Amo profondamente la pittura ed ogni forma di arte.

Il mio blog è per coloro che sanno scoprire cose nuove anche a pochi km di casa, sono curiosi della vita e credono che la felicità si possa conquistare amando le piccole cose.

domenica 4 aprile 2021

Piero della Francesca - La Resurrezione - Museo Civico, Sansepolcro (Arezzo)

Non c’è in tutta la storia della pittura occidentale un’immagine che più di questa evochi la forza di un Uomo, di un Re, di un Pensiero. Un Vincitore. Nessun ‘potente della terra’ è mai stato protagonista di un dipinto che come questo attragga magneticamente. Il Gesù Risorto di Piero della Francesca (Borgo San Sepolcro 1420 ca. – 1492) non ha bisogno di scettri, di mantelli trapunti di oro né di corazze lucenti per convincere chi guarda del fatto che si tratta di un Vincitore. Il suo corpo scolpito di muscoli elegante come quello di un atleta classico è appena offeso dalle ferite della Crocifissione, ricoperto da una tunica rosa pallido che la sua mano sinistra trattiene con energia formando una cascata di pieghe dense di colore. La mano destra sorregge un vessillo semplicissimo, una croce rossa in campo bianco, sulla sua testa poggia una sottile aureola dorata ma non è certo questa che crea l’aurea di regale potenza di Gesù. E’ la sua presenza fisica e trascendente al tempo stesso, la forza vitale con la quale il piede sinistro appoggia sul sarcofago, saldissimo, facendoci sentire la presenza qui e ora di Cristo mentre il suo sguardo ci oltrepassa e va in un oltre che non possiamo immaginare. Uno sguardo intenso, concentrato, fermo, severo e rassicurante al tempo stesso, quello di un Dio che può proteggerci da tutto, di un filosofo di infinita saggezza. Ai suoi piedi, addormentati davanti al sarcofago, quattro soldati ricoperti di pesanti armature sembrano niente a confronto dell’Uomo bellissimo e grande che li sovrasta. Quattro figurine prive di forza nonostante le armi e le corazze.

Piero della Francesca , La Resurrezione, 1467 (?), Sansepolcro - Museo Civico 

Alle spalle di Gesù si distende quello che si intuisce essere un magnifico paesaggio collineare – purtroppo in condizioni non ottimali, nonostante il restauro del 2018 – il cielo terso illuminato dalla luce quasi argentea del primo mattino, il digradare dolce delle colline punteggiate di verdi cespugli, la torre svettante di un piccolo borgo. Alla destra di Cristo gli alberi sono ancora spogli e scheletriti dall’inverno, alla sua sinistra la natura è rinata. E’ la valle del Tevere, lungo la quale sorge Borgo San Sepolcro (oggi semplicemente Sansepolcro) paese natale di Piero della Francesca al confine tra Umbria e Toscana. La leggenda vuole che la sua fondazione sia legata al culto delle reliquie del Santo Sepolcro riportate dalla Terra Santa da due pellegrini, Egidio e Arcano. E infatti questo straordinario affresco non è stato dipinto per essere collocato in un luogo sacro ma per un edificio di uso civile a celebrazione del Borgo San Sepolcro che aveva in Gesù risorto il suo invincibile protettore.

La costruzione del dipinto, come sempre in Piero, è raffinatissima. I colori sono intrisi di luce, poche tinte alternate tra loro con un ritmo quasi matematico – le armature dei soldati sono combinazioni diverse di verde viola marrone e rosso – la composizione è una piramide che ha Gesù al vertice e alla base i soldati, ognuno dei quali ha una diversa collocazione nello spazio e contribuisce a definirne la profondità. I soldati sprofondati nel sonno sono disposti su due piani diversi, le loro figure si aprono a ventaglio lasciando intuire a chi guarda la fisicità dello spazio che occupano.

Piero della Francesca , La Resurrezione, 1467 (?), Sansepolcro - Museo Civico - particolare    dei soldati



Piero della Francesca non fu solo pittore ma anche grande matematico e studioso di geometria (ci ha lasciato due trattati sulla teoria della prospettiva De Prospectiva Pingendi e il Libellus de quinque corporibus regolaribus) e gli studi matematici restano a fondamento di tutta la sua arte pittorica. Parlare di ‘astrazione’ per la pittura di Piero mi sembra fortemente anacronistico anche se la sua essenzialità piacque molto agli astrattisti del primo Novecento. C’è piuttosto in Piero un amore per la semplificazione delle forme, per la ricerca della geometria nella natura: è la sua inclinazione da matematico che lo porta a tracciare forme pure, tutto nella sua pittura è monumentale e sembra come sospeso nel tempo e per questo immobile ed eterno.

E’ uno dei pittori più affascinanti – e complessi – del Rinascimento italiano e forse di tutta la storia della pittura, paragonabile per certi aspetti a Vermeer, ugualmente essenziale, monumentale anche nei quadri di dimensioni piccolissime, eterno.

Poche sono le notizie certe sulla sua vita, scarsissimi anche i dati sulla sua formazione anche se tutti gli studiosi concordano su un periodo di apprendistato con Domenico Veneziano.

Piero della Francesca , La Resurrezione, 1467 (?), Sansepolcro - Museo Civico - particolare  


La tradizione vuole che il soldato con i capelli scuri e ricci e la testa appoggiata al sarcofago sia un autoritratto di Piero.

Da ultimo: auguri di cuore per una Buona Pasqua, nonostante i mesi difficili che stiamo vivendo. 

domenica 17 gennaio 2021

Jean Auguste Dominique INGRES - Ritratto della Contessa d'Haussonville - The Frick Collection, New York

Ho scelto questo quadro di Jean Auguste Dominique Ingres (Montauban 1780 - Parigi 1867) perché Madame è appena rientrata da teatro. Distrattamente appoggiati sulla consolle dietro di lei ci sono il piccolo binocolo e una borsetta da sera, di raso azzurro ricamato, piccolissima come quelle che ci piacciono oggi e nelle quali niente si può inserire, tranne qualcosa di realmente minuscolo e spesso inutile. Lo scialle di seta gialla dorata è sulla poltrona, appena abbandonato, non stupirebbe immaginare la Viscomtesse scalza, dopo aver lasciato da qualche parte sul pavimento anche le scarpine certo graziosissime ma molto scomode. E si è fermata un attimo, rivolta ad ascoltare il suo interlocutore, che forse commenta lo spettacolo finito da poco.

Jean Auguste Dominique Ingres , Ritratto della Contessa d'Haussonville - 1845 New York, The Frick Collection©

Trovo questo ritratto straordinario, ma questo non è il solo motivo per cui l’ho scelto: è particolarmente evocativo in un momento come questo in cui manca a tutti la possibilità di sedersi sulla poltrona di un teatro, di un cinema, o sostare davanti a un quadro vero in un museo, senza doversi accontentare di una riproduzione digitale.

Tutto in questo dipinto è affascinante, lei è bellissima (e lo era davvero, non è un ‘trucco da pittore’) con pallidi occhi grigio azzurri, capelli lisci castano dorati che immaginiamo lunghissimi, acconciati in trecce e legati in uno chignon che vediamo riflesso nello specchio e che si sta un po’ disfacendo. Era nipote di madame de Stael, scrittrice lei stessa, prendeva lezioni di pianoforte da Chopin.


Jean Auguste Dominique Ingres , Ritratto della Contessa d'Haussonville - 1845 New York, The Frick Collection© particolare























E il pennello di Ingres – che in questo dipinto è quasi magico – ci restituisce tutto questo, una giovane donna perfettamente a proprio agio, confidente della propria intelligenza e bellezza, senza ostentazione ma con una elegante sicurezza di sé, solo i grandi ritrattisti riescono a trasmettere sensazioni così definite. Ingres avrebbe voluto essere un grande pittore di storia e faceva ritratti solo perché gli garantivano un guadagno sicuro. Ma quello che di lui ammiriamo oggi sono soprattutto i ritratti, tutti o quasi ricchi di grandissimo fascino, immagine di un’epoca e di una società, mentre i suoi quadri di storia così accademici e freddi, mancano, almeno ai miei occhi, di quel tocco magico e vitale che hanno opere come questa.


Ci sono due modi per guardare questo dipinto. Subito si rimane conquistati dalla bellezza di Louise-Albertine d’Haussonville, dalla lucentezza setosa del suo abito di raso azzurro, dall’armonia dei colori che scalano dall’azzurro pallido dell’abito, al blu intenso del velluto che ricopre la mensola, fino al grigio azzurro delle pareti. Tutto questo azzurro-blu è illuminato da bagliori giallo dorati – la cornice dello specchio, lo scialle, l’ottone con il quale sono rifiniti gli eleganti vasi di porcellana blu-, dal rosso del nastro nei capelli di Madame e da tocchi di rosa nei fiori dietro di lei. Tutto è talmente armonico e aggraziato da non farci notare che l’anatomia della Viscomtesse – come spesso in Ingres – è totalmente irrealistica, dato che il braccio destro che tiene appoggiato davanti a sé non ha nessun senso (in che posizione è la spalla e quanto è sproporzionatamente lungo rispetto all’altro?). L’abilità di Ingres nella resa dei diversi materiali è stupefacente, sembra di sentir frusciare la seta, il velluto blu è ricco e pesante, i fiori nel piccolo vaso sono fragilissimi. 

Jean Auguste Dominique Ingres , Ritratto della Contessa d'Haussonville 1845 - New York, The Frick Collection© particolare

Dalla visione di insieme si passa ad ammirare i singoli dettagli che aprono un mondo: i gioielli – anello e bracciale – con la piccola pietra di turchese, il cachepot nel quale è sistemata una composizione di piccole rose – forse – e tulipani, i biglietti da visita appoggiati sulla mensola, con il bordo piegato a formare un piccolo angolo a segnalare che il visitatore è passato quando la Viscomtesse non era in casa. La nappa del cordone di seta intrecciata che corre lungo lo specchio mollemente appoggiata sul velluto. Le trine raffinatissime e diafane che ornano le maniche dell’abito e la scollatura – la vediamo riflessa nello specchio. Sembra la riproduzione di un attimo, ma Ingres eseguì decine di disegni preparatori e impiegò tre anni a portare a termine il dipinto – iniziato nel 1842 è firmato 1845 sulla poltrona a destra della Viscomtesse.

Infine: la quantità di dettagli, di particolari che sembrano ancorare questo ritratto ad un attimo preciso, ad una stanza precisa della casa di Louise-Albertine non devono far dimenticare che anche in questo caso Ingres mette in scena un suo mondo ideale, quell’ideale di armonica bellezza che perseguiva stregato dalla pittura di Raffaello. La calma serenità della Viscomtesse, la sua posa salda e aggraziata, il viso ovale, l’arco perfetto delle sopracciglia, i capelli liscissimi e spartiti in due da una geometrica scriminatura sono l’immagine di bellezza che Ingres perseguiva. Niente era lasciato al caso. Eppure questa e molte altre donne – e uomini – di Ingres non sono dee irraggiungibili e totalmente irreali, hanno una forza di realtà e una presenza che percepiamo fortissime anche oggi.


Il sito della Frick Collection a New York (ricchissimo di contenuti e suggestioni).