Una delle virtù del Museo Poldi Pezzoli di Milano è la capacità di organizzare piccole mostre ricche di contenuti intorno a opere della propria collezione. La scelta è quella di privilegiare la qualità e non la quantità e una ‘trama’ ben definita: mostre che restano impresse nella memoria perché a chi guarda si offre un filo logico da seguire e la possibilità di concentrarsi su ogni singola opera.
Protagonista della attuale esposizione è Andrea Solario
(Milano, 1470 ca.–1524), oggi meno noto di quanto dovrebbe o comunque relegato
nella memoria con la generica – e ingenerosa – etichetta di “leonardesco”, pur
essendo stato oggetto di grande fama presso i collezionisti dell’Ottocento. Un
destino complicato quello di Solario, del quale ci restano soprattutto opere di
destinazione privata, ritratti e quadri a tema sacro sparpagliati in musei
diversi e la cui unica importante commissione pubblica – escludendo la pala
della Certosa di Pavia rimasta incompiuta - gli affreschi del castello di Gaillon,
sono stati distrutti durante la Rivoluzione francese.
Il percorso espositivo è suddiviso in tre sezioni: Venezia (gli esordi), Normandia (la maturità), Milano: tre punti di riferimento per ricostruire la storia artistica e biografica di Solario. Non un ordine strettamente cronologico: Milano alla quale è dedicata l’ultima parte della mostra è una presenza costante nella vita del pittore che qui nacque intorno al 1470, all’interno di una famiglia di artisti. Non si sa molto sulla sua formazione in ambito milanese, le prime notizie arrivano da Venezia, prima ‘tappa’ della mostra. Solario ci appare subito un artista ricettivo, aperto al dialogo con l’arte dei grandi del suo tempo: Leonardo naturalmente, ma anche Giovanni Bellini, Antonello da Messina che aveva lasciato a Venezia un’importante eredità e la pittura fiamminga – nota a Solario per il tramite di Antonello e studiata poi approfonditamente nel corso del soggiorno in Francia. Emblematico della capacità di muoversi tra culture diverse il confronto tra due ritratti esposti nella sezione ‘Venezia’: il Ritratto di giovane della Pinacoteca di Brera, fondo nero, posa di tre quarti, lineamenti definiti da ombre brune, contorni sfumati. Antonello sicuramente, ma anche il ricordo del Ritratto di Musico (ora all’Ambrosiana) che Leonardo qualche anno prima aveva lasciato a Milano.
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Andrea Solario - Ritratto di Giovane (1494 ca, Milano Pinacoteca di Brera) |
Completamente diverso il Ritratto di uomo della National Gallery, basta
osservare le mani, così precisamente definite per apprezzare la differenza tra
le due opere. E poi ci sono i colori, segno evidente del soggiorno a Venezia:
il rosso acceso dell’abito, il tocco azzurro del polsino, replicati nei toni
più tenui del rosa del garofano e nel celeste lieve della pietra dell’anello
che l’uomo porta al pollice. Precisa definizione dei particolari, perfino del
ciuffo imbiancato di capelli. Occhi di ghiaccio, un’aria scostante, meno
espressiva del giovane di Brera il cui sguardo ha una mobilità sconosciuta a
quest’altro personaggio. E quel paesaggio sullo sfondo velato di luce azzurra,
lontananze che si perdono verso le montagne, che in mostra i curatori mettono a
confronto con quello di un ritratto coevo del Perugino (Ritratto di Francesco
delle Opere) dipinto con grande probabilità a Venezia.
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Andrea Solario - Ritratto di Uomo (1495 ca, Londra The National Gallery) |
L’opera più rilevante che Solario lascia a Venezia (ora a
Brera) è la Madonna tra San Giuseppe e San Simeone: i profili dei Santi hanno
una legnosità un po’ nordica, i colori sono luminosi e bagnati di luce nello
stile di Bellini, il gesto affettuoso di Maria ci riporta in terra lombarda. Da
notare la firma in lettere capitali perfettamente scandite, negli stessi anni
in cui Aldo Manuzio dava vita alla sua tipografia in Venezia.
In Normandia Solario giunge nel 1507, chiamato da Georges
d’Amboise, zio di Charles, nuovo governatore di Milano dopo la cacciata degli
Sforza. Apre la sezione ‘normanna’ un ritratto di Charles d’Amboise, sulla cui
autografia i curatori avanzano qualche dubbio; smaltatissimo ritratto
cerimoniale: osservate il dettaglio dei ricami della manica di raso dorato, la
meticolosità con cui sono disegnate le singole conchiglie della collana, la
finezza del bordo bianco pieghettato della camicia che orna il collo di Charles.
Protagonista assoluta di questa sezione è la cosiddetta Madonna del cuscino verde del Louvre, uno dei vertici della produzione di Solario. I contorni si sono ammorbiditi e le fisionomie non hanno più alcuna rigidità. Il Bambino energico e cicciottello ha una vivacità che richiama Leonardo, ma senza fastidiosi ricalchi: Leonardo c’è ma solo come eco lontana, interiorizzato da un artista che qui ha uno dei suoi momenti di massimo. Tutto è bellissimo in questo dipinto, i colori ricchi di sfumature, il velo ora grigio, perla, fino a bianchissimo che si avvolge intorno alla testa e al collo di Maria, i suoi capelli di un biondo ramato dipinti con maestria. E quel paesaggio sul fondo che rimane, si, convenzionale, ma nel quale l’occhio si perde volentieri: prati ordinati, piccole radure di alberi, un placido corso d’acqua.
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Andrea Solario - Madonna con il Bambino (Madonna del Cuscino Verde) (1510 ca, Parigi Museo del Louvre) |
Nella stessa sala, proveniente da Vienna Salomè con la testa di San
Giovanni Battista nel quale si osserva un artista ancora diverso, incline ad
una certa artificiosa maniera. Forse non un capolavoro ma degno di nota per la vivacità
dei colori di smalto e la finezza dei dettagli, una resa meticolosa – un po’
stucchevole – del complesso ricamo dell’abito ricco di fiocchi intarsi sbuffi e
perle, a contrasto con la deliziosa spontaneità compendiaria del mazzolino di
fiori che decora lo scollo, solo tocchi di pennello, ma con una resa magnifica.
Prendete il tempo per guardare i particolari, osservate con lentezza – vale per
tutte le opere in mostra.
A Milano è dedicata l’ultima sezione, con opere che si scalano negli anni, piuttosto diverse tra loro. Incantevole il Ritratto di donna del Castello Sforzesco dipinto prima della partenza per la Normandia. Qui Solario gioca con un difficile equilibrio tra somiglianza fisiognomica e bellezza ideale; l’abito della ragazza è riprodotto con abilità nella resa tattile della stoffa, si intravedono i fili sottili della rete che le incornicia la fronte eppure tutto, dalla scelta dei colori all’eleganza delle forme è essenziale, sintetico, privo dell’artificio della Salomè.
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Andrea Solario - Ritratto di Donna (1500-1505 ca, Milano Pinacoteca del Castello Sforzesco) |
Consigliato soffermarsi a lungo sulle ultime due opere. Il Riposo durante la fuga in Egitto nel quale la Madonna e San Giuseppe sono assai diversi: profilo convenzionale per Lei, mentre il volto di Giuseppe sembra quasi un ritratto, espressione intensa, sorriso appena accennato, il dettaglio assai inusuale dei riccioli grigi sulle spalle … bellissimo. E poi il paesaggio sullo sfondo, la piccola natura morta con la borraccia e i datteri: davvero non si capisce come un pittore di questa qualità possa essere stato quasi dimenticato.
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Andrea Solario - Riposo durante la Fuga in Egitto (1515, Milano Museo Poldi Pezzoli) |
La mostra si
chiude con il Ritratto di Gerolamo Morone: di nuovo un incontro ravvicinato
con Leonardo, torna il ritratto su fondo scuro, ombre che sfumano i contorni
del viso e le mani, quasi tridimensionali che – lo notò Giuseppe Bossi per
primo come ricorda Antonio Mazzotta - evocano il Cristo del Cenacolo nell’atto
di compiere due gesti diversi e complementari. Si chiude il cerchio aperto dal
ritratto di Brera? Non proprio: il tappeto anatolico perfettamente definito,
quel foglio bianco squadrato dalle pieghe, la pelliccia sontuosamente definita
ci rammentano quanto strada ha fatto la pittura di Solario, sintetizzando in
una cifra personale ispirazioni molto diverse.
La mostra è a Milano al Museo Poldi Pezzoli fino al 30 giugno 2025.
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