Amo profondamente la pittura ed ogni forma di arte.

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domenica 22 gennaio 2023

Peter Paul Rubens - Adorazione dei pastori - Pinacoteca civica, Fermo

Se qualcuno descrivendo una grande pittura su tavola vi raccontasse che rappresenta l’Adorazione dei pastori, che la Madonna ha il volto di una dea di marmo, uno dei pastori una sontuosa tunica rosso ciliegia e il volto e la posa di una statua classica, che su Gesù bambino si dirige in picchiata una schiera di angeli ‘alla Tintoretto’, che uno di questi hai i riccioli di Correggio e che tutto il dipinto è attraversato da contrasti luce ombra profondissimi come quelli di Caravaggio…beh pensereste forse ad un erudito ‘pastiche’ privo di anima e di bellezza.



                                     Peter Paul Rubens, Adorazione dei pastori, 1608, Fermo - Pinacoteca Civica

E invece. Invece se l’autore è un giovane Peter Paul Rubens (Siegen 1577 – Anversa 1640), si rimane stregati dalla magia di questo dipinto. E’ a Fermo, nella pinacoteca locale, in una specie di mezzanino che dà accesso alle collezioni del piano superiore – almeno era così quando l’ho visto io qualche anno fa. Appeso da solo su una parete bianca avvolge totalmente chi guarda, incantato prima di tutto dal bagliore dorato che si sprigiona dal piccolo Gesù, qui veramente Luce del mondo. E’ lui che attira irrimediabilmente il nostro sguardo, un bimbo paffuto, addormentato, appena accennato con pennellate rapide e pochi dettagli, al contrario delle figure che lo circondano dotate di fisionomie molto più definite. Eppure è quella luce dorata che è il centro del quadro e dalla quale è difficile allontanarsi.

Rubens dipinse l’Adorazione dei Pastori a Roma nel 1608 quando volgeva ormai al termine il suo soggiorno italiano, durato otto anni – era arrivato nel 1600 - durante i quali aveva viaggiato, visto e imparato moltissimo: aveva visto statue di marmo recuperate in quei tempi dagli scavi che si andavano intensificando a Roma, la pittura di Tintoretto, Tiziano e Caravaggio (che muore nel 1610 e le cui invenzioni ardite erano una strabiliante novità nel panorama artistico romano). Era stato a Venezia, Firenze, Mantova e a Genova e aveva certo visto la ‘Notte’ di Correggio, che tutti riconoscono come illustre precedente di questa Adorazione. Il dipinto di Correggio ha un’impostazione simile, lucenti bagliori luminosi, ma tutt’altra dolcezza e uniformità di toni. Non ci sono contrasti in Correggio, ma solo una soffice armonia di tinte e di tonalità, l’atmosfera è leggiadra e serena totalmente priva dei toni concitati e contrastati di Rubens. 

                             Antonio Allegri il Correggio, Adorazione dei pastori (La notte),  1525-1530 ca, Dresda, Gemaldegalerie 

Tutto ciò che Rubens aveva studiato e fissato nella mente è rielaborato in maniera così personale da risultare totalmente nuovo: si avverte un’eco di classicità, un amore profondo per la cultura del Rinascimento italiano, ma nessuna imitazione né citazione esplicita. Rubens è Rubens. Del resto Bellori – citato da Anna Lo Bianco – nella biografia di Rubens scrive che “Benchè egli stimasse sommamente Raffaele e l’antico, li alterava tanto con la sua maniera che non lasciava in esse forma o vestigio per riconoscerle”.

Al centro del dipinto, il piccolo Gesù giace come vuole la tradizione sulla mangiatoia, su un povero lettino di paglia che i bagliori di luce sontuosamente dipinti fanno apparire giallo oro. Dorme beato, ha le guance piene e rosate, le manine chiuse a pugno appena definite e le gambine cicciotte. E’ avvolto in un pannicello che ha la morbida fragranza del lino e la trasparenza di un velo. Maria lo solleva con un gesto aggraziatissimo delle mani che si incrociano con gentilezza. Indossa un manto che è una magia di colori che si fondono uno nell’altro, porpora, rosso vivo, tracce di azzurro e blu profondo. Il suo viso più degli altri è investito dalla luce del piccolo Gesù e ci appare chiarissimo, le gote lievemente rosate, un profilo pieno e nitido, nel quale si è pensato di riconoscere (Anna Lo Bianco) una Niobe ritrovata a Roma nel 1583. 

 Peter Paul Rubens, Adorazione dei pastori, -particolare Bibmo Gesù 1608, Fermo - Pinacoteca Civica


Anche il pastore in primo piano sembra provenire dall’antica Roma: la sua veste sontuosamente rossa è quasi una toga, ha una struttura fisica potente e un bellissimo viso incorniciato dalla barba - come un imperatore romano. Dietro di lui un’anziana donna con un volto quasi caravaggesco segnato da rughe profonde e il capo coperto da una cuffia bianca che invece ci riporta nell’area fiamminga da cui Rubens proveniva. Ognuna delle figure intorno a Gesù ha un diverso atteggiamento, reagisce in modo differente alla visione nel bambino e contribuisce a dare dinamismo e varietà alla composizione (ci sarebbe da chiedersi se Rubens nel dipingere i suoi pastori così diversamente reattivi non abbia meditato a lungo sull’Ultima Cena di Leonardo nella quale appunto ciascuno dei dodici apostoli reagisce e sobbalza in modo personalissimo all’annuncio di Gesù ‘qualcuno di voi mi tradirà’). In alto volteggia un giro di Angeli che sembrano quasi planare sul piccolo Gesù, avvolti da panni che svolazzano e si arricciano in mille pieghe, in un gioco continuo di luce e ombre profonde. Arrivano da una notte molto buia ed è la luce del Bambino che a tratti li illumina e mette in risalto l’oro dei riccioli. All’esterno della capanna il buio è totale, una notte scurissima e nera, un po’ inquietante. Anche il profilo di San Giuseppe si perde nell’oscurità e la sua figura quasi una grisaille si scorge appena alle spalle della Madonna. Eppure ne avvertiamo lo sguardo assorto e concentrato sul volo di angeli su in alto: un altro brano eccelso di pittura, che non passa inosservato nonostante l’assenza di colore. La sua figura e quella del pastore in piedi dal lato opposto che si porta una mano al viso per proteggersi dalla luce non sono intere, sono ‘tagliate’ dalla cornice del quadro, a suggerire che abitano in parte lo spazio dove siamo noi, gli spettatori al di là del quadro. Un espediente che diventerà tipico del barocco: coinvolgere chi guarda fino a sentirsi parte della scena che si prolunga nello spazio che noi abitiamo.

 Peter Paul Rubens, Adorazione dei pastori - dettaglio del pastore - 1608, Fermo - Pinacoteca Civica

Siamo nel 1608, Rubens è all’inizio della sua carriera. Non è ancora il pittore delle favole mitologiche, teatrali vortici di dee piene e carnose, di divinità muscolari dipinte con colori prima sontuosi e pieni, poi sempre più liquidi, dei ritratti regali o dei drammatici dipinti a tema religioso, capisaldi della storia della pittura ma decisamente eccessivi. Qui Rubens è più misurato, in qualche modo più classico, ma la maniera di concepire lo spazio, l’attenzione per i bagliori improvvisi di luce e la qualità altissima del colore che lo fanno ritenere il padre della pittura Barocca ci sono già tutti.

Il dipinto fu commissionato dai padri Oratoriani per la chiesa di San Filippo Neri a Fermo dove fu collocato nel giugno del 1608 e rimase quasi dimenticato fino al 1927, quando Roberto Longhi passando da Fermo lo scoprì con grande emozione. Possiamo immaginarlo.


Anna Lo Bianco (a cura di), Rubens, Adorazione dei pastori, catalogo della mostra, tenutasi a Milano a Palazzo Marino nel 2015, edito da Marsilio