Se qualcuno descrivendo una
grande pittura su tavola vi raccontasse che rappresenta l’Adorazione dei
pastori, che la Madonna ha il volto di una dea di marmo, uno dei pastori una
sontuosa tunica rosso ciliegia e il volto e la posa di una statua classica, che
su Gesù bambino si dirige in picchiata una schiera di angeli ‘alla Tintoretto’,
che uno di questi hai i riccioli di Correggio e che tutto il dipinto è
attraversato da contrasti luce ombra profondissimi come quelli di
Caravaggio…beh pensereste forse ad un erudito ‘pastiche’ privo di anima e di
bellezza.
Peter Paul Rubens, Adorazione dei pastori, 1608, Fermo - Pinacoteca Civica
E invece. Invece se l’autore è un
giovane Peter Paul Rubens (Siegen 1577 – Anversa 1640), si rimane stregati
dalla magia di questo dipinto. E’ a Fermo, nella pinacoteca locale, in una
specie di mezzanino che dà accesso alle collezioni del piano superiore – almeno
era così quando l’ho visto io qualche anno fa. Appeso da solo su una parete
bianca avvolge totalmente chi guarda, incantato prima di tutto dal bagliore
dorato che si sprigiona dal piccolo Gesù, qui veramente Luce del mondo. E’ lui
che attira irrimediabilmente il nostro sguardo, un bimbo paffuto, addormentato,
appena accennato con pennellate rapide e pochi dettagli, al contrario delle
figure che lo circondano dotate di fisionomie molto più definite. Eppure è
quella luce dorata che è il centro del quadro e dalla quale è difficile
allontanarsi.
Rubens dipinse l’Adorazione dei
Pastori a Roma nel 1608 quando volgeva ormai al termine il suo soggiorno
italiano, durato otto anni – era arrivato nel 1600 - durante i quali aveva
viaggiato, visto e imparato moltissimo: aveva visto statue di marmo recuperate
in quei tempi dagli scavi che si andavano intensificando a Roma, la pittura di Tintoretto,
Tiziano e Caravaggio (che muore nel 1610 e le cui invenzioni ardite erano
una strabiliante novità nel panorama artistico romano). Era stato a Venezia, Firenze,
Mantova e a Genova e aveva certo visto la ‘Notte’ di Correggio, che tutti
riconoscono come illustre precedente di questa Adorazione. Il dipinto di Correggio
ha un’impostazione simile, lucenti bagliori luminosi, ma tutt’altra dolcezza e
uniformità di toni. Non ci sono contrasti in Correggio, ma solo una soffice
armonia di tinte e di tonalità, l’atmosfera è leggiadra e serena totalmente
priva dei toni concitati e contrastati di Rubens.
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Antonio Allegri il Correggio, Adorazione dei pastori (La notte), 1525-1530 ca, Dresda, Gemaldegalerie
Tutto ciò che Rubens aveva
studiato e fissato nella mente è rielaborato in maniera così personale da
risultare totalmente nuovo: si avverte un’eco di classicità, un amore profondo
per la cultura del Rinascimento italiano, ma nessuna imitazione né citazione
esplicita. Rubens è Rubens. Del resto Bellori – citato da Anna Lo Bianco –
nella biografia di Rubens scrive che “Benchè egli stimasse sommamente
Raffaele e l’antico, li alterava tanto con la sua maniera che non lasciava in
esse forma o vestigio per riconoscerle”.
Al centro del dipinto, il piccolo
Gesù giace come vuole la tradizione sulla mangiatoia, su un povero lettino di
paglia che i bagliori di luce sontuosamente dipinti fanno apparire giallo oro. Dorme
beato, ha le guance piene e rosate, le manine chiuse a pugno appena definite e
le gambine cicciotte. E’ avvolto in un pannicello che ha la morbida fragranza
del lino e la trasparenza di un velo. Maria lo solleva con un gesto
aggraziatissimo delle mani che si incrociano con gentilezza. Indossa un manto
che è una magia di colori che si fondono uno nell’altro, porpora, rosso vivo,
tracce di azzurro e blu profondo. Il suo viso più degli altri è investito dalla
luce del piccolo Gesù e ci appare chiarissimo, le gote lievemente rosate, un
profilo pieno e nitido, nel quale si è pensato di riconoscere (Anna Lo Bianco)
una Niobe ritrovata a Roma nel 1583.
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| Peter Paul Rubens, Adorazione dei pastori, -particolare Bibmo Gesù 1608, Fermo - Pinacoteca Civica |
Anche il pastore in primo piano sembra
provenire dall’antica Roma: la sua veste sontuosamente rossa è quasi una toga,
ha una struttura fisica potente e un bellissimo viso incorniciato dalla barba -
come un imperatore romano. Dietro di lui un’anziana donna con un volto quasi
caravaggesco segnato da rughe profonde e il capo coperto da una cuffia bianca
che invece ci riporta nell’area fiamminga da cui Rubens proveniva. Ognuna delle
figure intorno a Gesù ha un diverso atteggiamento, reagisce in modo differente
alla visione nel bambino e contribuisce a dare dinamismo e varietà alla
composizione (ci sarebbe da chiedersi se Rubens nel dipingere i suoi pastori
così diversamente reattivi non abbia meditato a lungo sull’Ultima Cena di
Leonardo nella quale appunto ciascuno dei dodici apostoli reagisce e sobbalza
in modo personalissimo all’annuncio di Gesù ‘qualcuno di voi mi tradirà’). In
alto volteggia un giro di Angeli che sembrano quasi planare sul piccolo Gesù,
avvolti da panni che svolazzano e si arricciano in mille pieghe, in un gioco
continuo di luce e ombre profonde. Arrivano da una notte molto buia ed è la
luce del Bambino che a tratti li illumina e mette in risalto l’oro dei
riccioli. All’esterno della capanna il buio è totale, una notte scurissima e
nera, un po’ inquietante. Anche il profilo di San Giuseppe si perde
nell’oscurità e la sua figura quasi una grisaille si scorge appena alle spalle
della Madonna. Eppure ne avvertiamo lo sguardo assorto e concentrato sul volo
di angeli su in alto: un altro brano eccelso di pittura, che non passa
inosservato nonostante l’assenza di colore. La sua figura e quella del pastore
in piedi dal lato opposto che si porta una mano al viso per proteggersi dalla
luce non sono intere, sono ‘tagliate’ dalla cornice del quadro, a suggerire che
abitano in parte lo spazio dove siamo noi, gli spettatori al di là del quadro.
Un espediente che diventerà tipico del barocco: coinvolgere chi guarda fino a
sentirsi parte della scena che si prolunga nello spazio che noi abitiamo.
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| Peter Paul Rubens, Adorazione dei pastori - dettaglio del pastore - 1608, Fermo - Pinacoteca Civica |
Siamo nel 1608, Rubens è
all’inizio della sua carriera. Non è ancora il pittore delle favole mitologiche,
teatrali vortici di dee piene e carnose, di divinità muscolari dipinte con
colori prima sontuosi e pieni, poi sempre più liquidi, dei ritratti regali o
dei drammatici dipinti a tema religioso, capisaldi della storia della pittura
ma decisamente eccessivi. Qui Rubens è più misurato, in qualche modo più
classico, ma la maniera di concepire lo spazio, l’attenzione per i bagliori
improvvisi di luce e la qualità altissima del colore che lo fanno ritenere il
padre della pittura Barocca ci sono già tutti.
Il dipinto fu commissionato dai
padri Oratoriani per la chiesa di San Filippo Neri a Fermo dove fu collocato
nel giugno del 1608 e rimase quasi dimenticato fino al 1927, quando Roberto
Longhi passando da Fermo lo scoprì con grande emozione. Possiamo immaginarlo.
Anna Lo Bianco (a cura di),
Rubens, Adorazione dei pastori, catalogo della mostra, tenutasi a Milano a Palazzo Marino nel 2015, edito da Marsilio