Amo profondamente la pittura ed ogni forma di arte.

Il mio blog è per coloro che sanno scoprire cose nuove anche a pochi km di casa, sono curiosi della vita e credono che la felicità si possa conquistare amando le piccole cose.

martedì 20 agosto 2019

Diego VELAZQUEZ - Le Filatrici o La Favola di Aracne (Las Hilanderas) - Museo del Prado Madrid


Nell’inventario dei suoi beni redatto dopo la morte di Diego de Silva Velazquez (Siviglia 1599 – Madrid 1660) sono registrate due copie delle Metamorfosi di Ovidio, una versione in italiano ed una in castigliano. E nelle Metamorfosi è narrata la favola di Aracne. La ragazza abilissima tessitrice, orgogliosa delle proprie capacità si riteneva più abile di Pallade Atena, patrona delle tessitrici. Atena si traveste da anziana, scende sulla terra e cerca di convincere Aracne ad essere più modesta, a non sfidare gli dei con i quali lei, mortale, non può osare competere. Ma Aracne è testarda, assolutamente convinta della propria superiorità e ad Atena non resta che sfidarla in una gara di abilità. Tessono arazzi magnifici entrambe, ugualmente belli, sontuosi e perfetti, un pareggio dunque, ma la fine della storia è scontata: in nessun caso i mortali possono superare gli dei e Atena indispettita – anche perché la sfrontata Aracne nei suoi arazzi aveva scelto di rappresentare gli amori illeciti ed eccessivamente libertini di Giove, padre di Atena e di tutti gli dei – la punisce trasformandola in ragno, condannata a tessere per l’eternità.
Ebbene questa magnifica opera di Velazquez è la rappresentazione del mito di Aracne.


Diego de Silva Velazquez , Las Hilanderas - 1656 Museo del Prado Madrid (olio su tela) 


In realtà il significato di questo dipinto si era perduto presto, il quadro era noto fino agli inizi del Novecento semplicemente come Le filatrici (Las Hilanderas): un attimo di vita – magnificamente riprodotto – nella Manifattura Reale di Santa Isabel dove si producevano gli arazzi per le residenze del Re. Una sorta di sontuoso ritorno alle scene di genere che Velazquez dipingeva agli esordi - l’opera è datata 1656.
Solo agli inizi del Novecento i critici iniziarono a studiare con attenzione cosa si vede in questo dipinto … non era affatto una semplice rappresentazione di filatrici al lavoro (in primo piano) e dame eleganti della corte madrilena che ammirano le tappezzerie (in secondo piano). I dettagli vennero poco a poco riconosciuti e si intuì il racconto mitologico – il successivo ritrovamento dell’inventario delle proprietà di Pedro de Arce, cui apparteneva il quadro, ha confermato che all’epoca di Velazquez il dipinto era noto come ‘La favola di Aracne’.
La dona anziana in primo piano con la testa velata sarebbe Atena travestita (dalla veste sporge la gamba tornita e giovane della dea), la ragazza di schiena con i capelli avvolti in uno chignon e la camicia bianca inondata di luce, sarebbe Aracne.. e poi ancora in secondo piano la figura con l’elmo e la lancia un’altra Atena che decreta la punizione di Aracne, elegantissima al centro della scena, dietro di loro un arazzo con l’immagine del Ratto di Europa, uno degli amori di Giove tessuti da Aracne.


Diego de Silva Velazquez , Las Hilanderas - 1656 Museo del Prado Madrid (particolare)

Ma non è così semplice. Questo dipinto non ha fino ad ora suscitato l’interesse di tanti filosofi, letterati, teorici della fotografia e intellettuali come il leggendario Las Meninas, che ha prodotto decine di interpretazioni e riletture, ma è quasi altrettanto complesso. Quanti sono i piani della rappresentazione? Se ne possono individuare quattro: le donne al lavoro in primo piano, poi su una specie di palcoscenico cui si accede salendo due scalini tre donne in abiti eleganti, certo non delle filatrici, davanti a loro un terzo ‘strato’ Atena e Aracne che disputano davanti agli arazzi che hanno tessuto, i quali chiudono (quarto livello di rappresentazione) la scena.
Cosa vediamo davvero? Cosa ci sta dicendo Velazquez? Perché Atena e Aracne sono in primo piano e poi anche sullo sfondo? Perché lo sfondo è più luminoso e brillante del primo piano? Quella che vediamo sullo sfondo è una rappresentazione teatrale (c’è anche una viola appoggiata alla parete) alla quale stanno assistendo le tre dame in abiti contemporanei (una delle quali si rivolge a noi, quasi ad indicarci che è lì che dobbiamo concentrarci)? E poi la Atena e la Pallade sullo sfondo ci sono ‘davvero’ o sono anche loro arazzo, tappezzeria? E chi sono, se non possono essere considerate spettatrici le tre dame sullo sfondo? Le tre donne della Lidia che secondo Ovidio furono le testimoni della gara? Il soggetto del quadro è ‘solo’ la favola di Aracne, relegata da Velazquez sul fondo del quadro (come faceva nei dipinti giovanili, in cui metteva in primo piano scene di vita quotidiana e sul fondo episodi dei Vangeli) e quindi il primo piano rappresenta davvero solo filatrici?
E ci sono altre complessità: l’arazzo con il ratto di Europa sullo sfondo riproduce la copia che Rubens aveva tratto dal Ratto di Europa di Tiziano, dunque per chi sappia cogliere questa sottile indicazione (da veri esperti!) istituisce – è stato detto- una linea di discendenza precisa: Tiziano Rubens Velazquez. E’ la storia del progresso dell’arte, della sua continua evoluzione verso qualcosa di sempre più perfetto. Questa è una delle letture che è stata data al dipinto.
Ce ne sono molte altre: la Favola di Aracne è stata vista come il manifesto della nobiltà dell’arte, grazie al lavoro e all’ingegno le semplici informi matasse di lana sparse sul pavimento in primo piano diventano lo splendido arazzo dello sfondo, scintillante di colori e di luce. Grazie all’arte gli uomini possono essere come gli dei. E questo era un tema carissimo a Velzquez che per tutta la vita ha lottato per ottenere il riconoscimento di un ruolo non subalterno che riteneva di meritare, pur se privo di titoli ‘veri’ di nobiltà e lignaggio, rivendicando la dignità elevatissima della pittura, non semplice mestiere artigianale, ma raffinata attività intellettuale come dimostrano le ultime opere dipinte dal sivigliano, sofisticate e complesse che intrigano lo spettatore non solo perché ‘pittura pura’, ne sfidano le capacità di interpretazione.
E’ stato detto che Velazquez in questo dipinto ci racconta l’intreccio indissolubile tra realtà e finzione: la vita in primo piano (le filatrici), la finzione teatrale sul palcoscenico e l’arte rappresentata dagli arazzi. Vita arte finzione, chi riesce a capire cosa è reale e cosa non lo è? Cosa è arte, finzione, illusione e quale è la realtà? Dove finisce la favola mitologica e dove inizia la vita vera delle filatrici?
C’è una tale ricchezza di suggestioni e di temi da rendere questo dipinto quasi inafferrabile o meglio da indurci a guardarlo sempre con occhi nuovi, alla ricerca di una nuova lettura.
Forse la più bella interpretazione è stata data da Karl Justi che nel 1888 ha scritto un testo capitale su Velazquez e non sapeva ancora che il tema di questo dipinto fosse la favola di Aracne, riteneva che il vero soggetto fosse la resa della luce, l’assoluta capacità di Velazquez di rappresentare la luce e scriveva con un tono poetico che fa amare questo quadro ancora di più: “un raggio allegro, uno stralcio di giorno estivo madrileno si è perduto nello stretto vano in cui è esposto l’arazzo… il raggio accende i fili multicolori di lana di seta e d’oro del tessuto e delle vesti delle dame”.


Diego de Silva Velazquez , Las Hilanderas - 1656 Museo del Prado Madrid (particolare)

E infatti uscendo dal labirinto comunque affascinante di cosa il quadro rappresenta è indispensabile soffermarsi sul come lo rappresenta, sul fascino di questa pittura senza tempo. A tratti liquida, compendiaria, filamenti di colore che definiscono le forme – a mio parere l’abito azzurro di una delle spettatrici sullo sfondo è indimenticabile e, non so perché, mi ricorda la matassa di fili colorati che trabocca dal cestino della Merlettaia di Vermeer.
Velazquez ci fa percepire quanto sono soffici i fiocchi di lana che invadono il pavimento, il pulviscolo che si solleva e riempie l’aria. Il filo che da gomitolo informe si assottiglia sotto le mani esperte della filatrice con la camicia bianca, splendida macchia di luce in primo piano, stoffa che si piega e si arriccia e lascia scoperta una piccola parte di schiena e la nuca di questa ragazza che immaginiamo bellissima, perché la sua pelle ha lo stesso colore di quella della celebre Venere allo specchio della National Gallery di Londra, forse il nudo più affascinante di tutta la storia dell’arte.
Lo hanno sottolineato tutti e lo scrivo anche io: la magia della ruota dell’arcolaio in primo piano, Velazquez è riuscito a dipingere il movimento. 


Diego de Silva Velazquez , Las Hilanderas - 1656 Museo del Prado Madrid (particolare)

Davvero il pittore dei pittori come scrisse Manet. E’ forse questo il tema vero del quadro: la Pittura, pura e assoluta. Luca Giordano aveva definito Las Meninas la teologia della pittura, Las Hilanderas non è lontano dall’essere anche lui ‘teologia’. 


martedì 13 agosto 2019

Preraffaelliti - Amore e Desiderio


Erano sette, giovanissimi, era il 1848, l’anno dei moti rivoluzionari in tutta Europa, fondarono la Confraternita dei Preraffaelliti, che all’inizio aveva le caratteristiche di una società segreta (romantico!) e l’intento subito dichiarato, sin dal nome, di liberare l’arte dal rigido accademismo in cui – secondo loro -  la pittura era caduta dopo Raffaello. Proponevano anche loro una rivoluzione, tentare di cambiare la vita, cominciando a cambiare l’arte. Siamo a Londra in epoca vittoriana quando una rigida morale (spesso puramente di facciata) tentava di imbrigliare ogni aspetto della vita, esattamente come le regole dell’accademia dettavano i criteri della ‘vera arte’. E i Preraffaelliti si ribellavano, intendevano rigenerare l’arte per arrivare a rifondare le regole con le quali condurre la vita, la loro arte doveva inaugurare un modo nuovo di guardare alla vita.
L’arte libera e spontanea era finita con Raffaello e l’algida bellezza delle sue Madonne. Per ritrovare la verità della pittura si doveva tornare ai primitivi (i pittori del Trecento italiano) e al primo Quattrocento, senza dimenticare un contatto diretto con la natura, che porta i Preraffaelliti a dipingere en plein air, anche se con esiti molto diversi dall’impressionismo (di poco posteriore). 

Dante Gabriel Rossetti - Il sogno di Dante alla morte di Beatrice (1856)



Il loro approccio alla natura non è puramente ottico come sarà quello degli impressionisti affascinati dalla luce. I Preraffaelliti erano attratti dalle forme di ogni singolo fiore, dai dettagli più minuziosi riprodotti con un’attenzione che riproponeva in chiave moderna quella che era stata la passione tutta gotica per i particolari. Sia detto per inciso: per quanto i Preraffaelliti ai loro inizi trovassero ispirazione nell’arte medioevale, proprio nessuna delle loro opere può essere scambiata per un’opera davvero medioevale – nemmeno quando imitano in maniera accuratissima le miniature trecentesche come nel Roman de la Rose di D.G. Rossetti: l’atmosfera che si respira in ogni dipinto è modernissima.
La mostra presenta una raffinata selezione di opere che raccontano l’avventura di questi giovani e della loro arte. I tre principali esponenti della Confraternita erano Dante Gabriel Rossetti (1828-1882), John Everett Millais (1829-1896) e William Holman Hunt (1827-1910): la confraternita si sciolse dopo soli cinque anni nel 1853, tutti però continuarono a dipingere e giunsero ad esiti piuttosto diversi dalle premesse dalle quali erano partiti. All’inizio il pubblico e i critici si mostrarono assai contrari al loro modo di dipingere - si scandalizzavano della libera sensualità delle donne che essi rappresentavano, avvolte in chiome lunghissime e sciolte, dell’ambientazione troppo dimessa e quasi laica delle opere religiose – ebbero però il sostegno incondizionato di John Ruskin e divennero negli anni ottanta dell’Ottocento delle celebrità. L’esposizione è suddivisa per temi e in tal modo dà conto della molteplicità di interessi di questi artisti, che erano appassionati di poesia (leggevano Chaucer, Dante, Shakespeare, ma anche i poeti romantici e autori moderni come Robert Browning ed erano in alcuni casi poeti e scrittori loro stessi), di leggende medioevali, prendevano ispirazione dalle storie della Bibbia e da temi della loro contemporaneità.

E’ indubbio il fascino di questa pittura tecnicamente molto raffinata, dai colori brillanti e smaltati, quasi da vetrata medioevale. Molti di loro avevano frequentato scuole d’arte ed erano abilissimi disegnatori. Forse ai nostri occhi alcune immagini possono sembrare un po’ ingenue e stereotipate, ma in ogni dipinto esposto vale la pena di osservare l’armonia dei colori, il fascino di alcuni particolari: i paesaggi immaginari di cittadine turrite che si intravedono da alcune finestre, i fiori che si fanno strada tra le pietre di un muro, la morbidezza con cui ricadono i capelli delle dame, la straordinaria leggerezza della sciarpa violetta di Amore d’Aprile di Arthur Hughes, alcune minuziose nature morte di tavole apparecchiate (come ne La proposta di Frederic Georges Stephens), il racconto di come questi artisti immaginavano il medioevo e l’arte che produsse e che ‘i confratelli’ conoscevano soprattutto grazie alle incisioni che Carlo Lasinio aveva tratto da dipinti attribuiti a Giotto, a Benozzo Gozzoli e ad altri grandi maestri italiani per il volume Pitture a fresco del camposanto di Pisa (1832), di cui Millais possedeva una copia (in mostra è esposta una versione del volume).


E poi ci sono le icone che fanno ormai parte dell' immaginario collettivo: i Preraffaelliti sono Ophelia di Millais e gli straordinari ritratti di donne di Rossetti, forse il più dotato tra questi artisti. 
John Everett Millais - Ophelia (1851-1852)

Nell’Ophelia (eroina shakespeariana) di Millais sembra di veder scorrere l’acqua che trascina via lentamente questa donna bellissima; la modella era Elisabeth Siddal, futura moglie di Rossetti ed è ormai nella mitologia il racconto di come Elisabeth posò per Millais in abito da sposa, immersa in una vasca piena d’acqua fredda riscaldata solo da candele, ammalandosi gravemente. Tutto in questo dipinto è un capolavoro, la sensazione dell’acqua gelida, il verde smaltato dell’erba, i colori brillanti dei fiori carnosi e vivi – ognuno ha un particolare significato allegorico - che contrastano con il pallore mortale di Ophelia, avvolta in un abito che è quasi una nuvola e la fa apparire senza peso, in balia della corrente.
Dante Gabriel Rossetti - Monna Vanna (1866)

E poi le bellezze opulente e quasi decadenti di Rossetti, una galleria di ritratti femminili di grandissimo fascino, dipinti a partire dagli anni Sessanta. Monna Vanna immagine icona della mostra, Monna Pomona, Aurelia …. Opere in cui l’insieme affascina quanto i singoli dettagli. La collana di corallo di Monna Vanna sembra crepitare e scrocchiare così attorcigliata intorno alle sue mani affusolate, il cesto di rose dietro di lei, il blu sontuoso dell’abito di Monna Pomona e il mazzolino di rose appoggiato sulle pieghe cobalto della sottana, il suo corsetto di trina, i riccioli ramati di Aurelia e il delizioso orecchino che le pende da un lobo. Quanta strada ha fatto la pittura di Rossetti rispetto agli inizi. Qui le pennellate sono libere, corpose, si sono sostituite al disegno per dare struttura ai corpi, il colore non è più lo smalto della vetrata medioevale, ma quello ricco e sfumato, quasi atmosferico della pittura del Cinquecento veneto. Perché è indubbia l’ispirazione tizianesca di questi busti di donne. Rossetti è partito negando Raffaello e quanto ne seguiva e si ritrova a dipingere versioni modernissime delle dame del Cinquecento veneziano.

Dante Gabriel Rossetti - Monna Pomona (1864)

Da ultimo un ‘da non perdere’: la Veduta di Firenze da Bellosguardo di John Brett. La precisione lenticolare dell’immagine non toglie niente alla atmosfera incantata della Firenze di metà Ottocento, attraversata da un Arno davvero d’argento e avvolta da una luce settembrina che fa capire perché gli inglesi dell’epoca fossero così innamorati di questa straordinaria città.
John Brett - Veduta di Firenze da Bellosguardo (1863)

  
E infine: non so se sia una coincidenza o il frutto di un piano preciso e molto intelligente ma quest’anno Milano ha offerto agli appassionati tre mostre complementari, diverse ma strettamente connesse l’una all'altra, la possibilità di esplorare quanto sia stato ricco e complesso l’Ottocento della pittura europea: la mostra Romanticismo alle Gallerie d’Italia, Ingres e il suo tempo a Palazzo Reale e sempre a Palazzo Reale i Preraffaelliti.


La mostra è a Palazzo Reale Milano fino al 6 Ottobre 2019.