Amo profondamente la pittura ed ogni forma di arte.

Il mio blog è per coloro che sanno scoprire cose nuove anche a pochi km di casa, sono curiosi della vita e credono che la felicità si possa conquistare amando le piccole cose.

lunedì 15 aprile 2024

ATTIMI - Vincenzo Campi - La Fruttivendola

Si può apprezzare ed amare un dipinto (come qualsiasi altra cosa del resto) anche solo per alcuni suoi particolari, per un singolo dettaglio. E nell’opera di oggi, la Fruttivendola di Vincenzo Campi c’è a mio parere un dettaglio che la rende indimenticabile, per cui ho scelto di parlarne nella rubrica ATTIMI: il cesto ricolmo di baccelli (questo è il termine toscano, penso che in italiano si chiamino ‘fave’) appena colti che si mischiano ai fiori rosa con i petali delicatissimi e fragili.

le foto dei dettagli sono mie



Vincenzo Campi (Cremona, 1536 - 1591) è il più giovane dei tre fratelli Campi (Giulio e Antonio gli altri due), protagonisti con la loro bottega della vivace stagione artistica che caratterizza Cremona alla fine del XVI secolo. Città di confine, Cremona è il crocevia di suggestioni diverse: la ‘maniera’ di derivazione raffaellesca e michelangiolesca, l’attenzione al colore di matrice veneta, la sempre presente vocazione naturalistica tipica dell’arte lombarda.

Per l’attenzione tutta lombarda al ‘dato di natura’ Mina Gregori in un saggio del 2004 faceva due considerazioni: “… la Lombardia era una società contadina di origine feudale, anche se ebbe vivaci e battagliere città comunali, la sua base contadina serve a spiegare l’atteggiamento fondamentalmente empirico..” e poi ancora “..vista nell’area allargata padana la Lombardia usufruì della cultura delle grandi università di Pavia e Padova, la cui tradizione .. di filosofia aristotelica impresse alla civiltà del Nord, ritengo, un immanente rapporto con la realtà sensibile che esercitò un decisivo influsso sulle arti...”.

Ebbene mi sembra che in questa Fruttivendola (dipinta intorno al 1580) si possano rintracciare entrambe queste suggestioni: la matrice contadina evidentissima nella abbondanza di frutta e verdura riprodotta dal pittore quasi a significare la ricchezza di una terra generosa e la sapienza scientifica aristotelica per la attenta definizione botanica con la quale vengono rappresentate le diverse varietà.

Vincenzo Campi - La Fruttivendola  (1580 ca. Milano Pinacoteca di Brera)


Il dipinto è tradizionalmente intitolato La Fruttivendola, anche se qui non c’è traccia di mercato, vediamo solo una giovane donna con una bella camicia bianca dal collo pieghettato e una sorta di abito contadino della festa. E’ circondata da cesti, vassoi e ciotole piene di frutta e ortaggi: ci sono pesche, fichi, ciliegie, piselli e zucche, carciofi asparagi e il cesto di baccelli che trovo bellissimo e molto altro. Frutti appartenenti a stagioni diverse dell’anno, difficile quindi pensarli tutti insieme sul banco di un mercato. Sono riprodotti con grande abilità e un tessuto pittorico attento alle sfumature di colore e di luce. Osservate anche la varietà dei recipienti: piccole ceste di vimini intrecciato, vassoi di ferro, ciotole di ceramica o coccio, la grande tinozza di legno che contiene l’uva in primo piano. I cesti intrecciati sono tutti differenti così come i decori delle ciotole di coccio. Un campionario di oggetti e di frutta in cui Vincenzo Campi dimostra tutta la sua abilità nel riprodurre particolari minuti e la differenza tattile dei materiali.

Sicuramente meno ‘naturale’ e più di maniera è il gesto della ragazza che solleva con un certo artificio un grappolo di uva, l’accensione improvvisa dei nastri rossi che ornano le maniche dell’abito, il sorriso vagamente accennato, gli occhi che sembrano non guardare niente e il suo volto un po’ convenzionale, nel quale è difficile scorgere un ritratto al naturale. Suggestioni ancora diverse nel paesaggio sullo sfondo in cui la nebbia sembra avvolgere un paese in un lontano orizzonte, verso il quale il nostro occhio è attirato dalle torsioni di un piccolo corso d’acqua. Alla destra della ragazza invece due piccole figure una contadina piegata a raccogliere la frutta che un ragazzo fa cadere dall’albero.

Quale è il significato di un’opera come questa? La critica la inserisce all’interno di un gruppo di quattro tele che rappresentano ‘scene di genere’ (le altre tre ritraggono una pescivendola, una pollivendola e una scena di cucina) ed è facile associare a immagini di questo tipo (come per i coevi dipinti fiamminghi) significati allegorici - ad esempio riferimenti ai quattro elementi -  moraleggianti, che ricordano la vanitas, la fragilità della vita o complessi riferimenti cristologici.

Qualunque sia il significato vero o presunto di questo dipinto, resta intatto il fascino e la delicatezza con cui Campi ha riprodotto ogni singolo frutto, perfino le piccole more di gelso e la bellezza di quei fiori rosa che visti da vicino (se siete di Milano o ci passate, andate alla Pinacoteca di Brera e osservateli da vicino) sono proprio indimenticabili.

Ovunque si legge che questo è uno dei precedenti importanti per la nascita della natura morta come genere autonomo, qui siamo ancora agli inizi: una scena di genere nella quale le diverse qualità di frutta e ortaggi sono separate l’una dall’altra, ciascuna in un proprio recipiente e non raccolte in una composizione unitaria (come nella Canestra di Caravaggio ad esempio), mostrate a chi guarda come in una sorta di ‘capriccio vegetale’ in cui cose che di fatto in natura non si possono trovare tutte insieme sono qui esposte all’occhio divertito e curioso di chi guarda.

La scheda del dipinto sul sito della Pinacoteca di Brera