Questa straordinaria tela di Silvestro Lega (Modigliana 1826 - Firenze 1895) è nota con due diversi titoli ‘Un
dopo pranzo’ oppure ‘Il pergolato’. Guardatela bene sono davvero perfetti
entrambi. Nelle giornate troppo calde di questa strana estate è un’immagine alla
quale penso spessissimo: la terrazza di una casa affacciata sulla magnifica
campagna toscana, all’ombra di un fresco pergolato che ripara dalla luce
meridiana. Siamo a Piagentina, alla periferia di Firenze, verso la campagna (una
campagna che oggi non esiste più, inghiottita dalla espansione della città),
nella casa della famiglia Batelli dove Lega visse i pochi anni davvero sereni
della sua complicata vita, legato a Virginia, la figlia di Spirito Batelli che
morirà giovanissima di tisi. In un caldo pomeriggio d’estate tre donne e una
bambina siedono all’ombra di un pergolato, in attesa del caffè del dopo pranzo
che sta per essere servito nelle tazzine già pronte sul vassoio appoggiato sul
tavolino di pietra.
Silvestro Lega, Un dopo pranzo (Il Pergolato) , 1868, Milano - Pinacoteca di Brera |
La campagna circostante, nella quale sembra di sentire il
canto delle cicale è abbagliata dal sole, la luce intensa rende quasi bianco il
cielo e avvolge gli alberi in lontananza in una nebulosa calura estiva, la
cameriera arriva lenta con la caffettiera che vorremmo immaginare d’argento. Le
ombre si allungano sul pavimento lastricato del cortile color ocra del quale
Lega dipinge mirabilmente la struttura vagamente sconnessa, l’irregolarità delle
singole mattonelle consumate dal tempo.
E’ una di quelle opere in cui ci si può
perdere, inseguendo il filo di un racconto immaginario, tanta è la potenza
evocativa di questo quadro. Si sente il canto delle cicale, appunto, si avverte
il conforto offerto dall’ombra creata dai rami di vite del pergolato, il fresco
del muretto sul quale siedono le signore, si tenta di immaginare le chiacchiere
del dopopranzo che si sono prolungate al punto che le ombre sono già lunghe,
l’attesa rilassata di un pigro pomeriggio estivo. E’ una scena di vita
quotidiana, alla quale Lega regala un’atmosfera lirica e quasi senza tempo, se
non fosse per gli abiti indossati dalle donne che la ancorano ad un preciso
momento storico.
Silvestro Lega, Un dopo pranzo (Il Pergolato) - dettaglio abiti, 1868, Milano - Pinacoteca di Brera
La tela è dominata dai colori caldi, tonalità ocra, beige,
giallo chiaro che si illuminano di bagliori bianchi, il grembiale della
cameriera, i boccioli dei fiori nei vasi di coccio e poi il rosa leggerissimo e
quasi trasparente dell’abito della bambina. Il racconto di un attimo di vita,
reso con una pittura lieve, con tocchi di pennello che evocano – non
rappresentano, evocano - le foglie, i piccoli fiori nei vasi, le tazzine, le
pieghe e la consistenza frusciante degli abiti, i ciuffi di erba che crescono
ribelli tra le mattonelline del pavimento. E’ la pittura di macchia nel suo
momento di massimo splendore, chiazze di colore giustapposte e forti contrasti
luce e ombra. Una leggerezza che non ha niente dell’impermanenza e della
mobilità della pittura degli impressionisti. Il dipinto di Lega vibra di luce,
ma non è definito dalla luce. Ha una struttura prospettica e geometrica
solidissima, anche se ben dissimulata: il reticolo di tronchi sottili che
struttura il pergolato, le rigide orizzontali del muretto accanto al quale sfila
lenta la cameriera e del piccolo tavolo in pietra sullo sfondo, la tessitura di
ombre che si allungano sulla terrazza e ne scandiscono la profondità. Come molti
storici dell’arte hanno evidenziato (Carlo Sisi tra tutti) si avverte un
riferimento forte alla pittura del Quattrocento toscano: il rigoroso impianto
prospettico, appunto, la cameriera che incede lenta con il suo piccolo vassoio e
l’abito rosa antico, un tronco di cono scanalato da pieghe profonde, è quasi una
dama Pierfrancescana avvolta in un silenzio solenne.
Silvestro Lega, Un dopo pranzo (Il Pergolato) - dettaglio cameriera, 1868, Milano - Pinacoteca di Brera |
E poi ci sono i
particolari: i vasi di coccio colorati di boccioli bianchi e rossi posti sopra
il muretto sono un tema ricorrente della decorazione di giardini e muri di cinta
nella pittura toscana, li troviamo alla Cappella Brancacci dipinta da Masaccio e
poi da Filippino Lippi, nei dipinti di Beato Angelico e in Benozzo Gozzoli solo
per fare qualche nome. E c’è chi ha osservato che anche l’attenzione per gli
oggetti della vita quotidiana, le tazzine, la caffettiera ricorda la precisione
descrittiva degli interni – molto domestici - nei quali hanno preso vita
innumerevoli Annunciazioni, nascite di Maria e mille episodi delle vite dei
Santi della pittura del Quattrocento.
E poi. E poi Piagentina era un rifugio
dalle delusioni, era un modo di sfuggire ai tanti sogni ormai infranti. Lega
aveva partecipato come volontario alle guerre di indipendenza nel 1848 e nel '59 ed era
stato un fervente mazziniano. L’unità d’Italia sotto i Savoia e il trasferimento
della capitale a Firenze erano cocenti delusioni. Nel 1867 sotto la direzione di
Giovanni Poggi - che aveva il compito di trasformare Firenze in una moderna
capitale - erano state abbattute le mura medioevali che ancora si trovavano in
città. Nella terrazza di Piagentina si aspetta con calma il caffè, ma fuori c’è
un mondo che sta correndo verso nuove direzioni. Firenze stava rapidamente
perdendo la sua identità di gioiello medioevale e rinascimentale per
trasformarsi in una sorta di piccola Parigi nella quale grandi viali e piazze
spaziose scimmiottavano l’aspetto che Haussmann stava dando alla capitale
francese. Il recupero della pittura del Quattrocento è quindi anche una
questione ideologica, non solo formale, è il modo per rivendicare l’appartenenza
ad una matrice culturale diversa. E Piagentina diventa un’oasi di pace, di
silenzio e di ritmi lenti ancora lontana dalla euforia inutile della città che
diventava metropoli. E trovo attualissima questa esigenza di Lega: affrontare la
difficoltà del vivere cercando un centro tranquillo al quale ancorare la propria
vita. Troverei perfetto poter stare adesso al fresco del pergolato, in un
pomeriggio d’estate.
Sempre bravissima!
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