Può sembrare un’eresia oggi dire che Vincent van Gogh (Zundert 1853 - Auvers-sur-Oise 1890) non aveva un talento innato per la pittura. Non era nato pittore insomma, come Raffaello Velasquez o Parmigianino. Van Gogh no, per lui essere pittore è una conquista ottenuta con fatica, una lotta continua alla ricerca di un suo stile, di un modo che gli permetta non tanto di ‘dipingere’ ma di esprimersi. Una tecnica che è solo sua, inimitabile che gli consente di lasciare sulla tela quello che sente degli uomini, dei campi di grano, dei girasoli e dei rami di pesco in fiore, di papaveri e farfalle. La vita di Van Gogh è tutta nella sua pittura. Forse per questo ogni suo dipinto è indimenticabile, perché nessuno come lui ha saputo parlare e trasmettere emozioni con i suoi quadri nei quali ha messo tutto se stesso.
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Vincent van Gogh, Case di Anversa viste dal retro, 1885, Amsterdam - Van Gogh Museum (Vincent van Gogh Foundation) |
Quest’opera fu dipinta nel 1885, nei pochi mesi in cui van Gogh si trattenne ad Anversa. Prima dell’incontro con Parigi, prima di apprendere dalle stampe giapponesi che aveva iniziato a collezionare la tecnica del colore piatto. Prima di restare abbagliato dalla luce del Mediterraneo e dalla straordinaria forza dei colori puri, esaltati dall’accostamento delle tinte complementari. In una lettera ad Horace Mann Livens (la 459a) scritta da Parigi nell’autunno del 1886 – pochi mesi dopo aver lasciato Anversa - van Gogh scrive “.. ho fatto alcuni studi di colore, dipingendo semplici fiori, papaveri rossi, fiordalisi azzurri, myosotis. Rose bianche e rosa, crisantemi gialli, ricercando il contrasto tra blu e arancio, tra rosso e verde, tra giallo e viola.. cercando di ottenere un colore brillante, non una grigia armonia’.
Un consiglio: leggere le lettere di van Gogh (la maggior parte delle quali indirizzate al fratello Theo). Sono tutte disponibili qui, tradotte in inglese, perfettamente catalogate. Ci sono brani bellissimi, quelli in cui racconta a Theo dei suoi progressi, dei quadri che vede nei musei e nelle mostre e di quelli che sta dipingendo: ne descrive i particolari, i colori, perché ha voluto dipingerli così, a volte ne fa rapidi schizzi.
In questo dipinto non ci sono ancora i colori, le tinte sono terrose: ocra, mattone, grigio e varie declinazione di marrone. Le case di Anversa viste da quella che possiamo immaginare una piccola finestra affacciata sui tetti, dalla quale Van Gogh osservava il mondo e lo ritraeva. Il colore steso a pennellate irregolari rende meno evidente la struttura di linee verticali e diagonali che definiscono la veduta: i margini che segnano il confine delle case - che si sostengono l’una con l’altra - sono marcati da sottili tratti neri, i tetti sono definiti da lievi diagonali, piccole finestre disposte in modo irregolare movimentano le mura grigiastre. La veduta si apre su una terrazza sui tetti coperta di neve e va stringendosi a imbuto verso il fondo, le case si avvicinano sempre di più, quasi si inclinano in avanti e chiudono completamente la vista dell’orizzonte. Il cielo incombe grigio sui tetti, non è uno dei bellissimi cieli azzurri o stellati che Van Gogh dipingerà ad Arles, ma ci dice già molto della abilità che Van Gogh aveva conquistato: le pennellate sono materiche, irregolari, sprazzi di bianco, giallo, qualche tocco color piombo, perfette per creare l’atmosfera di un pomeriggio invernale freddo, freddissimo forse. La neve è caduta già da qualche ora e non è più bianca e soffice, ma grigiastra e ghiacciata.
Nessuna delle lettere che Van Gogh invia a Theo da Anversa accenna a questo dipinto, ma qua e là si può trovare qualche parola sulle sue impressioni della città: ‘ha un cielo grigio argento’ e altrove ‘..strade molto strette tra case incredibilmente alte’ e ancora ‘ha nevicato, questa mattina la città era splendida nella neve’. Tutte queste impressioni si intrecciano in questo paesaggio di case. Non c’è nessuno, ma su due delle piccole finestre van Gogh schizza una pennellata rapidissima di giallo, che a me piace interpretare come un segno di vita, una lampada a olio accesa che fa filtrare la sua luce attraverso i vetri opachi.