Amo profondamente la pittura ed ogni forma di arte.

Il mio blog è per coloro che sanno scoprire cose nuove anche a pochi km di casa, sono curiosi della vita e credono che la felicità si possa conquistare amando le piccole cose.

lunedì 20 aprile 2020

Eduard Manet - Sur la Plage - Musée d'Orsay Parigi


Da sempre sono innamorata della pittura perché sono convinta che la pittura - o forse certa pittura, se non tutta – consenta di ampliare i nostri orizzonti e di vedere il mondo in un modo diverso da quello frettoloso e superficiale con il quale lo guardiamo di solito. Certo ‘frettoloso’ non è una parola adatta a questo nostro tempo di forzata assenza di movimento, chissà se e quanto cambieremo quando potremo di nuovo uscire e guardarlo questo nostro mondo. Di sicuro adesso si sente il bisogno di guardare fuori, di sognare quello che ora è impossibile, una passeggiata in montagna, una corsa in un prato, un pomeriggio sulla spiaggia. Qui oggi è una giornata grigia e ventosa, ma è comunque pesante stare chiusi in casa, bello sarebbe respirare l’aria frizzante del vento sul mare. Per questo mi è venuto in mente questo dipinto di Eduard Manet (Parigi 1832, 1885), perché a me il mare piace soprattutto fuori stagione, quando il sole non è accecante, la spiaggia è quasi deserta esattamente come in questa immagine. 
Eduard Manet, Sur la plage - 1873. Musée d'Orsay, Parigi (olio su tela) 

La luce è quella fredda del nord, il vento sospinge le vele delle barche in lontananza, Madame Manet legge al riparo di una veletta di mussola leggera. Manet dipinse questo quadro nel 1873 a Berck-sur-Mer nel Nord della Francia. Non è un paesaggio, Manet non era un paesaggista, ma questo è uno dei momenti in cui la sua pittura si avvicina di più alla pennellata rapida e vivace degli impressionisti. Anche se molti studi dimostrano che Manet non improvvisava quasi mai, correggeva e ricorreggeva tornando molte volte sulle proprie opere, ma con una tecnica straordinaria che non ci fa scoprire ad occhio nudo il lavoro di estrema rifinitura, sembra anzi convincerci del contrario, di pennellate vivaci, frutto di una felice improvvisazione.
Eduard Manet, particolare da Sur la plage - 1873. Musée d'Orsay, Parigi (olio su tela) 

La linea dell’orizzonte in questo quadro è altissima e quattro diverse zone di colore ci fanno percepire la spiaggia, il mare color smeraldo con spruzzi di schiuma bianca vicino alla riva e profondamente blu in lontananza, infine il cielo. Non c’è profondità, manca la terza dimensione come nelle stampe giapponesi – così di moda nella Parigi di fine Ottocento- ma il colore è utilizzato in modo così sorprendente che percepiamo il lieve inclinarsi della spiaggia verso il mare, le onde che si sollevano mosse dal vento, il cielo che scompare dietro l’orizzonte. Qualcuno ritiene che il quadro trasmetta malinconia e solitudine perché i due protagonisti sembrano non comunicare, chiusi nel loro mondo. Non sono d’accordo, a me sembra un momento di pace assoluta, lei assorta nel suo libro lui (il fratello di Manet) disteso a guardare il mare.

Eduard Manet, particilare da Sur la plage - 1873. Musée d'Orsay, Parigi (olio su tela) 

Quello che incanta è la qualità della pittura, non c’è disegno, la mano di Madame Monet è una chiazza gialla e il libro è ottenuto con qualche pennellata di colore bianco .. eppure.. eppure ci sembra tutto perfetto e così chiaramente percepibile. E poi ci sono i particolari: la cuffietta vezzosa di madame Monet, la veletta leggera che lascia intravedere il suo profilo, il nastro nero che ci sembra frusciare nel vento e la pantofola ricamata bianco e arancio che spunta da sotto l’abito che ripara Madame dal sole e dal vento. Una facilità e felicità di dipingere, una qualità di pittura straordinaria che ci rammenta quanto Manet amasse Velazquez.
Eduard Manet, particolare da Sur la plage - 1873. Musée d'Orsay, Parigi (olio su tela) 

Manet non era un impressionista non dipingeva gli effetti mutevoli della luce e raramente lavorava en plein air. In questo caso però alcuni granelli di sabbia rimasti intrappolati nel colore ci dicono che il quadro è stato dipinto sulla spiaggia, possiamo immaginare il cavalletto di Manet piantato nella sabbia e farci trasportare con la fantasia di fronte a quel mare verde azzurro, sulla costa del Nord della Francia, non lontana dalla Normandia. E sappiamo dalle lettere e dai ricordi degli artisti che quei luoghi erano celebri non solo per la bellezza dei paesaggio, il colore cangiante del mare e il vento che sferzava le scogliere ma anche perché erano animati da locande in cui il cibo era semplice ma ottimo, come alla Ferme de Saint-Siméon – frequentata da Boudin, Monet, Jongkind .. - che fino agli anni '60 dell’Ottocento era stata gestita da mère Toutain: lì gli artisti si riposavano gustando sidro di mele e gamberetti freschi. Ecco che un dipinto come questo sa raccontare molte storie, se lo si guarda con occhi attenti: un pomeriggio di libertà sulla spiaggia, le barche che si rincorrono, un pittore alle prese con il vento che schizza granelli di sabba sulla sua tela, una boule di sidro frizzante e fresco al tramonto. Ci fa sognare tutta la libertà che vorremmo adesso e sperare che arrivino presto tempi migliori.

domenica 5 aprile 2020

Nell'anno di Raffaello - Raffaello SANZIO - La Madonna Sistina - Gemäldegalerie Dresda


Un pesante tendaggio verde si apre e un soffio di vento spinge avanti la Madonna con il Bimbo in braccio. Lei appoggia i piedi nudi su un tappeto di soffici nuvole, il Bimbo Gesù intimidito ha i capelli scompigliati dal vento leggero – che muove anche il manto e l’abito di Maria- e un po’ impacciato si stringe una gamba con la manina. Ci guardano fissi negli occhi, la tenda non è ancora completamente aperta, tra un momento forse si aprirà del tutto e la Madonna farà un altro lieve passo verso di noi. O forse no. Si fermerà continuando a guardarci, rendendo impossibile per noi distogliere lo sguardo da questa incredibile apparizione. Maria è molto giovane, ha grandi occhi bruni e il viso regolare e bellissimo di tutte le donne di Raffaello (Raffaello Sanzio, Urbino 1483 - Roma 1520)  divine e non; misteriosa e leggiadra ha la testa circondata da un’aureola quasi invisibile. Ha una spiritualità intensa nei suoi occhi tristi che non trovo in altri dipinti di Raffaello, nessun’altra delle sue Madonne è come questa un’immagine della Divinità. Molte sono bellissime, materne, questa è diversa. Viva e spirituale al tempo stesso. Anche il Bimbo Gesù ha un’espressione nuova, è timido e sgomento, ci fissa con i suoi occhi grandi e spauriti, è paffuto, come i due angioletti appoggiati sulla balaustra, ma ha una natura diversa da loro che assomigliano molto più a bimbi veri di questo piccolo Gesù così divino.
Raffaello Sanzio, Madonna Sisitina - 1512 - 1513 ca. Gemäldegalerie, Dresda (olio su tela) 

Ai lati della Madonna due Santi: Sisto e Barbara. Sisto che ha forse le fattezze del papa Giulio II della Rovere – il committente di quest’opera- ha tolto la tiara in segno di rispetto per Maria e l’ha appoggiata sulla balaustra, una sorta di parapetto che separa il nostro spazio terreno e concreto da questa straordinaria apparizione.
Sisto ha lo sguardo rivolto alla Madonna e con un gesto della mano indica fuori dal quadro, verso di noi, forse sta invitando Maria a guardare proprio noi. Dall’altra parte Santa Barbara avvolta in un sontuoso abito dai colori raffinatissimi: arancio verde azzurro grigio, ha una acconciatura elegante, è inginocchiata con grazia ed ha lo sguardo rivolto verso il basso – ma dove? Verso i due angioletti o ancora fuori del quadro verso qualcosa che era al di sotto di questa incantevole pala d’altare?
Raffaello Sanzio, Santa Barbara - particolare da Madonna Sisitina - 1512 - 1513 ca. Gemäldegalerie, Dresda (olio su tela) 



E poi ci sono i due angioletti, talmente celebri e riprodotti ovunque – su scatole di cioccolatini, ombrelli, quaderni, tappetini per il mouse… - da essere diventati, ahimè, un’immagine a se stante, completamente slegata dal contesto al quale appartengono e che molti non riconducono più nemmeno a Raffaello e ad un dipinto che ha più di 500 anni. Sono affacciati con aria disinvolta al parapetto al fondo della tela, l’uno a braccia conserte, l’altro si appoggia curioso su un gomito, entrambi hanno lo sguardo rivolto verso l’alto, i capelli spettinati e me li immagino in punta dei piedi che tentano di arrivare alla balaustra per vedere cosa sta succedendo là in alto; quasi che qualcuno avesse chiesto loro di affacciarsi da quel parapetto e restare fermi lì fin tanto che la tenda verde resta aperta per noi. E loro aspettano, un po’ curiosi un po’ annoiati, molto più ‘bambini veri’ che angeli.     

Raffaello Sanzio,  Due Angeli - particolare da Madonna Sisitina - 1512 - 1513 ca. Gemäldegalerie, Dresda (olio su tela)

E dunque cosa rappresenta questa tela?
Descritta così sembrerebbe una classica ‘sacra conversazione’. La Madonna con il Bambino accompagnata da Santi in contemplazione della coppia Divina. Di ‘classico’, però c’è davvero poco. Raffaello il più classico dei pittori ha dato vita ad un’immagine straordinariamente innovativa. Non c’è da stupirsi: Raffaello è uno dei vertici di un mondo estremamente colto, raffinato; a Roma, alla corte papale di Giulio II, intreccia relazioni ad altissimo livello con i poeti i letterati e i filosofi di cui il Papa, guerriero certo, ma anche amante della cultura e del bello, amava circondarsi. 
E’ una ‘sacra conversazione’ che esclude – o quasi – ogni elemento terreno: non è ambientata all’interno di una chiesa – come la Pala Montefeltro di Piero della Francesca ad esempio – né in un giardino fiorito, non ci sono elementi architettonici che consentano di collocare questa ‘visione’ in un qualche posto di questa Terra. Perché anche la torre che si intravede dietro Santa Barbara non ha niente di terreno, non è un’architettura ma solo l’attributo della Santa, esattamente come le chiavi lo sarebbero di Pietro. Raffaello che in anni recentissimi aveva inventato le architetture bramantesche e perfettamente misurabili delle stanze vaticane qui affida la sua Madonna con Bambino interamente al cielo, ad uno spazio indefinito e totalmente spirituale, che resta però chiaramente percepibile, profondo, misurabile e concreto anche in assenza di punti di riferimento ‘terrestri’. Un cielo punteggiato da decine di angeli quasi invisibili, tutto si svolge in una dimensione celeste e ultraterrena; se fosse stata dipinta 200 anni prima le figure avrebbero trovato spazio su un sontuoso fondo dorato. L’effetto, solenne e spirituale è lo stesso.

Ma due sottili punti di contatto con il nostro mondo ci sono. Il tendaggio verde che si apre per mostrare la Madonna è pesante, ha una sua gravità terrestre tanto da incurvare l’asta che lo sostiene che cede un po' sotto il suo peso – alla quale è appeso con anelli di ferro che sono uno degli incantevoli dettagli di questo dipinto. E poi c’è la balaustra di legno alla quale si appoggiano i due angioletti e sulla quale è posata anche la tiara di Papa Sisto, sormontata dalla ghianda dei della Rovere. Quegli angioletti che, anche se non ci guardano, sono affacciati verso di noi, in qualche modo ci tirano dentro la scena, sono un ponte – è stato osservato – tra il nostro mondo della Terra e il mondo Divino di Maria e Gesù. Perché al di là della balaustra ci siamo noi ad ammirare in silenzio questa visione e Papa Sisto sembra indicare noi alla Madonna e al Bambino che ci guardano, così da farci sentire coinvolti e partecipi di questa apparizione non semplici spettatori di una ‘visione’.
E’ il gioco sottile degli sguardi che rende indimenticabile questo dipinto, lasciandolo per noi un enigma: la tenda che si apre permette a noi una visione del mondo celeste o consente a Maria e al Bambino di vedere noi e infondere al nostro mondo coraggio e speranza?
Raffaello Sanzio, Madonna con Bambino - particolare da Madonna Sisitina - 1512 - 1513 ca. Gemäldegalerie, Dresda (olio su tela)

E’ un quadro – tra l’altro dipinto su tela non su tavola – che ha una storia intricata e resta appunto difficile da comprendere fino in fondo. Dipinto da Raffaello a Roma nel 1512 su committenza del papa Giulio II della Rovere fu da questi donato alla chiesa di San Sisto a Piacenza dove rimase quasi sconosciuto – o comunque assai meno noto delle celeberrime opere del maestro di Urbino – fino al 1754 anno in cui i monaci benedettini lo vendettero ad Augusto III di Sassonia che lo portò a Dresda dove adesso si trova. E’ in Germania che l’opera conosce la prima grande fortuna critica e moltissimi sono i filosofi, gli storici, gli intellettuali dell’area tedesca e russa – Winckelmann, Goethe, Hegel e Dostoevskij per citarne solo alcuni – che si sono appassionati e commossi di fronte a questo dipinto.
E sulla difficoltà di comprendere fino in fondo il senso di questa ‘visione’ Martin Heidegger ricordava a tutti che “La [Madonna] Sistina dovrebbe stare in una particolare chiesa di Piacenza non in senso storico-antiquario ma secondo la sua essenza di immagine. In conformità a questa, l’immagine sempre esigerà di essere in quel luogo”.  Ovvero: sradicare le opere dal contesto per cui erano nate ci ha fatto perdere molti punti di riferimento per intenderle correttamente.
Data la situazione attuale, poter visitare la mostra organizzata dalle Scuderie del Quirinale per i 500 anni della morte dell’artista – dove peraltro questo dipinto inamovibile non è presente – resterà forse un sogno, per me come per molti altri.


Il sito ufficiale della mostra 1520 - 1483 Raffaello alle Scuderie del Quirinale - Roma
Tutti i programmi RAI dedicati al centenario di Raffaello 5 e 6 aprile