Amo profondamente la pittura ed ogni forma di arte.

Il mio blog è per coloro che sanno scoprire cose nuove anche a pochi km di casa, sono curiosi della vita e credono che la felicità si possa conquistare amando le piccole cose.

martedì 13 agosto 2019

Preraffaelliti - Amore e Desiderio


Erano sette, giovanissimi, era il 1848, l’anno dei moti rivoluzionari in tutta Europa, fondarono la Confraternita dei Preraffaelliti, che all’inizio aveva le caratteristiche di una società segreta (romantico!) e l’intento subito dichiarato, sin dal nome, di liberare l’arte dal rigido accademismo in cui – secondo loro -  la pittura era caduta dopo Raffaello. Proponevano anche loro una rivoluzione, tentare di cambiare la vita, cominciando a cambiare l’arte. Siamo a Londra in epoca vittoriana quando una rigida morale (spesso puramente di facciata) tentava di imbrigliare ogni aspetto della vita, esattamente come le regole dell’accademia dettavano i criteri della ‘vera arte’. E i Preraffaelliti si ribellavano, intendevano rigenerare l’arte per arrivare a rifondare le regole con le quali condurre la vita, la loro arte doveva inaugurare un modo nuovo di guardare alla vita.
L’arte libera e spontanea era finita con Raffaello e l’algida bellezza delle sue Madonne. Per ritrovare la verità della pittura si doveva tornare ai primitivi (i pittori del Trecento italiano) e al primo Quattrocento, senza dimenticare un contatto diretto con la natura, che porta i Preraffaelliti a dipingere en plein air, anche se con esiti molto diversi dall’impressionismo (di poco posteriore). 

Dante Gabriel Rossetti - Il sogno di Dante alla morte di Beatrice (1856)



Il loro approccio alla natura non è puramente ottico come sarà quello degli impressionisti affascinati dalla luce. I Preraffaelliti erano attratti dalle forme di ogni singolo fiore, dai dettagli più minuziosi riprodotti con un’attenzione che riproponeva in chiave moderna quella che era stata la passione tutta gotica per i particolari. Sia detto per inciso: per quanto i Preraffaelliti ai loro inizi trovassero ispirazione nell’arte medioevale, proprio nessuna delle loro opere può essere scambiata per un’opera davvero medioevale – nemmeno quando imitano in maniera accuratissima le miniature trecentesche come nel Roman de la Rose di D.G. Rossetti: l’atmosfera che si respira in ogni dipinto è modernissima.
La mostra presenta una raffinata selezione di opere che raccontano l’avventura di questi giovani e della loro arte. I tre principali esponenti della Confraternita erano Dante Gabriel Rossetti (1828-1882), John Everett Millais (1829-1896) e William Holman Hunt (1827-1910): la confraternita si sciolse dopo soli cinque anni nel 1853, tutti però continuarono a dipingere e giunsero ad esiti piuttosto diversi dalle premesse dalle quali erano partiti. All’inizio il pubblico e i critici si mostrarono assai contrari al loro modo di dipingere - si scandalizzavano della libera sensualità delle donne che essi rappresentavano, avvolte in chiome lunghissime e sciolte, dell’ambientazione troppo dimessa e quasi laica delle opere religiose – ebbero però il sostegno incondizionato di John Ruskin e divennero negli anni ottanta dell’Ottocento delle celebrità. L’esposizione è suddivisa per temi e in tal modo dà conto della molteplicità di interessi di questi artisti, che erano appassionati di poesia (leggevano Chaucer, Dante, Shakespeare, ma anche i poeti romantici e autori moderni come Robert Browning ed erano in alcuni casi poeti e scrittori loro stessi), di leggende medioevali, prendevano ispirazione dalle storie della Bibbia e da temi della loro contemporaneità.

E’ indubbio il fascino di questa pittura tecnicamente molto raffinata, dai colori brillanti e smaltati, quasi da vetrata medioevale. Molti di loro avevano frequentato scuole d’arte ed erano abilissimi disegnatori. Forse ai nostri occhi alcune immagini possono sembrare un po’ ingenue e stereotipate, ma in ogni dipinto esposto vale la pena di osservare l’armonia dei colori, il fascino di alcuni particolari: i paesaggi immaginari di cittadine turrite che si intravedono da alcune finestre, i fiori che si fanno strada tra le pietre di un muro, la morbidezza con cui ricadono i capelli delle dame, la straordinaria leggerezza della sciarpa violetta di Amore d’Aprile di Arthur Hughes, alcune minuziose nature morte di tavole apparecchiate (come ne La proposta di Frederic Georges Stephens), il racconto di come questi artisti immaginavano il medioevo e l’arte che produsse e che ‘i confratelli’ conoscevano soprattutto grazie alle incisioni che Carlo Lasinio aveva tratto da dipinti attribuiti a Giotto, a Benozzo Gozzoli e ad altri grandi maestri italiani per il volume Pitture a fresco del camposanto di Pisa (1832), di cui Millais possedeva una copia (in mostra è esposta una versione del volume).


E poi ci sono le icone che fanno ormai parte dell' immaginario collettivo: i Preraffaelliti sono Ophelia di Millais e gli straordinari ritratti di donne di Rossetti, forse il più dotato tra questi artisti. 
John Everett Millais - Ophelia (1851-1852)

Nell’Ophelia (eroina shakespeariana) di Millais sembra di veder scorrere l’acqua che trascina via lentamente questa donna bellissima; la modella era Elisabeth Siddal, futura moglie di Rossetti ed è ormai nella mitologia il racconto di come Elisabeth posò per Millais in abito da sposa, immersa in una vasca piena d’acqua fredda riscaldata solo da candele, ammalandosi gravemente. Tutto in questo dipinto è un capolavoro, la sensazione dell’acqua gelida, il verde smaltato dell’erba, i colori brillanti dei fiori carnosi e vivi – ognuno ha un particolare significato allegorico - che contrastano con il pallore mortale di Ophelia, avvolta in un abito che è quasi una nuvola e la fa apparire senza peso, in balia della corrente.
Dante Gabriel Rossetti - Monna Vanna (1866)

E poi le bellezze opulente e quasi decadenti di Rossetti, una galleria di ritratti femminili di grandissimo fascino, dipinti a partire dagli anni Sessanta. Monna Vanna immagine icona della mostra, Monna Pomona, Aurelia …. Opere in cui l’insieme affascina quanto i singoli dettagli. La collana di corallo di Monna Vanna sembra crepitare e scrocchiare così attorcigliata intorno alle sue mani affusolate, il cesto di rose dietro di lei, il blu sontuoso dell’abito di Monna Pomona e il mazzolino di rose appoggiato sulle pieghe cobalto della sottana, il suo corsetto di trina, i riccioli ramati di Aurelia e il delizioso orecchino che le pende da un lobo. Quanta strada ha fatto la pittura di Rossetti rispetto agli inizi. Qui le pennellate sono libere, corpose, si sono sostituite al disegno per dare struttura ai corpi, il colore non è più lo smalto della vetrata medioevale, ma quello ricco e sfumato, quasi atmosferico della pittura del Cinquecento veneto. Perché è indubbia l’ispirazione tizianesca di questi busti di donne. Rossetti è partito negando Raffaello e quanto ne seguiva e si ritrova a dipingere versioni modernissime delle dame del Cinquecento veneziano.

Dante Gabriel Rossetti - Monna Pomona (1864)

Da ultimo un ‘da non perdere’: la Veduta di Firenze da Bellosguardo di John Brett. La precisione lenticolare dell’immagine non toglie niente alla atmosfera incantata della Firenze di metà Ottocento, attraversata da un Arno davvero d’argento e avvolta da una luce settembrina che fa capire perché gli inglesi dell’epoca fossero così innamorati di questa straordinaria città.
John Brett - Veduta di Firenze da Bellosguardo (1863)

  
E infine: non so se sia una coincidenza o il frutto di un piano preciso e molto intelligente ma quest’anno Milano ha offerto agli appassionati tre mostre complementari, diverse ma strettamente connesse l’una all'altra, la possibilità di esplorare quanto sia stato ricco e complesso l’Ottocento della pittura europea: la mostra Romanticismo alle Gallerie d’Italia, Ingres e il suo tempo a Palazzo Reale e sempre a Palazzo Reale i Preraffaelliti.


La mostra è a Palazzo Reale Milano fino al 6 Ottobre 2019.


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