A metà strada tra le vetrine scintillanti della Galleria Vittorio Emanuele e i capolavori internazionali della Pinacoteca di Brera, non distante dai palazzi delle banche e della finanza c’è a Milano la piccola Chiesa di San Giuseppe. Un po’ arretrata rispetto alla strada, preceduta da una minuscola piazza quadrata, forse viene ignorata o quasi da chi arriva a Milano per fare shopping, dai turisti interessati ma frettolosi che si dedicano ai dipinti imperdibili di Brera e spesso anche dagli stessi milanesi. Non so quanti di quelli che abitano o lavorano stabilmente a Milano abbiano avuto la curiosità di entrare in questa piccola chiesa. Bene, se non lo avete ancora fatto, entrate. L’interno è in penombra, ma subito si è attratti dal viso chiarissimo e luminoso, quasi color perla che brilla alla nostra sinistra nella prima cappella. E’ quello della Madonna nel dipinto di cui parlo oggi: lo Sposalizio della Vergine attribuito al Ceranino.
Melchiorre Gherardini detto il Ceranino (Milano, 1607 –1668) fu allievo del pittore Giovan Battista Crespi, noto con il nome di Cerano. Alla morte del Crespi nel 1632 Gherardini ne sposò la figlia, assunse il soprannome di ‘Ceranino’ a sottolineare il legame anche professionale con il suocero e ne ereditò la bottega e le commissioni rimaste in sospeso. E’ certo infatti che questo dipinto fosse stato commissionato al Cerano nel 1629. La critica ritiene che sia opera del Gherardini, realizzata quasi per intero dopo la scomparsa del suocero, al quale forse si può attribuire solo la progettazione e il disegno.
Melchiorre Gherardini (il Ceranino) - Lo Sposalizio della Vergine (1632 ca. Milano Chiesa di San Giuseppe) Courtesy Artgate Fondazione Cariplo |
Il tono è molto scuro, la scena affollata e vagamente soffocante, il volto lunare e le mani altrettanto bianche di Maria si impongono con forza alla nostra attenzione. La storia la conosciamo e i protagonisti ci sono tutti anche se in parte affossati nell’ombra che dà il tono a tutto il dipinto: gli sposi, il Sacerdote, la colomba dello Spirito Santo e i pretendenti delusi. Improvvise macchie di luce perlacea, il viso di Maria, l’avambraccio di uno dei pretendenti, il bimbo che ai piedi degli sposi abbraccia un cagnolino costruiscono una sorta di percorso luminoso che ci consente di ‘leggere’ la storia. Maria e Giuseppe vestono i colori tradizionali: rosso e blu per Maria, giallo e un blu intenso che qui tende al grigio per Giuseppe (gli stessi colori degli abiti del più celebre Sposalizio di Brera di Raffaello, a poche centinaia di metri da qui). La Madonna è infagottata in un abito troppo ampio, che si dilata in pieghe larghe ed elaborate: gli ultimi sussulti dello stile della ‘Maniera Internazionale’, di cui avvertiamo l’eco in gran parte del dipinto. La posa affettata con la quale Giuseppe porge l’anello, le braccia sollevate in modo teatrale dal sacerdote a sottolineare il miracolo, l’incrocio delle mani al centro del quadro. A destra uno dei pretendenti in una posa molto artificiosa spezza con il ginocchio il suo bastoncino che non ha prodotto fiori (e quindi non era lui il prescelto) e si volge verso gli sposi rovesciando la testa all’indietro. Una fantasiosa traduzione della figura serpentinata tanto cara alla maniera. Ed una citazione – forse – da Raffaello che nel suo Sposalizio inserisce una figura che fa lo stesso gesto, spezza con il ginocchio il suo inutile ramoscello, certo con più grazia e meno artificio: Ceranino potrebbe aver visto qualche stampa tratta dal dipinto di Raffaello (all’epoca ancora a Città di Castello, nella chiesa per la quale era stato dipinto). Le citazioni o forse le suggestioni non si fermano qui: il girotondo degli angeli in alto richiama alla mente gli angioletti agitatissimi delle Pale di Lorenzo Lotto e i vortici delle cupole di Correggio, il bimbo o angioletto che abbraccia con forza il cagnolino rammenta il piccolo e molto energico San Giovannino che nella pala di Santo Spirito del Lotto abbraccia con foga un agnellino. Ceranino è pur sempre un lombardo e non dimentica il ‘vero di natura’, l’attenzione per il vero visibile e il quotidiano: gioca con i riflessi cangianti della lampada sopra San Giuseppe, dipinge gli occhi buonissimi di quel cagnolone che sta guardando proprio noi, mette coraggiosamente in primo piano sulla sinistra un grande piede che quasi esce dalla tela e conquista lo spazio dove siamo noi.
Possiamo guardarla per ore, ma qualcosa continuerà sempre a sfuggirci: non possiamo sapere come la vedevano i devoti milanesi che entravano qui nei secoli passati, quando la pala era stata appena dipinta e profumava ancora dei colori appena stesi. Non possiamo forse nemmeno immaginare cosa percepissero in questo Sposalizio tutto avvolto nell’ombra, quasi notturno, quali idee e sensazioni avrà suscitato in loro.
La critica ritiene che non sia una delle opere migliori del Ceranino che d’altra parte non aveva il talento e l’inventiva del Cerano.
A mio parere è però uno di quei dipinti di fronte ai quali non si può restare indifferenti. Uno dei piccoli gioielli che vale la pena di riscoprire e che si trovano un po’ ovunque nelle nostre città, nei paesi e dispersi nelle campagne. Basta oltrepassare una porta che abbiamo sempre ignorato per scoprirli, forse non si trovano nei libri di storia dell’arte, ma hanno qualcosa che li rende affascinanti e indimenticabili. A confermare che la bellezza è ovunque quando si prova a cercarla. Ed è per questo che ho dedicato Attimi a questo ‘Sposalizio’ .