40.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">I due Foscari 1838 - 1840</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
In mostra
ci sono anche le due versioni de ‘<i>L’ultimo
bacio dato da Giulietta e Romeo</i>’: la prima che fece scandalo per una Giulietta
troppo appassionata, discinta e addirittura in ciabatte è di grande fascino,
anticipa quella che sarà la coinvolgente bellezza de <i>Il Bacio</i> di Brera. Bellissima l’ambientazione in una rievocazione
di architettura medioevale tipicamente ottocentesca. La seconda versione (di
dieci anni più tarda) è meno affascinante, con un Romeo quasi ‘guitto’ che a
mio parere toglie ogni poesia all’attimo rappresentato.<o:p></o:p></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/--_grozWh90g/VtIUoom3u6I/AAAAAAAABN4/H0ZDdMbDMZo/s1600/AM%2B1841.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/--_grozWh90g/VtIUoom3u6I/AAAAAAAABN4/H0ZDdMbDMZo/s320/AM%2B1841.jpg" width="246" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Ritratto di Alessandro Manzoni - 1841</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E poi ci sono i ritratti. Hayez sceglie
di concentrarsi sul protagonista, niente ambientazioni sofisticate, colonne di
marmo cui appoggiarsi o pesanti tendaggi ad evocare la nobiltà dei
protagonisti. Non poteva mancare il ritratto di Alessandro Manzoni proveniente
da Brera, immagine celeberrima in cui lo scrittore è rappresentato come un
pacato signore di sobria eleganza, dallo sguardo concentrato e serio, messo in
risalto dal bianco perfetto della camicia. Il bianco, un’altra delle
straordinarie abilità di Hayez.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Modernissimo l’<i>Autoritratto in gruppo di amici</i>, in cui il pittore si rappresenta
con occhiali e berretto circondato da quattro amici con un uso originale e
molto moderno della tecnica del non finito.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E da ultimo <i>Il Bacio</i>. Delle tre versioni la più affascinante è quella di Brera.
Lei ha uno splendido abito di raso azzurro cangiante, i capelli che scendono
lungo la schiena, la testa reclinata all’indietro abbandonata tra le mani di
lui. Lui la bacia con intensità, i volti appena visibili dietro l’ampio
cappello. </div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-PsNfU_hrcMA/VtIVBGh7ZII/AAAAAAAABOA/ptlg4xFTaLs/s1600/Il%2Bbacio%2B1859.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="640" src="https://3.bp.blogspot.com/-PsNfU_hrcMA/VtIVBGh7ZII/AAAAAAAABOA/ptlg4xFTaLs/s640/Il%2Bbacio%2B1859.jpg" width="522" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il Bacio - 1859</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Luce e penombra contribuiscono a rendere magica l’atmosfera di
quest’opera, ormai un’icona anche troppo riprodotta. Vista e rivista, ma questo
niente toglie all’emozione che si prova di fronte a questo dipinto, qualunque
sia il significato (patriottico, si dice, per la presenza di colori della
bandiera italiana e francese che si fondono e negli abiti dei due personaggi)
quello che resta è l’immagine davvero romantica di un bacio, di cui Hayez “<i>sa rendere in maniera così convincente tutto
il fascino e il mistero</i>” (Mazzocca).<o:p></o:p><br />
<br />
<a href="http://www.gallerieditalia.com/hayez/" target="_blank">Il sito ufficiale della mostra</a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7303965228883192603.post-28238261095238276602016-01-25T11:01:00.002+01:002016-01-25T18:40:07.812+01:00Claude Monet alla GAM di Torino<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: large;">Ho deciso di inaugurare il mio blog parlando della mostra di
Monet alla GAM di Torino.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: large;">Monet (1840 – 1926) è stato un artista molto complicato.
Contrariamente a quanto si possa pensare la pittura di Monet non è semplice,
immediata e ‘facile’. Di grande fascino sicuramente, spesso incantevole
(soprattutto nell’ultima fase, a mio parere, quella che ha per protagonisti le
ninfee e il suo giardino di Giverny, che purtroppo non è documentata in mostra)
ma certo non facile.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: large;">E se ha un merito la mostra della GAM di Torino è quello di
lasciar intravedere quanto difficile sia stato il percorso di questo artista e
quanto poco immediato sia il concetto che è alla base della sua pittura. Anche
se Monet stesso rifiutava ogni teoria, dipingeva e basta. Inseguendo l’attimo,
la luce, i riflessi sulla neve e sull’acqua. Sforzandosi di fermare sulla tela
le ‘impressioni’ di luce. Ed è qui la impossibilità della sua pittura, la sua
continua lotta, perché fissare l’attimo di vita è una contraddizione
irrisolvibile, nel momento in cui lo pensi non è già più.<o:p></o:p></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: large;">E’ in questo percorso alla ricerca dell’impressione che
Monet ha dato vita ad un nuovo concetto di pittura di paesaggio ed è arrivato
nella fase finale ad una pittura emozionante e suggestiva che apre la via
all’astrattismo, anzi è già astrattismo.<o:p></o:p></span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: large;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: large;">Il ‘paesaggio’ di Monet e degli impressionisti non è più un
fondale statico che ospita la figura umana, è la rappresentazione della
mutevolezza dell’aria, del fluire dell’acqua e della continua evoluzione di
luce e colori. Il paesaggio perde definizione, si frantuma nei riflessi
restituiti dall’acqua, si dissolve nella nebbia e nel colore dell’aria, nella
trasparenza di una giornata luminosa. Eppure il paesaggio non è mai stato così
vero. <table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/-d4IS0kzf8L4/VqXvIhqkwNI/AAAAAAAABNE/YH5WQnaPbww/s1600/monet-12.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="269" src="http://1.bp.blogspot.com/-d4IS0kzf8L4/VqXvIhqkwNI/AAAAAAAABNE/YH5WQnaPbww/s320/monet-12.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><em><b><span style="color: #374c76; font-family: "georgia" , serif; font-size: 11.0pt; line-height: 107%;">Régates à Argenteuil</span></b></em><b><span style="color: #374c76; font-family: "georgia" , serif; font-size: 11.0pt; line-height: 107%;"> 1872</span></b></td></tr>
</tbody></table>
Era una pittura rivoluzionaria, che abbandonava il disegno, la
definizione dei contorni e adottava una pennellata frazionata, svirgolata e
rapida. L’immagine si compone sulla tela grazie a piccoli tocchi irregolari di
colori giustapposti, avvicinatevi alle tele il più possibile e vedrete
scomparire tutto, resta solo un groviglio affascinante di trattini colorati.
Qualche passo indietro e l’immagine si materializza gradualmente ai nostri
occhi: è qui la magia irripetibile di Monet. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: large;">Il pittore arriva per gradi a questi risultati.
L’esposizione si apre con una tela ancora di ‘ispirazione Barbizon’ con colori
scuri, verdi potenti e marroni e si chiude con l’immagine del parlamento di
Londra disfatto nella luce rossastra del tramonto. In mezzo c’è una metà del
suo percorso artistico, la restante, quelle delle ninfee che si sfaldano
progressivamente nell’acqua e nei giochi di luce e di colore non è in mostra. I
quadri esposti sono tutti o quasi degni di essere osservati con attenzione. Ci
sono le barche di Argenteuil che si riflettono nel fiume e l’acqua sembra
davvero tremolare sotto i nostri occhi, ci sono le bandiere della Francia che
sventolano nell’aria e riempiono la sala di colori.<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-IlDyFK8LUd8/VqXv2I8wL6I/AAAAAAAABNU/9FIN7DpCPZs/s1600/monet-16.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="640" src="http://2.bp.blogspot.com/-IlDyFK8LUd8/VqXv2I8wL6I/AAAAAAAABNU/9FIN7DpCPZs/s640/monet-16.jpg" width="393" /></a></td></tr>
</tbody></table>
</span><br />
<h2 style="background: white; margin: 18.75pt 0cm 11.25pt; text-align: center;">
<span style="color: #374c76; font-family: "georgia" , serif;"><span style="font-size: 14.6667px; line-height: 15.6933px;"><i>La rue Montorgeuil à Paris. Fete du 30 juin 1878, 1878</i></span></span></h2>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"></td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: left;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: large;"></span></div>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: large;"> La folla anima le vie di
Parigi, piccole figure si muovono sulle barche e lungo le rive del fiume. Sono
solo stenografate, appena appena stilizzate eppure – potete fare l’esperimento
con tutti i quadri di Monet in mostra- la maestria del suo pennello fa si che
sia possibile percepire che gli uomini hanno un cappello in testa, le donne
portano graziosi abiti e ombrellini. C’è l’esperimento della gigantesca Dejeuner
sur l’herbe </span><br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/-kPAKQFNl0t8/VqXvAgpdcpI/AAAAAAAABM8/AGmZlhnkLBQ/s1600/monet-02.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="640" src="http://4.bp.blogspot.com/-kPAKQFNl0t8/VqXvAgpdcpI/AAAAAAAABM8/AGmZlhnkLBQ/s640/monet-02.jpg" width="556" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><h2 style="background: white; margin: 18.75pt 0cm 11.25pt;">
<span style="color: #374c76; font-family: "georgia" , serif;"><span style="font-size: 14.6667px; line-height: 15.6933px;"><i>Le déjeuner sur l'herbe, 1865-1866</i></span></span></h2>
</td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: large;"></span></div>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: large;">
in cui Monet ancora si cimenta con una pittura che possa essere
accettata al Salon (anche se non lo presenterà mai). Vale la pena in questo
quadro ammirare la stoffa sottile e trasparente delle maniche dell’abito a pois
di Camille, la luce che filtra attraverso le foglie e le vivande ritratte sul
bianco della tovaglia, una torta, della frutta e pollo arrosto. E gustare
l’atmosfera très chic di questo pic nic borghese illuminato dal sole. Perché
anche questo sono stati gli impressionisti i pittori della vita moderna, dei
divertimenti borghesi e della domenica sulle spiagge. Un’altra rivoluzione
rispetto alla pittura dell’epoca che si dedicava quasi esclusivamente a temi
storici e mitologici. Un’ultima annotazione: osservate la cattedrale di Rouen nella
versione che brilla alla luce del sole (ce ne sono due in mostra). <table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://3.bp.blogspot.com/-1lzyBvoiJt0/VqXvnz0a2gI/AAAAAAAABNI/AdVSE85MzqQ/s1600/monet-42.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="320" src="http://3.bp.blogspot.com/-1lzyBvoiJt0/VqXvnz0a2gI/AAAAAAAABNI/AdVSE85MzqQ/s320/monet-42.jpg" width="220" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><h2 style="background: white; font-family: 'Times New Roman'; margin: 18.75pt 0cm 11.25pt;">
<span style="color: #374c76; font-family: "georgia" , serif;"><span style="font-size: 14.6667px; line-height: 15.6933px;"><i>La Cathédral de Rouen, plein soleil, 1893</i></span></span></h2>
</td></tr>
</tbody></table>
Avvicinatevi
al quadro e vedrete solo macchie di colore, ma da lontano le macchie di Monet danno
al portale della Cattedrale una solidità, una tridimensionalità e una sostanza
di reale che nessun disegno in perfetta prospettiva ha mai raggiunto. Monet è
ormai lontano dalla rappresentazione oggettiva dell’impressione fugace, la
Cattedrale di Rouen e il parlamento di Londra aprono la strada all’ultima fase
della sua pittura, quella in cui il suo affascinante tappeto di colori riflette
non un attimo di luce ma la ‘<i>sua’</i>
visione dell’attimo. Perché Monet contrariamente a quello che di lui ha detto
Cezanne non era solo un occhio.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: large;">P.S. In mostra c’è anche un delizioso Pissarro, qualsiasi
galleria di pioppi vedrete percorrendo le strade della Francia vi richiamerà
alla mente questo quadretto di Pissarro e le sue ombre tremolanti sotto il
sole.<o:p></o:p></span></div>
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<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: large;">Torino, GAM. Mostra prorogata fino al 14 febbraio 2016.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: large;"><a href="http://www.mostramonet.it/" target="_blank">Link al sito ufficiale della mostra.</a><o:p></o:p></span></div>
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</div>
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